Il Giorno In Cui Arrivò Alla Villa

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Non più di due ore dopo che tornai alla vita come vampiro, morsi un umano e ne bevvi il sangue per la primissima volta...

Parigi – XIX secolo.

Fuori dalla chiesa, la luna crescente non era che un sorriso beffardo sulla tela blu del cielo notturno. Certo, avrebbe preferito una stanza ma, visto che era 'appena arrivato' in città, avrebbe dovuto accontentarsi.

La donna che lo accompagnava si sdraiò su una delle panche in legno al centro della navata con scandalosa lussuria. La chiesa era vuota. Tuttavia, quando mai la 'Casa del Signore' era stata vuota--?

Non sapeva il suo nome, e lei non conosceva quello di lui. Si erano incontrati solo un quarto d'ora prima al pub.

Signore, perdonami per i miei peccati... Oh, è solo uno scherzo, vecchio mio! Sul volto insolente, le sue labbra si incresparono in un sorriso amaro.

Il Signore non gli aveva mai dato ascolto.

"...Davvero lo stiamo per fare qui?" domandò la donna, studiando con interesse la cornice del loro incontro, come se interpretare la ragazza peccaminosa fosse esattamente ciò che desiderava. Per una persona che aveva rinunciato da tempo alla pietà, Arthur aveva proprio sperato di trovare qualcuno come lei quella notte.

"Non vorrai prenderti gioco di un uomo dicendo 'no' adesso, vero? Sai che ti voglio..." le mormorò, mentre le sollevava il vestito con l'abilità data dall'esperienza. Aveva ancora una certa dimestichezza con i vari segreti della moda del periodo.

Arthur fece correre le sue lunghe dita sulla pelle morbida dell'interno coscia della ragazza, facendo ben attenzione di sfiorarle la graziosa giarrettiera lungo il percorso.

Il tremante sospiro che uscì dalle sue graziose labbra tinte di rosso, fece capire ad Arthur che non aspettava altro... e lui trovò lo scambio adeguato. Lei lo avrebbe aiutato ad imparare qualcosa e, in cambio, lui le avrebbe dato uno squisito piacere. Era equo. Almeno, era ciò che sperava...

Con meticolosa attenzione, Arthur prese mentalmente nota di tutti i cambiamenti nel corpo di lei in risposta al suo piccolo morso: respiro corto, palpebre frementi su occhi sognanti, aumento del rossore sul viso.

"Oh, dieu... oh, Monsieur... T-tu devi dirmi... il tuo nome..." ansimò la donna in preda all'estasi.

"Il mio nome-?" ripeté lui, con una punta di divertita malizia.

Nosferatu, forse?

.... ....

"...Mi lasci alla fine della strada, appena dopo la foresta, d'accordo?"

"Oui, Monsieur" rispose il vetturino, chiudendo con forza lo sportello della carrozza dopo che Arthur prese posto al suo interno. Tornato sulla parte anteriore della vettura, l'uomo riprese le redini e diede l'ordine ai cavalli di avanzare.

Mentre la carrozza prese a muoversi, Arthur si tolse il cappotto, lo ripiegò con cura e lo posò nel posto vuoto accanto a lui.

Lasciato solo con i propri pensieri, ritornò con la mente al suo recente incontro. In bocca aveva ancora il sapore del sangue. C'era qualcos'altro dietro al sentore di rame, qualcosa che accese la sua curiosità. La sua compagna non sentì che un lieve dolore provocato dal morso, e dopo lo svenimento, le sue pulsazioni erano tornate normali. I due fori sul collo si chiusero con insolita rapidità.

"...Nel risolvere un problema di questo ordinamento, la cosa grandiosa è essere in grado di ragionare a ritroso... Eppure le persone non lo praticano spesso. Nelle questioni di ogni giorno è più utile ragionare in avanti, perciò gli altri metodi vengono trascurati..." disse tra sé, pensando ad alta voce.

Uno Studio in Rosso - Arthur Conan DoyleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora