Alice alzò lo sguardo verso Arthur, che la fissava attraverso le ciocche scure che gli ricadevano sulla fronte, mentre stringeva la presa attorno alla mano di lei.
"Non puoi? Be', diventerà imbarazzante quando la mia mano inizierà ad essere tutta sudata..." disse lei, con una leggera smorfia.
"Perché dovrebbe darmi fastidio? ...Quello che voglio dire è che non posso lasciarti perché potresti inciampare di nuovo. Penso sia meglio se ti tengo per mano" replicò Arthur disinvolto, aggiustando la presa così da risultare più comoda per entrambi.
La sera era fresca, eppure la mano di Alice, quella stretta da Arthur, era bollente.
"...Secondo te, questo infrange le regole del Comte?"
Lei esitò, gettando un'occhiata alle loro mani unite.
"Non ne sono certa. Ci siamo stretti le mani, e quello non ha infranto alcuna regola. E non ti ho detto di smettere, quindi... chi può dirlo...?" rispose, stringendosi nelle spalle.
"Perché mi dai una risposta così vaga? Sei davvero troppo gentile, sai. Non sai che gli uomini come me si approfittano della gentilezza di una donna?" le labbra di Arthur si arricciarono in un sorriso, e se la risata che gli uscì aveva un che di diabolico, non si poteva dire altrettanto della sua espressione, gioiosa quanto quella di un bambino.
"Se a te sta bene, forse potremmo acconsentire entrambi a questo? Tenersi per mano... un po'?" ad Alice non sfuggì l'incertezza nel tono di Arthur.
"...Suppongo di si. D'accordo!"
Senza lasciarsi, i due agitarono le mani in una nuova stretta per sigillare il loro accordo, poi ripresero a camminare.
In una mano Arthur teneva il guinzaglio di Vic, mentre Alice il carillon ma, tra loro, c'erano le loro mani unite.
Alice non credeva che Arthur desse davvero una qualche importanza a quel gesto. Era il diciannovesimo secolo, gli uomini tenevano per mano le donne continuamente accompagnandole in giro. In effetti, ora che ci pensava, era certa che fosse quello il motivo per cui lo stesse facendo. Forse avrebbero dovuto tenersi per mano ogni volta che erano stati in pubblico.
Perfetto! Pensò, ridendo tra sé, adesso avrebbe avuto una scusa per farlo. Perché quella era una scusa, giusto? Sapendo ciò, non riuscì a non domandarsi quale fosse la scusa di Arthur. Per lui cosa significava? Un'altra manovra galante per provare a vincere il suo cuore? Be'... stava funzionando.
Diventare sdolcinata per tenersi per mano, pensò Alice. Doveva dare l'impressione di essere un'ingenua. E Arthur doveva aver tenuto molte mani prima della sua.
Quel pensiero portò con sé una nuova ondata di gelosia e, insieme ad essa, una spaventosa, terrificante consapevolezza.
Credo di... Alice deglutì, il suo cuore accelerò i battiti.
Credo di essermi innamorata di Arthur...
La forza di quell'idea fu come un colpo fisico che le fece mancare il respiro. Nonostante ciò, a dispetto di tutto quello che poteva significare, Alice non lasciò la mano di Arthur per l'intera strada di ritorno.
.... ....
Arthur
Dopo aver lasciato Alice alla Villa, Arthur ripercorse i suoi passi fino al solito pub.
Seduto su uno degli sgabelli accanto al bancone, liberò un lungo sospiro.
Il barman, notando l'aria taciturna che accompagnava lo scrittore, gli preparò il suo gin and tonic e glielo servì senza dire nulla nel rispetto del suo silenzio.
STAI LEGGENDO
Uno Studio in Rosso - Arthur Conan Doyle
FanfictionAlice, agente di viaggi in visita al Louvre, si ritroverà catapultata nella Parigi del XIX secolo, intrappolata per un mese intero nella maestosa villa di... un vampiro: il Comte de Saint-Germain. Oltre a ciò, un'altra cosa del tutto bizzarra sono g...