Xmas

18. Chat Noir

«Non avevano bisogno di noi.»
«Certo che sì, come poteva un civile arrivare in cima a quell'albero enorme?»

Ladybug e Chat Noir avevano speso tutto il pomeriggio sulla Torre Eiffel: il sindaco aveva avuto la brillante idea di trasformarla in un albero di Natale gigante. Per accelerare i lavori, quindi, si era richiesto il sostegno dei due amati eroi, che, anche se con qualche titubanza, alla fine avevano accettato.

«Il nostro compito è un altro, lo dici sempre.»
«Sì, ma il nostro compito è anche quello di dare una mano a chi è in difficoltà.»
«A chi è in difficoltà in modo accidentale, non a chi si mette in difficoltà da solo per qualcosa di più grande di lui.»

Ladybug si voltò verso di lui: «Da quando sei così cinico, Chat Noir?»

Lui farfugliò, nervoso: «Non sono cinico, è solo che... siamo eroi, e dobbiamo svolgere un altro ruolo: non quello di addobbare la Torre Eiffel.»

Gesticolava troppo, più di quanto avesse mai fatto in sua presenza.
Non era da lui un comportamento simile.

Ladybug gli pose una mano sulla spalla, richiamandolo a sé: «Chat Noir, cosa c'è che non va oggi?»

Chat Noir la scrutò per un po', esitante. Poi si allontanò leggermente, con lo sguardo ora basso ora diretto ai tetti di Parigi.
«Ci sono più motivi, in realtà.»

Ladybug, paziente, gli carezzò la spalla per confortarlo: «Cioè? Puoi parlarmene.»
L'eroe fece una smorfia poco convinta: «È difficile.»

Lei abbassò lo sguardo, ma continuò a sfiorargli la schiena. Non riusciva ad abbandonare il suo compagno. Non poteva farlo.
«Va bene, Chat. Non preoccuparti. Quando sarai pronto, io ci sarò.»

Si allontanò.
Ma lui la fermò, ghermendole il polso.
Quegli occhi felini nascondevano un brivido di emozione.

«Grazie, piccola coccinella.»

Gli sorrise, lo salutò, poi se ne andò.

La direzione era casa sua, il suo amato balcone.
E cercò di giungervi in fretta, in modo tale da prepararsi ad accogliere il suo ormai consueto e più che amato ospite.