Liam
Quando Niall smise di parlare il sole era già calato da un pezzo. La luce in stanza era ancora spenta, l'aria terribilmente pesante, il suo respiro un raschiare flebile e appena percepibile.
Non avevo avuto modo di guardarlo in faccia mentre mi parlava di come sua madre l'avesse lasciato all'età di cinque anni, incapace di sopportare le stranezze del marito, e di come quello stesso uomo fosse letteralmente impazzito, arrivando a sfogare il suo dolore sul figlio.
No, non avevo guardato il viso di Niall quel pomeriggio di Febbraio, eppure ero riuscito ad immaginarmi ogni sua espressione.
Probabilmente teneva gli occhi spalancati, rivolti verso l'alto, quando aveva iniziato a dirmi di suo padre e del suo problema con l'alcool.
E forse aveva abbassato la testa, fissandosi le mani, quando il discorso era passato alle notti in cui l'uomo tornava a casa, completamente ubriaco, lo abbracciava stretto, per poi togliersi la cintura e picchiarlo.
Niall era rimasto scioccato, la prima volta che era successo: aveva pianto per giorni, cercando di ignorare i segni sulla schiena, tentando di nasconderli, con l'innocenza che solo a quell'età si può avere. Ma con il passare degli anni il suo corpo si era abituato a quel rito, la sua mente aveva accettato quella cruda ed essenziale verità che gli veniva messa davanti: era un bambino cattivo ed era giusto che fosse punito.
Così Niall era arrivato all'età di sei anni idolatrando l'uomo che lo stava disfacendo pezzo dopo pezzo, accettando la sofferenza come una giusta punizione, pensando di essere lui quello sbagliato, anormale. E forse sarebbe potuto crescere continuando a sopportare quella pazzia, i pensieri infantili distorti e avvelenati, portati a rivoltarsi contro il suo stesso essere, i lividi sempre più numerosi a coprirgli al pelle, a ricordargli che era colpa sua, solo colpa sua.
Ma c'era ancora qualcosa che suo padre era pronto a togliergli, l'unica cosa pura ed incontaminata che dava a Niall ancora una speranza: l'innocenza.
E a questo punto del racconto mi era bastato ascoltare la sua voce tremante, appena sussurrata, per immaginarmi il suo volto.
Era sicuramente a capo chino, gli occhi chiusi, il corpo scosso dai tremiti.
In quel momento seppi che non ero pronto ad ascoltarlo. Mi ero illuso di poter comprendere il suo dolore, di essere in grado di aiutarlo a lasciarselo alle spalle, ma adesso capivo che Zayn aveva sempre avuto ragione: non conoscevo Niall, mi ero fatto un'idea astratta di lui, lo vedevo come un ragazzo chiuso, intimorito dal mondo, bloccato dall'innaturale affetto del fratellastro; mai avrei potuto immaginare che dietro quella facciata che avevo creduto di comprendere, ci fosse un tale orrore.
Mi resi conto di aver sempre sottovalutato la sua sofferenza, di aver dato per scontate tutte le sue paure, tutte le sue stranezze, pensando che la mia sola vicinanza sarebbe bastata a guarirlo. Ma non mi ero mai sbagliato tanto in vita mia.
Per questo, quando aveva iniziato a parlare del suo più oscuro segreto, avevo sentito il bisogno di andarmene, di gettarmi su di lui a tappargli la bocca, di premermi le mani contro le orecchie.
Non potevo credere a quello che suo padre era stato capace di fargli: era assurdo, irreale, inconcepibile. Ed anche solo immaginare Niall in quelle situazioni, pensare che davvero le aveva vissute, mi faceva rivoltare lo stomaco.
L'unico modo che aveva la mia mente per difendersi da quell'orrore, era il rifiuto.
Ma alla fine non ci fu modo di negare l'evidenza: Niall era stato picchiato e violentato dal padre.
Quell'inconcepibile verità rischiò di farmi impazzire."A cosa stai pensando?" chiese all'improvviso, spezzando quello strano silenzio.
Mi sembrò di non essere nel mio corpo, quando risposi. "Penso di... di avere paura."
"Di me?"
"No" mentii, "ho paura di ascoltare il resto della storia."
Lo sentii sospirare oltre la coltre di oscurità che ci separava.
"Mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo, Liam. Non avevo il diritto di affezionarmi a te, di farti portare questo peso."
Dopo aver ricordato la sua vita disastrata, dopo aver dato sfogo a tutta la sua sofferenza, Niall si dichiarava dispiaciuto... per me. L'ingiustizia e la sincerità delle sue scuse mi mandarono sull'orlo delle lacrime. Era ancora fottutamente convinto di essere lui quello sbagliato, di dov'essere lui a scusarsi e ad essere punito.
Suo padre aveva fatto davvero un ottimo lavoro.