Harry

Quella mattina mi svegliai per il freddo. L'ennesimo brivido mi aveva attraversato la schiena, schiacciata contro il muro ghiacciato, un leggero spiffero dalla finestra mi aveva sfiorato la pelle appiccicosa di sudore, ed io avevo aperto gli occhi con un grugnito infastidito.
Realizzai con un po' di difficoltà di essere nudo, completamente scoperto, mentre Louis accanto a me era rannicchiato sotto il lenzuolo per cui avevamo lottato tutta la notte.
"Maledetto stronzo" mormorai, cercando di liberare la coperta con uno strattone.
Quell'unico gesto bastò a creare il caos sul letto.
Era decisamente troppo piccolo per due persone, ed allora, com'era successo durante tutta quella scomoda notte, i nostri corpi si urtarono, il mio ginocchio spinse via la sua gamba, il suo gomito mi ricacciò con un colpo alle costole, la mia spalla lottò contro la sua perché non mi spingesse di nuovo contro il muro.
Louis emise un suono lamentoso e, con gli occhi ancora chiusi, mi circondò la vita con un braccio, avvolgendomi nella coperta.
"Vuoi stare fermo?" sussurrò, accoccolandosi meglio contro il mio petto.
Ed io non potei fare a meno di calmarmi, all'odore forte della sua pelle, che sapeva ancora di sperma. 
Scatenati dalla pressione del suo corpo sul mio, i ricordi della notte prima mi strapparono alla realtà.
Ho fatto sesso con mio cugino.
Lo pensai come per convincermi che fosse vero, perché l'assurdità di quella frase si scontrava irrimediabilmente con l'irrazionale perfezione di quel momento.
Fino a due mesi prima Louis l'avevo completamente ignorato.
Poi l'avevo odiato, sfruttato, umiliato in tutti i modi possibili.
Dopo avevo provato addirittura a farmelo amico, a capirlo, ad attirarlo verso di me.
E alla fine, ci ero andato a letto.
Vista così, la situazione mi appariva completamente ribaltata: non era Louis ad essersi avvicinato per primo; non mi aveva ingannato o stuzzicato con l'intento di sedurmi. 
Io l'avevo voluto, fin dal primo momento, anche mentre pensavo di odiarlo, anche prima del video e della scazzottata. Volevo il suo corpo, la sua faccia da schiaffi, la sua voce irritante, volevo lui.
Ma perché, ora che l'avevo avuto, non mi sentivo soddisfatto?
Perché non mi decidevo ad alzarmi da quel letto, a rifiutare il suo abbraccio, a lasciarlo lì, da solo, com'è giusto che si faccia dopo una scopata?
Lo sai perché, Harry.
Strinsi gli occhi e sbuffai. 
La voce di mia madre mi faceva visita sempre più spesso ormai. Ed io iniziavo ad odiarla.
Sì, sapevo perché.
Non mi stavo innamorando, ma avevo bisogno di essere amato.
Quindi avevo bisogno di Louis.
Avvicinarmi a lui, solo fisicamente, non mi avrebbe necessariamente portato ad abbattere il mio muro per permettergli di entrare.
Ero ancora abbastanza forte per tenerlo lontano dalla mia mente.
Eppure in mezzo a tutta questa sicurezza, una sottile ed infima consapevolezza si faceva strada, come un rivolo d'acqua tra le rocce.
Forse volevo rischiare perché desideravo che lui mi scoprisse, che distruggesse una volta per tutte le mie difese, che mi rendesse felice...
All'improvviso la stretta di Louis mi parve soffocante, il suo corpo spalmato contro il mio troppo caldo, la sua vicinanza insopportabile.
Scostai lentamente il suo braccio, scacciai la coperta e mi misi a sedere, il battito accelerato, il sudore che riprendeva a colarmi sulla fronte.
In quel momento, nonostante la lotta che imperversava nella mia testa, non potei fare a meno di guardarlo.
Si era già riaddormentato, il viso completamente affondato sul cuscino stropicciato, le braccia ancora protese verso lo spazio vuoto lasciato dal mio corpo.
Nel vederlo, sentii di nuovo l'ansia sciogliersi e colare via come gocce di pioggia su un vetro.
Perché mi sembrava così sbagliato farmi amare da lui? Perché non potevo concedermi ai suoi baci, alle sue carezze, al suo corpo, se questo mi rendeva felice?
Lo sai perché...
E sta volta fu la mia stessa voce a rimbombarmi nella testa.
Sì, sapevo che rischiavo di innamorarmi di lui.

