Harry
I passi leggeri che salivano lentamente le scale mi svegliarono.
Non aprii gli occhi, ma percepii un leggero bagliore oltre le palpebre serrate.
Era già giorno. Di nuovo.
Sospirai e cacciai la testa sotto il cuscino, tentando di ignorare i passi che si avvicinavano.
Sapevo che si sarebbero fermati davanti alla mia porta.
Sapevo che poi avrei sentito bussare, e la voce dolce e preoccupata di Jay mi avrebbe chiesto come stavo, avrebbe tentato di convincermi ad alzarmi, e alla fine mi avrebbe lasciato da solo, annunciando che quello era l'ultimo giorno che mi permetteva di stare a casa.
Frase alquanto inutile, dato che erano ormai quattro giorni che non uscivo da quella stanza, se non per mangiare o andare in bagno.
Devo ammettere che in quel periodo mi piaceva piangermi addosso, mi piaceva fuggire dalla compagnia di qualsiasi altro essere umano, e mi piaceva il buio.
I miei occhi ormai protestavano alla vista di appena un accenno di luce.
Per questo, quando la porta si aprì, e uno spiraglio di sole raggiunse il mio letto, mi strinsi ancora di più il cuscino sulla testa.
"Non mi sento bene neanche oggi, Jay" farfugliai, come ogni giorno.
"Non sono Jay."
Senza dubbio quella non era la voce che mi sarei aspettato di udire, fredda, insipida, penetrante: la voce di Louis.
Sentirla mi fece accartocciare le budella. Strano. Avendo passato gli ultimi giorni a vivere come un vegetale, non credevo di essere capace di provare ancora qualche tipo di sentimento, persino rabbia.
Ma odiavo troppo quella voce, odiavo troppo quel tono: era lo stesso che aveva usato mentre parlava dei miei genitori.
Perciò "Cosa vuoi?" lo aggredii, con quanta più bile avevo in corpo.
Sentii che entrava strascicando i piedi sulla moquette.
"Mia madre crede che forse riuscirò a convincerti ad uscire da qui."
"Crede male" ribattei, affondando ancora di più il volto nelle lenzuola.
Mi appariva innaturale parlare con lui, mi ero abituato decisamente troppo ad essere ignorato.
"Ne sono convinto anche io."
"Allora perché sei qui?"
Non rispose. Il silenzio si protrasse per così tanto che credetti se ne fosse andato.
Ma poi la sua mano afferrò il cuscino e, con uno scatto rabbioso, lo scaraventò lontano sul pavimento.
La luce proveniente dal corridoio mi investì. Socchiusi gli occhi, che iniziarono a bruciare come non mai, ma intravidi comunque la sua sagoma che mi sovrastava.
"Alzati, o quella mi romperà le palle fino alla morte!" sibilò spazientito.
Poi si diresse verso la finestra. Spalancò le tende.
"Se tua madre ti rompe la palle, a me può fare solo piacere!" gridai, coprendomi il volto con le mani, quando una nuova ondata di luce invase la stanza.
Louis sbuffò. "Sbrigati, Zayn sarà sotto tra venti minuti."