Come si arriva a stare sul filo? Com'è che ci si ritrova sopra senza nemmeno sapere di esserci mai saliti? Come si fa a svegliarsi un bel giorno e scoprire che a destra e a sinistra c'è il vuoto, davanti e dietro il nulla di un filo che corre apparentemente verso il non-finito, sospeso su un sottile strato d'aria che prodigiosamente lo sostiene, e tutt'intorno nessuno eccetto te che galleggi dondolando instabile su quel filo un po' logoro? Come si fa?
Non è facile rispondere.
E francamente non ne ho idea. Me lo sto ancora domandando, e per quanto io mi sforzi di essere razionale, di interrogare quello sfilaccio di ragionevolezza che ancora resta precariamente attaccato ai lembi intontiti del mio cervello sciupato, non ci riesco. Non sono capace di darmi una risposta anche solo minimamente accettabile. Forse perché la risposta non c'è, o magari ci sarebbe anche, a cercare come si deve, ma semplicemente io non c'arrivo. È possibile, non sono mai stato un genio d'altronde. Fatto sta che le cose sono arrivate a questo punto e in fondo tentare di capire non avrebbe nemmeno un gran significato, ad esser sinceri. Sono sul filo, metaforicamente parlando, s'intende, e dovrò fare la mia scelta, che mi piaccia o no. Andare avanti o buttarmi di sotto. Indietro no, non si torna più. E in ogni caso, avere ancora il potere di una scelta, anche se di una soltanto, è pur sempre qualcosa. O almeno questo è ciò che mi vado dicendo da un po', forse per convincermi che in fondo non sono così nella merda come mi sembra di essere. Per quanto, lo scoprirete, mi è sempre risultato clamorosamente facile mentire alla gente, non sono mai stato altrettanto bravo con me stesso.
E così non mi credo, disilludendo l'io infantile che all'orecchio sinistro (già, perché il destro mi è stato sfondato dal calcio di una pistola soltanto un paio d'ore fa) mi sussurra che tutto andrà a posto, che tutto si sistemerà come nel colpo di scena alla fine di un film.
Può anche darsi, può darsi che questo fottuto virus annienti metà della popolazione mondiale rendendo il mio problema un insignificante problema, o che, passata l'epidemia, un meteorite precipiti dal cielo e distrugga mezza Italia così che la mia questione passi per qualche mese in secondo piano. Può darsi che, passata la buriana, Kim Jong-un se ne salti fuori decidendo di distribuire regalini nucleari a tutti quelli che non vedono le cose come lui. Anche questo sposterebbe l'attenzione pubblica, e non solo quella pubblica, su problematiche ben più impellenti del mio squallido caso giudiziario. Può darsi che qualcuno al governo decida miracolosamente di amnistiare tutti i truffatori come me, insieme a gran parte dei politici di professione. Può darsi.
Ma non accadrà. Nessuna di queste cazzate accadrà mai.
Accadrà invece che uscirò da questo locale assurdo e Eddi o suo cugino Kledi o qualcun altro che ancora non conosco e che non avrò mai il dispiacere di conoscere m'infilerà un paio di proiettili calibro ventidue in testa con un dolce sorriso liberatorio sulle labbra. Oppure accadrà che me ne starò seduto qui fino a che non spegneranno questa musica martellante e tutte le luci psichedeliche e accenderanno il neon. Allora arriveranno gli altri e dopo un paio di ridicoli convenevoli mi metteranno i braccialetti chiudendo definitivamente la mia pendenza criminale e aprendo al tempo stesso i festosi cancelli del carcere di Ruggiate, dove qualche centinaio di detenuti eccitati saranno ansiosi di darmi il loro caloroso benvenuto.
Ecco cosa accadrà per certo.
Buttarmi di sotto o andare avanti lungo il filo. E la scelta finale spetta a me.
«La cartina, la butti?»
«Eh?»
«La cartina della caramella, dicevo. La butti?»
«Ancora con questa cazzata delle cartine?»
«Se non la butti, ti spiacerebbe darmela?»
Volete sapere cosa mi disturba davvero? Cosa irragionevolmente mi dà più fastidio, che cosa mi fa incazzare sul serio ora che dovrei pensare a un sacco di cose anziché ad incazzarmi? Che qui, seduto accanto a me, con un infantile Bacardi e Cola nella mano destra, a domandarmi la sua fottuta cartina, c'è quello stronzo di Alberto. Mi guarda con quei suoi due occhioni gonfi e stanchi da rospo in calore che sembrano dirmi di continuo mi dispiace, cazzo, mi dispiace davvero, se potessi fare qualcosa per aiutarti, credimi lo farei, ma ho bisogno della tua cartina adesso e credimi questa è la cosa che conta davvero. La cartina della tua caramella.
Ecco, è questo forse che mi dà sui nervi più di ogni altra cosa: il fatto di dover prendere una decisione con un coglione come Alberto seduto accanto. Sembra pazzesco, ma è la verità.
Guido Sgardoli
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AUDIO LETTURA SU YOUTUBE in apertura del capitolo
Lettura di Carla Giovannone
Musica originale di Andrea Dalla Fontana----------------------------------
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Cos'ha combinato?
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Perché qualcuno vuole ucciderlo?
Perché altri lo vogliono in prigione?
Chi è Alberto?
Ma soprattutto, perché vuole le cartine delle caramelle?
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