Mi alzai con un sospiro, scavalcandolo con difficoltà. Le membra mi dolevano per le posizioni scomode in cui mi aveva costretto a dormire e non solo.
Messo un piede a terra, una fitta al basso ventre, unita a quella alla schiena, mi fece storcere il muso.
Ero un po' arrugginito, a dirla tutta. Quand'era stata l'ultima volta con Tom? Forse più di un anno prima...
Mi stiracchiai, e i muscoli si contrassero di nuovo per il dolore.
Una risata sommessa seguì i miei movimenti.
Louis era ormai del tutto sveglio, le braccia dietro la testa, gli occhi sottilissimi attenti a non perdere nemmeno un dettaglio del mio corpo nudo.
"Dormito bene?" gorgogliò con voce impastata.
"Per niente" con una smorfia mi massaggiai il fondoschiena. "Mi hai spaccato."
Lui rise, si sollevò. "Non mi pare che tu ti sia ribellato più di tanto alla cosa" mi afferrò dai fianchi trascinandomi seduto accanto a lui.
Rabbrividii al contatto delle sue labbra con la mia pelle.
"Hai delle spalle bellissime".
Sorrisi, mentre lui ne baciava ogni centimetro con assurda dedizione.
"Devo farti un complimento per ricambiare, o posso dire solo grazie?"
Le sue labbra si arricciarono contro il mio collo
"Non lo so. Probabilmente prima o poi dirò che ogni parte del tuo corpo è bellissima, decidi tu come ricambiare."
Il suo naso strusciò tra i miei capelli, mentre la bocca si poggiava sull'orecchio.
"Ok" sospirai, posai le mani sulle sue, ancorate al mio bacino. "Inizio dicendo che tu hai un bel culo."
Il suo petto vibrò contro le mie spalle mentre rideva.
"Rovinare l'atmosfera ti viene proprio bene."
"Anche questo devo considerarlo un complimento?"
Mi morse piano la clavicola, nel punto scuro del succhiotto della sera prima. 
"Chiedilo al mio culo" si protese ad afferrare il pacchetto di sigarette sul comodino.
Sogghignai, feci scorrere le dita sul suo ventre. "Lo farò, love, appena avrò l'occasione di scoparmelo."
Gli luccicarono gli occhi. "Potresti farlo anche adesso." 
Presi a giocare con il suo ombelico, mimando con le dita l'atto in questione.
"Non ti accontenterò così presto, Tomlinson. Che gusto ci sarebbe?"
Sollevò appena il bacino, per farmi sfiorare con il braccio la sua lunghezza.
"Sei un bastardo" soffiò tra le labbra, strette attorno alla sigaretta.
"Che bello, un altro complimento da aggiungere alla lista!"
Iniziai a raccogliere i vestiti sparsi a terra, o confusi e mimetizzati tra le lenzuola.
Lui continuò a guardarmi, come un fedele che contempla una reliquia.
"Vieni a scuola con me oggi?"
Stessa domanda di due giorni prima, stesso tono speranzoso, stessi occhi desiderosi.
Eppure, i miei sentimenti in quel momento non sarebbero potuti essere più diversi.
Mi voltai, scrollando i capelli come mi piaceva -come gli piaceva- e "Sì" sorrisi, prima di cacciarmi addosso un paio di pantaloni e uscire. 

yrralWhere stories live. Discover now