7. ERINNERUNGEN

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"Credo proprio che tu abbia una storia da raccontarmi"

E Brian raccontava. "Fuori da qui ero un imprenditore, sai, una piccola impresa di famiglia che però fruttava abbastanza bene. Avevo una bella casa in cui vivevo da solo, un buon conto in banca, pochi e fedeli amici", tacque brevemente, sorridendo all'immagine della sua vita precedente, sfaldatasi sotto il peso del suo sangue giudeo, "Non avevo l'amore, era l'unica cosa che mi mancava, ma a modo mio ero felice. O almeno, credevo di esserlo" si corresse, scuotendo con dolcezza la testa, pieno di indulgenza per quel se stesso più giovane e ingenuo.

"E poi?" incalzò Paul, ansioso di arrivare alla parte più importante della storia.

"Poi è arrivato John Lennon".

Paul si trattenne dal porre ulteriori domande, almeno finché i due medici che erano venuti loro incontro non ebbero caricato Ringo su una barella malmessa. Così, mentre Brian si occupava di spiegare il motivo per cui erano lì Paul si dedicò a un attento studio del suo volto.

Il suo lavoro gli aveva insegnato, fra le altre cose, a tracciare un'analisi completa della gestualità e del linguaggio del corpo del soggetto interessato, ma non fu difficile scorgere il timido sorriso che aveva illuminato il viso di Brian quando si era trovato a dover spiegare al personale medico chi li avesse mandati fin lì, così come percepire l'improvvisa dolcezza della sua voce nel pronunciare il nome del maggiore.

"Tornate a lavoro voi" li interruppe una paffuta infermiera di mezz'età, puntando i pugni grassocci sui fianchi larghi e dissimulando un evidente disgusto.

Perché tu invece sei un bel vedere.

Paul si riscosse dai propri pensieri, e trascinò via Brian, borbottando qualche scusa di circostanza nei confronti della donna.

"Continua" lo esortò, appena fuori dall'infermeria.

"Dov'ero arrivato? Ah, sì" mormorò Brian, con una voce così stanca e malinconica che Paul si sentì quasi in colpa.

Non avrebbe mai voluto provocargli un qualche tipo di dolore -ne avevano già abbastanza, d'altronde- ma sentiva una disperata e bruciante necessità di conoscere quella che si prospettava essere una bella storia, di quelle vere, di quelle che vale la pena ascoltare.

E poi, era anche la storia di John.

"Conobbi John Lennon in un tetro pomeriggio di settembre, al Volkspark Friedrichshain. Nonostante la brutta giornata avevo sentito la necessità di allontanarmi per un po' dagli affari e stare da solo.

Faceva freddo, e il parco era quasi deserto, ma la cosa non mi dispiaceva più di tanto.

Il silenzio mi era sempre piaciuto, così come la solitudine, per cui mi irritò molto sentire delle urla turbare la pace che mi ero faticosamente ritagliato.

Senza neanche rendermene conto iniziai a seguire quella voce, curioso di scoprire cosa stesse succedendo. Mi trovai in breve di fronte alla Märchenbrunnen, ad osservare l'accesa discussione fra una donna e un artista di strada.

Il ragazzo sorrideva, e si appoggiava al cavalletto con fare annoiato, mentre la donna continuava a urlargli contro e a sventolare un foglio di carta sotto il suo naso.

Non ci misi molto a capire il motivo di quella piccola lite: la donna aveva commissionato al ragazzo un ritratto, e non era per niente contenta del risultato. Così poco, in effetti, che si rifiutava di pagarlo. Lui intanto rideva, aggiustandosi il berretto sui capelli scompigliati.

Sembrava un ragazzino di strada, di quelli che si descrivono nei libri: un Tom Sawyer un po' cresciuto, così come lo avevo sempre immaginato.

Mi colpì subito.

𝐒𝐌𝐎𝐊𝐄 𝐁𝐄𝐍𝐄𝐀𝐓𝐇 𝐀 𝐒𝐈𝐋𝐄𝐍𝐓 𝐁𝐋𝐔𝐄 𝐒𝐊𝐘 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora