二十 Ingenua spensieratezza

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La domenica forse era il giorno nel quale il nostro Seokjin poteva definirsi finalmente rilassato

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La domenica forse era il giorno nel quale il nostro Seokjin poteva definirsi finalmente rilassato. Dopo sei giorni passati a svegliarsi all'alba finalmente poteva svegliarsi ad un orario decente, quale le 8:00, e rimanere in quella schifosa libreria per sole quattro ore per poi chiuderla definitivamente per tutto il resto della giornata.

Ed era proprio quel magnifico pensiero a farlo sorridere di prima mattina risultando più cordiale agli occhi dei clienti che erano ovviamente abituati a vederlo con il broncio o addirittura addormentato sul bancone.

I suoi occhi ancora un po' assonnati vagavano per tutta la sala senza però guardare effettivamente chi c'era e chi invece no. Nonostante stesse meglio rispetto agli altri giorni ciò non toglieva il fatto che non voleva stare lì dentro a lavorare. Ma sapeva che non poteva ribellarsi al volere di suo padre, anche se aveva ventisei anni.

Da quando era piccolo era sempre stato al volere del padre, se si azzardava a fare qualcosa di testa sua che l'uomo non gradiva si beccava una bella sberla dietro la testa che faceva abbastanza male prendendo in considerazione le grosse mani che aveva il padre.

Non era mai stato un uomo particolarmente violento con suo figlio: non lo aveva mai picchiato sul serio, si limitava alle sberle che però ferivano interiormente Seokjin il quale oramai era abituato a tutto quello. Il padre del bibliotecario però era sempre stato un uomo freddo, non aveva mai donato neanche un po' di amore al ragazzo che da bambino andava sempre a cercare affetto tra le braccia della mamma la quale però non gli dedicava le attenzioni desiderate.

Ormai sul viso dei genitori di Seokjin si iniziavano ad intravedere i profondi segni della vecchiaia e della stanchezza. Lui purtroppo non poteva far altro che guardare e dire loro di riposarsi poiché sembravano essere arrivati al limite delle forze. O magari non voleva far altro.

Come si poteva ben intuire il rapporto che aveva con i propri genitori non era mai stato dei migliori. Diceva sempre: «Non si sono mai preoccupati per me, perché ora dovrei preoccuparmi per loro?».

E a loro, se proprio vogliamo dirla tutta, non importava nemmeno se il loro unico figlio si preoccupava. Vivevano tutti e tre insieme ma era come se in realtà non lo avessero mai fatto. Erano come dei fantasmi che si aggiravano in una casa vuota e che facevano caso l'uno all'altro solo quando era strettamente necessario.

A destarlo dai suoi ricordi e dai suoi pensieri poco carini fu una chioma corvina che da poco aveva conosciuto. Sorrise felice di vedere finalmente un volto amico quella mattina e si alzò dalla sua postazione raggiungendo il ragazzo seduto al tavolino tutto solo.

«Jungkook» lo salutò con un tono basso. Si sedette accanto a lui e gli sorrise.

«Oh hey Jin» ricambiò il saluto alzando lo sguardo dal suo noioso libro di matematica. «Come stai?» gli chiese educatamente.

«Stanco ma bene. Tu?» domandò a sua volta il bibliotecario facendosi più vicino al ragazzo. Jungkook si trattenne dal fare una smorfia e raccontargli cosa lo turbasse ma ci ripensò: non conosceva Seokjin, ci aveva fatto amicizia solo quando era andato a cena con lui, Yuseong e un'amica di Seokjin -di cui non ricordava il nome- ma non si erano sentiti più da quella volta.

It's Written In The Stars| Jeon JungkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora