Liam
"Non lo so Liam..." Harry guardava fuori dalla finestra, rigirandosi un ciuffo riccio tra le dita. "Non ho molta voglia di venire a scuola domani."
"Smettila" lo interruppi, sbattendogli di nuovo il libro sulle gambe. "Sono solo due capitoli di storia, se ti aiuto possiamo..."
"Non è per il test che non voglio andarci."
Sospirai.
Era dal giorno della sospensione che andava avanti così.
Harry si stava lasciando andare, trascinato dall'inevitabilità degli eventi, sconfitto e rassegnato come un giocatore di scacchi che, quando capisce di essere spacciato, fa la sua ultima mossa aspettando che la regina avversaria lo divori.
Eppure a me la situazione non appariva poi così disperata. Prima di quanto si aspettasse, tutti si sarebbero dimenticati di quel bacio sul tetto e avrebbero ripreso ad ignorarlo.
C'era però qualcuno che quel bacio, non l'avrebbe mai dimenticato.
Era lui che Harry temeva.
Louis."Jay non sarà d'accordo" gli feci notare.
Harry sospirò. "Hai ragione, forse è meglio non farla incazzare. E' già abbastanza alterata perché ieri Lou ha saltato la seduta."
"Non ha intenzione di ritornare a scuola, vero?"
Lui scosse la testa, riprese il libro tra le mani ed inspirò profondamente.
Probabilmente stava pensando che ripresentandosi in classe, il giorno dopo, avrebbe infuso a Louis il coraggio necessario per affrontare l'inferno in cui adesso era costretto a vivere da solo.
Ma non domandai niente al riguardo. Lui non aveva voglia di parlarne. Almeno, non con me.
E fu proprio per cambiare argomento che, dopo qualche minuto, se ne uscì con un "Come sta Niall?" che mi fece balzare il cuore in gola.
"Non lo vedo dal giorno del processo."
"E' un sacco di tempo" commentò con voce spaventosamente seria.
Capii dove voleva arrivare ed iniziai a sudare freddo.
"Lo so" mormorai appena. "Quasi una settimana."
"Stai pensando ad un buon modo per dirglielo?"
Mi aspettavo una domanda del genere. Dopotutto, ad Harry non piaceva fare giri di parole.
Ma quando lo guardai, gli occhi verdi sottilissimi e la fronte corrugata, mi sentii mancare il respiro.
"Io non credo più che dirglielo sia l'idea migliore.""Non pensavo saresti venuto all'udienza."
Zayn parcheggiò nel solito spiazzale isolato, poi si voltò a guardarmi.
L'ansia e la tensione che avevano dominato il suo viso, fin tanto che era stato in quell'aula di tribunale, erano sparite lasciando il posto ad una piatta ed inconsueta apatia.
Era felice che il processo fosse finito, eppure riuscivo a leggere nei suoi occhi la stessa devastante paura che c'era nei miei.
Niall era finalmente libero.
Suo padre era stato condannato.
E il nostro tempo era scaduto.
"Dopo il processo" era stato il nostro monito, la frase che ci aveva permesso di stare insieme senza essere travolti dai sensi di colpa, continuando a tradire senza riserva qualcuno che entrambi amavamo.
"Dopo il processo" avevamo promesso.
Ed avevamo vissuto, fino ad allora, come se quel momento fosse destinato a non arrivare mai.
Ma la nostra era stata pura illusione.
Adesso sapevamo di dover agire, di dover trovare un modo per sistemare le cose, eppure tutto il coraggio di due settimane prima sembrava sparito nel nulla, inghiottito da una colata di lava che ci aveva lasciato freddi ed incapaci di reagire, come statue di pietra."Allora" ripeté Zayn, si accese una sigaretta, "come mai sei venuto?"
"Perché non avrei dovuto?"
"Pensavo che tu e Niall aveste litigato."
Quella frase mi spiazzò. "E' stato lui a dirtelo?"
"Me l'ha accennato" si protese verso di me, mi soffiò un po' di fumo in faccia. "Vuoi dirmi che è successo?"
Sospirai, abbassai lo sguardo. "Veramente no."
Anche Zayn sospirò, la sigaretta stretta tra le labbra e "Risposta sbagliata" decretò, prima di afferrarmi il viso tra le mani.
Meno di un secondo dopo me lo ritrovai seduto sulle gambe, le cosce a stringermi i fianchi, la mano incastrata sotto il mento, gli occhi ambrati a sovrastare i miei.
Rabbrividii. Non ero ancora abbastanza forte per fronteggiare Zayn Malik da pari a pari. La sensazione alla bocca dello stomaco, quella che provavo sempre quando ero con lui, un miscuglio di ansia e aspettativa, paura ed estasi, mi intorpidiva la mente come una droga, impedendomi di reagire.