Capitolo Diciotto

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Louis' pov

Chiusi il portone alle mie spalle, sapendo che sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei fatto da quando ero tornato a casa per essere felice.

Sapevo che se avessi rivisto Harry per l'ultima volta avrei dovuto dirgli addio nella maniera più neutra possibile, visto che non volevo affatto che lui mi vedesse debole o addirittura piangere.

Questo gli avrebbe fatto ancora più male del fatto che io avessi dovuto lasciarlo, da solo, ancora una volta.

Aveva tutto il diritto di mandarmi a quel paese e poteva tranquillamente non darmi nemmeno un addio, avrebbe fatto meno male per entrambi molto probabilmente.

Ma sapevo che non sarebbe stato affatto così. Perché? Beh perché Harry mi amava e perché io amavo Harry. Non potevamo non dirci addio, era destino che dovessimo soffrire in eterno l'uno per l'altro, ma infondo questo è il vero amore: quello combattuto, sofferto, e non quello dove va tutto a gonfie vele.

Sospirai mentre udii il suono del cancello del giardino che si apriva lentamente spinto dalla mia mano sinistra mentre nella destra avevo ancora stretta la valigetta contenente cinquantamila sterline, una somma elevata ma non del tutto impossibile da raccimolare, ma per Harry avrei fatto di tutto.

La reazione di mia madre dopo averle detto di amare Harry era la stessa che mi aspettavo. Aveva reagito in modo molto impulsivo, non aveva pensato, ma ero riuscito a farla ragionare ed in quel momento sembrava che ci fossi riuscito.

La cosa che non mi aspettavo era il linguaggio molto colorito e poco educato che aveva usato. Lei non era quel tipo di donna, amava molto i dettagli e soprattutto era amica solo di chi sapeva comportarsi in certi contesti. Lei ovviamente era così, sapeva come comportarsi ovunque, solo che non l'avevo mai sentita usare quel tipo di linguaggio molto scurrile e maleducato.

Il manico della valigetta era stretto nella mia mano destra così forte da far diventare le nocche violacee, fermando il flusso sanguigno, mentre la sudorazione della mia mano aumentava insieme al nervosismo.

Avevo tremendamente paura di quello che sarebbe potuto accadere se avessi rivisto Harry il giorno stesso.
Avevo paura di abbandonarlo di nuovo, dopo la promessa che gli avevo fatto di non abbandonarlo più.
Avevo paura di non rivederlo affatto.
Avevo paura che tutta quella situazione potesse essere stata farsa, che volevano solamente rubare i miei soldi e poi dirmi che Harry in realtà era morto.
Avevo paura di tutto quello che sarebbe potuto succedere, qualsiasi cosa mi venisse in mente inerente al fatto che dovesse andare per forza qualcosa storto.

Sapevo a cosa stavo andando incontro quando ero uscito da quella casa con quella valigetta stretta nella mia mano talmente forte da fermare la circolazione del sangue nelle mie dita.

Mi sentivo costantemente in ansia, impaurito e preoccupato, soprattutto preoccupato. Poteva essere successa qualsiasi cosa ad Harry e non potevo pensare che sarebbe potuta capitare a causa mia. Non riuscivo a reggere un certo peso sulla coscienza, specialmente se quel peso fosse stata la morte di Harry.

L'ultimo dei miei pensieri in quel momento era mio padre. Non sapevo se mia madre gli avesse detto o meno del fatto che la relazione tra me ed Harry era più di un'amicizia ma detto sinceramente non mi importava affatto allora. Che lui mi considerasse una bestia di satana e tutte le altre cose che venivano dette agli omosessuali non mi interessava affatto, era problemi suoi e di certo non miei.

Di certo non volevo chiedergli se fosse stato d'accordo con tutta questa situazione perché già conoscevo la risposta, la quale sarebbe stata negativa.

Mio padre non avrebbe mai accettato di avere un figlio omosessuale, poco ma sicuro. Eppure non dovrebbe essere così, un padre dovrebbe amare il proprio figlio per quello che è e non farsi pregiudizi in base all'orientamento sessuale. Ma purtroppo le persone erano ignoranti e fin troppo credenti allora, un mix davvero molto azzeccato.

1864 | l.s. | Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora