Chapter 16 - Gisella Laterza

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La Cura sono io.

Mi rendo conto ora che da qualche parte dentro di me lo sospetto da un po'.

D'altra parte fin dall'inizio di questa pandemia c'era qualcosa di strano, in me. Com'era possibile che tutte le ragazze si ammalassero, e io niente? Com'era possibile che le donne risparmiate dal virus fossero costrette a chiudersi in casa o barricate in edifici dimenticati da tutti come mia madre, mentre io ho continuato ad andare in giro tranquilla a fare le consegne per l'Olandese?

Certo, è sempre stato semplice.

La Cura sono io, cazzo!

Stringo la pistola tra le dita, più forte che posso. Vorrei provare qualcosa. Paura, rabbia, sollievo, strazio per quel dannato momento in cui ho visto Dan crollare a terra... Niente. Ora non sento assolutamente niente. Mi resta la sensazione della pistola tra le dita. Sta iniziando a diventare calda.

«Nadia.»

La voce della ragazza del negozio di ventagli mi riporta alla realtà. Ok, intanto ti tengo sotto tiro, bella.

«Provamelo» le sibilo, fissandola. Devo restare concentrata. Ultimamente sono successe troppe cose strane. «Provami che sono la Cura.»

Lei scuote la testa. «Non abbiamo tempo.»

«Ho bisogno di prove.» Questa volta la mia voce trema. «Tutti mi hanno mentito. Tutti. Dall'inizio. Non ne posso più. Come faccio a sapere se posso fidarmi di te? Me lo dici tu? Certo, come no. Provamelo!»

«Nadia, ti ho già detto che...»

«Tanto per cominciare, come cazzo ti chiami?»

Non dev'essere piacevole contraddire qualcuno che ti punta una pistola in faccia, e infatti la donna del negozio di ventagli si limita a stringere gli occhi. «Mei Ling.»

«Come conoscevi Dan?»

«Grazie a Martha.»

Quel nome è un pugno nello stomaco. Ma certo, Martha!

Abbasso la pistola.

Mei Ling annuisce e, anche se non lo mostra chiaramente, sento che è sollevata.

«Te l'ho già detto, siamo dalla stessa parte.» Poi alza una mano. «Vuoi le prove? Non posso dartele, ti devi fidare di me, perché non c'è tempo. Ava e Alberto ti hanno ingannato. Ti hanno riportato in questo laboratorio per consegnarti agli scienziati, gli stessi che hanno fatto i primi i test su te e Dan cercando la Cura.»

Vorrei urlare. Mi sembra di vivere cambiando continuamente posto. Prima dovevo fingermi Dan per non dare nell'occhio, da ragazza a ragazzo in un battito di ciglia. Poi ho visto Ava con Albe e ho creduto alla loro storia... a quanto pare non era altro che una delle tante storie in cui sto vivendo.

«E che differenza c'è tra te e questi scienziati?»

La voce vellutata di Mei Ling diventa dura e tagliente: «Non hai capito? Loro ti useranno per trovare la Cura a ogni costo... chiaro? Esattamente quello che Dan non voleva. Lui sapeva che rischiavi la vita e io... voglio trovare il modo per arrivare alla Cura senza farti del male. O ciò che è successo a Dan sarà stato inutile.»

Quando nomina mio fratello, noto che le passa un lampo negli occhi. Chissà cosa provava davvero per lui.

La ragazza si rimette la mascherina con un gesto svelto. «Tuo fratello è morto per salvarti e per un pelo ti ho trovata prima che Ada e Alberto ti consegnassero, ma tra poco saranno qui. Ora dobbiamo andare.»

Non è il suo discorso, o il nome di Martha, ad avermi convinto. È quello scintillio nei suoi occhi. È Dan.

«Andare dove, stavolta?»

Lo chiedo piano.

Mei Ling fa alcuni passi. «Dan mi parlò di una mappa, era inizio gennaio se non sbaglio... dovrebbe averlo detto anche a te.»

Sussulto. La mappa! Era il 6 gennaio, ho scolpito quel giorno nella memoria. Dan mi disse che era importante, che dovevo memorizzarla, ma poi le cose sono precipitate e ricordo che se la infilò nella tasca della giacca...

«Be', l'ho trovata. C'è segnata una zona segreta del porto. Lì c'è una nave nascosta, ci porterà in un luogo sicuro. Dove potrò cercare la Cura senza rischiare di ammazzarti.»

Fantastico, penso ma mi limito ad annuire. Ho un vago gusto di metallo in bocca.

«Quale posto sicuro?»

Lei si mette le mani sui fianchi. «Oudeschild, è a Texel, lì producono la merce migliore e possiamo agire indisturbati, ci sono diversi laboratori.»

Cazzo! Lo stesso posto che aveva scovato Albe, quello della foto che stava nel bugigattolo dell'Olandese... da non credere.

«Come usciamo di qui?» dico stringendo i denti.

Lei sorride in modo felino: «Dovresti avere un numero che ti ha dato il Plato.»

L'avevo quasi dimenticato! Mi torna anche in mente la mini SIM, con lo stesso numero. La estraggo dalla tasca. Per fortuna è rimasta qui da quando è spuntata da quella cartina di caramella aperta di fretta da Alberto.

«L'Olandese e il Plato sono ancora vivi?» chiedo.

«Eccome. E ci copriranno le spalle.»

Deglutisco. Ok, devo decidere. E sperare che sia la volta buona.

Infilo la SIM nel vecchio telefono e compongo il numero.

Intanto Mei Ling mi fa cenno col mento. «Spero che tu abbia ancora parecchie caramelle. E parecchi proiettili perché ci serviranno.»

***

E ORA?

Che cosa succederà?

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