Io sono Nadia. Sono Nadia. Nadia.
Non so se continuo a ripeterlo davvero o succede soltanto nella mia testa. Di sicuro l'ho detto. Finalmente.
Cazzo, che liberazione!
«Ascoltami, ora non abbiamo tempo» dice Ava. «Dobbiamo andare verso l'uscita. Dobbiamo trovare i Nostri. Dobbiamo...»
Qualcosa scatta nella mia testa e, ancora più veloce, la mia mano scatta verso Ava. Le prendo la semiautomatica e con una spallata la confondo.
Mi allontano di corsa.
Ava mi urla qualcosa. Chissà cosa. In realtà non m'importa.
Il corridoio è illuminato a intermittenza da una fila di neon ronzanti. Corro da una chiazza di luce bianca all'altra, seguendo l'eco dei tacchi che si mischia al suono dei miei stessi passi sul pavimento gommato da ospedale.
Destra. Sinistra. Ancora destra.
Questi dannati corridoi sono tutti uguali.
Il rumore dei tacchi si fa più lontano.
Accelero e sento tutto il peso della pistola che stringo in mano.
Un muro bianco, scrostato. Cazzo! Un ultimo neon scheggiato che tremola sopra la mia testa.
Corridoio sbagliato. Vicolo cieco. Game over.
Mi piego in avanti, mani sulle ginocchia. La pistola mi scivola dalle dita, finisce da qualche parte sul pavimento.
Annaspo e il dolore al fianco mi ricorda che non mi alleno da troppo tempo. Intanto il cuore sta per esplodermi. Lo sento pompare nelle vene la merda blu che mi ha iniettato quella stronza.
Dov'è andata? Non posso averla persa. Li ho sentiti fino a poco fa, i suoi tacchi...
Mi cedono le gambe e mi ritrovo ad ansimare per terra, con le spalle contro il pavimento.
Ecco dove è andata!
C'è una botola sul soffitto.
Recupero la pistola e mi alzo, o almeno ci provo. Le mie ginocchia non sono troppo d'accordo. Comincio a vederci male. Forse mi sta andando in pappa il cervello, proprio come Albe...
Albe!
Infilo una mano nella tasca interna della felpa, in cerca della scorta d'emergenza. Devo averne ancora un paio. Ne tengo sempre un paio. Ci devono essere!
«Bingo» biascico.
Il silenzio del corridoio si riempie dello scricchiolio della carta delle caramelle fra le mie dita.
***
«Ti consiglio di avere una buona spiegazione per tutto questo fottuto casino.»
Il mio arrivo è stato silenzioso, certo, io non porto i tacchi durante un'apocalisse. E la mia voce echeggia vagamente.
La ragazza si volta a guardare prima me e poi la semiautomatica che le punto contro.
Non sembra stupita. E nemmeno spaventata. Ha l'aria annoiata di un gatto disturbato dallo squittio di un topo.
Una voce nella mia testa sta urlando di premere il grilletto e farla finita, di ficcare una pallottola proprio in mezzo a quegli occhi con troppo mascara.
«Non dovresti sentirti in forma» dice.
La mascherina nasconde le sue labbra, ma so che sta sorridendo.
Senza spostare la pistola di un millimetro, lancio nella sua direzione le cartine luccicanti delle quattro caramelle che ho mandato giù.
«Una dieta equilibrata è fondamentale per la salute» sorrido. «Sono come nuova.»
Non è vero, ovviamente. Il mio fegato è ancora in fiamme per la corsa e non ho idea di quanto cazzo durerà l'effetto degli zuccheri. Ma puntare una pistola contro qualcuno è come giocare a poker: devi essere pronto a bluffare e rilanciare, sperando che le carte dell'altro facciano più schifo delle tue.
«Lo vedo, anche se...»
La voce della ragazza si ferma a metà frase. Mi squadra con attenzione.
Ora ha capito ciò che le ho appena detto: sono come nuova.
«Sei Nadia.»
Annuisco.
«E tu sei morta, se non mi dici subito come mi conosci, perché mi cerchi e cosa cazzo sta succedendo.»
La ragazza fa un passo verso di me. «Sono domande poco importanti, ormai» dice. «Considerato che era in questo preciso laboratorio che dovevo riportarti. E ora sei qui.»
Fantastico. Stringo più forte la presa sulla pistola. Stai a vedere che dovevo dare retta ad Ava e andarmene.
«Perché "riportarmi"?» chiedo. «Io qui non ci sono mai stata.»
La sguardo della ragazza è impassibile.
«Ne sei sicura?» risponde. «Guardati attorno.»
È un trucco per distrarmi.
Lo so. Lo so benissimo.
Eppure...
Faccio un passo indietro, solo uno, per vedere meglio il laboratorio.
I muri sono grigi. La luce è azzurrina. Le apparecchiature che riempiono la stanza sono un insieme di centraline, schermi, cavi e tubi.
Solo ora mi rendo conto che tutte sembrano collegate a una serie di alti cilindri. Assomigliano a cabine disposte in file. Di vetro, con chiusure in metallo. Il metallo è lucido. Il vetro è opaco.
E freddo come il ghiaccio.
Per un attimo mi manca il respiro. Con uno sforzo enorme tengo lo sguardo fermo sulla ragazza dagli occhi neri.
Il mio cuore va a mille.
La mia testa pure.
Come cazzo faccio a sapere che il vetro di quei cilindri è ghiacciato? Perché so perfettamente di averlo sentito sotto le dita, proprio come adesso sento il calcio ruvido della pistola?
«Stai ricordando?»
La voce della ragazza del negozio di ventagli mi arriva distante. Ovattata.
Tengo la semiautomatica tesa davanti a me.
Contro di lei.
Ma non sto più guardando i suoi occhi, né la mascherina che le copre la bocca.
***
E ORA?
Perché Nadia si ricorda di quei cilindri?
Che cosa contengono? E che cosa conteneva la 404?
In quali circostanze si sono conosciute Nadia e la donna con la mascherina?
Che fine ha fatto la SIM?
Cos'è successo davvero a Dan?
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404 NOT FOUND
Action"Come si arriva a stare sul filo? Com'è che ci si ritrova sopra senza nemmeno sapere di esserci mai saliti?" Rispondi. Hai 24 ore di tempo. Sì, proprio tu che stai leggendo: rispondi! COME FUNZIONA Partendo dal primo capitolo scritto da Guido Sgard...