Calma, calma e ancora una volta calma, mi dico, dopo essere andato in bagno con l'intenzione di rimanerci il tempo di ricominciare a ragionare.
Per prima cosa, la ferita all'orecchio non sanguina, e questa è già una buona notizia. E, seconda, non possono sapere dove siamo.
Il che ci dà un margine di quanto? Due ore? Tre? Quanto ci metterà l'Olandese a capire che ho saltato il fosso o come cazzo si dice, quando passi da una parte all'altra senza avvisare il tuo capo? Una parte e l'altra di cosa, poi? Di quelli che ti tengono la corda tesa sotto al culo?
Ecco, sì: una roba del genere. Vedo che ci siamo capiti.
E poi, che diavolo. L'Olandese non è davvero il mio capo. È solo uno che mi dice cosa devo portare e dove. Senza mai guardare nei pacchi. Questo è chiaro. Un corriere consegna, silenzioso, muto, e poi dimentica. Pensa alla consegna dopo. Soprattutto adesso, che là fuori ci siamo solo noi.
I ragazzi del domani.
Quelli che non si ammalano.
E l'Olandese è un fornitore. Il migliore, forse. Ma non l'unico.
Giusto?
Giusto.
E quindi là fuori non ci sono solo Eddi e Kledi.
No.
Ci sono un mucchio di altri corrieri.
Anche più bravi di loro. Anche più bravi di me.
Non che ci vuole molto. Basta non avere uno come Alberto in cabina di regia, ma un navigatore qualsiasi. Uno con la sapienza che ci vuole, senza essere come lui. The Knowledge, ha Alberto, se l'è imparata tutta, la mappa. E poi? È rimasto un coglione visionario, dipendente dagli zuccheri, insistente come una zanzara.
E anche l'unico che conosce la strada.
Dunque, bello mio, mi dico, pettinandomi di nuovo i capelli sopra all'orecchio (e però fa male, un male cane) questa è la situazione.
Prova a ragionare.
Che è una cosa che non mi è mai riuscita molto bene.
Il filo, dicevo.
Ci stiamo appena sopra, così, così, senza muoverci, restiamo ancora un po' ad aspettare che le cose si calmino. O si complichino ancora di più, andrebbe bene anche un grandissimo casino, a questo punto, tipo la notizia che è tutto sbagliato e quelli come noi se lo prendono eccome, 'sto cazzo di raffreddore. Magari un cervellone scopre che è soltanto diverso, che ne so, invece che in una settimana ce lo prendiamo in un anno. E quindi anche noi smettiamo di fare tanto i furbi e di farci assumere (e poi menare) come corrieri. Ci tolgono le licenze (o ce le portano a sedici anni), via i camion, le moto, gli scooter per le pizze, tutto. E torniamo in casa come gli altri.
Naaa.
Questo no.
«Lascia perdere le cose assurde» diceva quel tipo «e tutto quello che ti resta è la solita merda». O qualcosa del genere. Quindi cos'è che mi resta? Alberto, le sue manie, il nostro piccolo camion delle consegne. Il carico. E due, tre ore di vantaggio.
Ragiona.
Quando sei andato da lui?
L'altro ieri.
E chi c'era, al negozio di ventagli?
Be', c'era lei. Era la più bella ragazza del mondo anche con la mascherina.
Lascia perdere lei, mi domando allo specchio di questo cazzo di bagno, chi altri c'era?
L'Olandese, nel suo ufficio. Pensa all'ufficio, c'era solo lui?
Certo che c'era solo lui. È grande come questo cesso, l'ufficio dell'Olandese. Un tavolo, due sedie, lo scaffale con la roba da trasportare, come l'ultimo dei pezzenti. E quella cazzo di foto del porto.
Che porto? Non lo so.
Era arrabbiato? No.
Contento? Neppure.
Era come sempre è l'Olandese: un mistero, seduto al suo tavolo, gentile. Mi ha fatto sedere, mi sono seduto. Mi ha chiesto come stanno i miei, gli ho risposto bene.
E Alberto? Gli ho detto che sta come sempre. Chi è che lo sa, come sta Alberto?
La fa ancora, quella cosa con le caramelle? Allora gli ho detto se potevamo parlare d'altro. L'abbiamo fatto.
Mi ha detto che avevo lavorato bene, che ero diventato puntuale, che come coppia funzionavamo bene, insomma che c'era questa ultima consegna, mi ha detto, da fare per il fine settimana. Avrebbe dovuto pensarci Johnson, ma Johnson non può.
Bum!, ho pensato. Ecco che ci siamo. Ecco che mi arriva la promozione, e quindi aveva ragione il Plato. «Vedrai che prima o poi ti dà una consegna importante», così mi aveva detto.
Una consegna di Johnson. Come se mi avesse dato la maglia di Ronaldo, per intenderci.
«E, quando te la dà» mi aveva detto il Plato, «tu lo sai cosa gli combini, all'Olandese? Che chiami questo numero, hai capito? E salti.»
«Salto cosa?» avevo chiesto.
«La corda, no?»
E sotto? Cosa c'è, sotto alla corda? Dovevo chiedere anche questo ma non l'ho fatto.
Apro il rubinetto dell'acqua, ci ficco le mani sotto e le lascio lì, fino a quando le dita non diventano rosse.
Cosa c'è, sotto alla corda?
Non c'è niente.
Cadi e basta.
Non c'è nemmeno il pubblico, che aspetta che cadi.
Nessuno sa che ci sei, che esisti, come ti chiami: sei solo una ruota nell'ingranaggio delle cose che ti arrivano a casa.
Mi schiaffeggio la faccia, mi fisso un'ultima volta allo specchio.
E io l'ho saltata? Ho chiamato il numero di telefono?
Certo che l'ho chiamato.
E quella dall'altra parte mi ha detto: «Mi sa che adesso sei nei guai, Dan».
Avete capito?
Siamo nei guai.
E non mi chiamo nemmeno Dan.
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E ADESSO?
Aiuta il prossimo autore a scrivere il capitolo successivo. Come? Rispondi alle domande a seguire o raccontaci come potrebbe proseguire. Commenta qui o sui social Book on a Tree. Hai tempo fino a venerdì 20 marzo ore 21!Secondo voi come si chiama il protagonista?
Come vi immaginate la donna con la mascherina?
Chi è l'Olandese?
Quale nemico incontrerà per primo?
Ma fuori, per strada che realtà lo attende secondo te?
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Action"Come si arriva a stare sul filo? Com'è che ci si ritrova sopra senza nemmeno sapere di esserci mai saliti?" Rispondi. Hai 24 ore di tempo. Sì, proprio tu che stai leggendo: rispondi! COME FUNZIONA Partendo dal primo capitolo scritto da Guido Sgard...