Capitolo 22 - Scritto Su Cartastraccia

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"Giuro sul mio onore" ribatté Shakespeare in tono pacato "Come potrei essere stato io, quando non ho il potere di restituire il soffio vitale ai morti?"

Ovviamente, quella non era la risposta che Saint-Germain voleva sentire.

"In più" proseguì Shakespeare, sul volto un sorriso ironico "è necessaria quella porta per liberare gli uomini dal gelido abbraccio del sepolcro, non è così? Che ci sia, per caso, qualche altra creatura in possesso di un'altra porta? Ma se così fosse, non oseresti tenere nascosta una cosa del genere a colui che ti ha donato la vita, no...?"

Il Comte fissò Shakespeare con sguardo duro.

"Tutto quello che voglio sapere è se tu hai preso parte a questa empietà, Will."

William bevve una lunga sorsata del suo tè, lo assaporò un istante tenendolo in bocca, poi lo mandò giù soddisfatto.

"È una domanda difficile, buon Comte"

"Non penso la sia"

"Ciò che è immorale per uno non sempre si mostra immorale per un altro. Buono e cattivo non sono due lati della stessa moneta? Due facce della stessa maschera. Commedia e Dramma. Può un autore prendervi parte quando il suo ruolo non è da mettersi in scena-?"

"Ascolta attentamente" disse le Comte perdendo anche l'ultimo brandello di cordialità, e, con una velocità innaturale, afferrò il bavero della giacca di Shakespeare.

"Io ti ho dato la vita. Se farai del male ai residenti della mia casa, della mia famiglia... O se anche stessi pensando di mettere Alice in pericolo..."

"...Mi uccideresti...?"

La risposta del Comte non fu immediata. Nonostante il tono di sfida e il sorriso ironico che aleggiava sulle labbra di Shakespeare, il Comte avvertì anche una sincera supplica che lo fece esitare.

Nei suoi occhi dorati, ora freddi come la morte stessa, si riflettevano quelli del Bardo: uno tinto di rosso scuro, segno indelebile di sangue antico, e l'altro che conservava la sua naturale tinta ambrata. Un colore che il Comte, un tempo, pensava somigliasse al proprio.

"Ti terrò d'occhio molto attentamente, Will."

Alla sua teatrale uscita di scena, sbattendo la porta dietro di sé, William rispose con un'aspra risata, e rise fino a scuotere le spalle. Dopo qualche istante, l'amaro sorriso scomparve.

"...La Morte da colui che mi ha ridato la vita. Per essere divorato come uno degli sfortunati figli di Crono. Sarebbe un racconto giusto. Ma rimane un problema... di chi può essere la mano che racconterà della mia rovina? Alas, non è ancora arrivato il momento di lasciare il palco. Ma non resterò nell'ozio. Perché le opere che la mia mente ha concepito, di grandi uomini coinvolti in amare lotte, necessitano ancora della mia penna..."

.... ....

Dopo che Worth ebbe tolto il cappuccio ad Alice, non le disse più nulla, nemmeno una minaccia. Se ne stava lì in piedi nella paziente attesa dell'arrivo di Arthur.

Alice non aveva idea di quanto tempo fosse passato dal momento del suo rapimento, quello che sapeva era che non si trovava a suo agio da sola con quell'uomo. Desiderava disperatamente che Arthur fosse lì con lei ma, al tempo stesso, lo voleva il più lontano possibile. Non poteva sopportare l'idea che venisse ferito di nuovo, il che le dava davvero poche opzioni.

Fece una breve analisi della situazione: aveva le mani legate, ma poteva ancora correre. Purtroppo per lei, però, vi era una sola uscita ed era troppo lontana da raggiungere. Forse poteva esserci una seconda uscita più vicina al palco.

Uno Studio in Rosso - Arthur Conan DoyleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora