Capitolo 25 - Epilogo

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Qualche anno dopo...

"E dimmi Jane... sei riuscita a dormire?"

"Non molto, continuo ad avere lo stesso incubo sull'incidente"

Erano passate ormai quasi 8 ore dall'inizio del mio turno e potevo sentire chiaramente i primi segni di stanchezza mentale. La mia tazza era ormai stata riempita per la quarta volta, ma a differenza del solito caffè, ci avevo versato una dose abbondante di cioccolata calda con marshmallows e panna. Ringraziai mentalmente Claire, la barista della struttura in cui avevo il mio studio, per avermi aggiunto qualche marshmallow in più.

Guardai esausta l'orologio del mio telefono e notai che l'ultima seduta del giorno stava per giungere al termine. Appuntai una nota sulla condizione della paziente sul suo fascicolo che tenevo tra le gambe e presi un sorso della mia amatissima cioccolata, la quale, con la sua dolcezza, mi fece rilassare le spalle.

Nella stanza si poteva sentire solo la mia ultima paziente parlare della sua difficoltà nel dormire a causa dei suoi incubi basati sul suo trauma, accompagnata dal leggero rumore della pioggia londinese. 

Jane Lilywhite, era questo il suo nome, una ragazza di 17 anni vittima di un incidente che le portò via i genitori e la sorella più piccola. Non aveva più nessuno al di fuori del suo attuale ragazzo, il quale la prese sotto la sua custodia. 
La sua pelle era come la porcellana e i suoi lunghi capelli neri erano stati arricciolati diligentemente con la piastra, come mi aveva raccontato lei, dal suo ragazzo. Ad accompagnare quella bellissima acconciatura c'erano i suoi occhi color ghiaccio, i quali però erano ormai spenti da tre mesi e mezzo.

Ad un certo punto, il timer del mio telefono suonò, mettendo al corrente sia me che Jane del fatto che la sua seduta era giunta a termine, e con essa, la mia giornata lavorativa.

"Allora Jane - mi avvicinai a lei e le presi la mano - il tuo percorso sta mostrando i suoi frutti, voglio che tu continui a dire tutto ciò che ti passa per la testa al tuo ragazzo, non nascondere nulla. Stai andando benissimo tesoro ". La ragazza mi guardò negli occhi e giurai di poter vedere una scintilla di speranza brillarci lievemente dentro.
Le sorrisi e lei, per la prima volta, incurvò le labbra verso l'alto, regalandomi un lieve sorriso, uno di quelli sinceri.

"Grazie dottoressa... lei mi sta salvando" sussurrò lei distogliendo lo sguardo. 
Le sorrisi un ultima volta e fissai il suo prossimo appuntamento sulla mia agenda color rosa pastello. 

Appena Jane se ne andò sospirai e sciolsi lo chignon che portavo (perdonatemi se avete i capelli corti), lamentandomi per il forte e fastidioso dolore alla cute. Mi massaggiai la testa in cerca di almeno un accenno di sollievo e, nel mentre, mi affacciai alla vetrata che dava alla bellissima città di Londra. 

Mi trovavo al 6 piano dell'edificio più alto del quartiere, riservato soprattutto a studi medici e legali. Dal mio ufficio ci si poteva beare di una vista mozzafiato: si potevano vedere benissimo il Tamigi, il Londoneye e il BigBen.
Mi fermai a guardarla per alcuni minuti, come risucchiata dal paesaggio; la pioggia non faceva che aggiungere all'atmosfera, già abbastanza tranquilla, una nota malinconica e il cielo grigio predominava sulla città ormai da giorni, lasciando che gli animi delle persone si incupissero.

"Certo che non vuole accennare a smettere" sussurrai tra me e me, prendendo un altro sorso della mia amatissima cioccolata. Decisi di fermarmi per qualche minuto nel mio studio per potermi riposare: mi sedetti sulla poltrona riservata ai pazienti e chiusi gli occhi, assaporando la mia bevanda assieme al leggero picchiare della pioggia. Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi, cercai di staccare la spina da tutti i pensieri negativi che avevano invaso la mia testa durante le sedute della giornata, e mi feci cullare dal ticchettio delle gocce che sbattevano sulla grande vetrata.

Come potrei scordarmi di te? | Jeff The Killer ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora