Quando Paul aprì gli occhi, l'unica cosa che riuscì a provare fu un forte senso di incompiutezza.
Sentiva le proprie ossa farsi di vetro, i nervi di spago: un totale senso di irrealtà, la dolorosa astrazione che appartiene, lo avrebbe imparato col tempo, unicamente a ciò che è fatto a brani.Esitò a muoversi, quasi temendo che il movimento avrebbe portato con sé altre dolorose rivelazioni, come un braccio grezzamente mozzato o una gamba divelta dal tronco.
Eppure, si sentiva anatomicamente intonso, pervaso fino ai polpastrelli da un cocente dolore che non lasciava adito a dimenticanze; era intero, semplicemente incompleto.Il petto straziato da una metaforica, inguaribile ferita, un canyon sul vuoto, senza altre consolazioni che echi di voci lontane.
Voci che Paul aveva amato, che avevano accarezzato le sue orecchie e solleticato il suo cervello. Voci che erano state interlocutrici, che aveva sentito ridere e urlare, supplicare e inorgoglirsi migliaia di volte, in quella che sembrava un'altra vita.
Ora invece, ora che quelle voci erano diventati echi nella sua coscienza, Paul comprese d'improvviso l'immensa portata della propria solitudine.L'unico legame che gli rimaneva, suo fratello, avrebbe cercato invano il suo nome fra le carte del campo, al termine della guerra, e si sarebbe rassegnato a piangere su una tomba vuota.
La ferita sul suo petto si aprì ulteriormente al pensiero di morire solo, d'una morte illacrimata, senza neanche la speranza di poter tornare, cadavere, a casa, fra le braccia di Mike.
Ringraziò perché Richie era morto, e non poteva vedere quanto oltre l'inferno si fosse spinto, nel giro di poche ore, quanto avesse già rosicchiato del suo cuore e quando corrotti già fossero i suoi pensieri e i suoi sentimenti.
Sono solo al mondo, pensò, e si lasciò sfuggire un unico singhiozzo.
"Ti sei svegliato" constatò qualcuno, alle sue spalle.
Paul rimase immobile sul materasso, senza accennare un movimento.
Percepì un lieve sfregare di sedia sul pavimento, mentre John Lennon si alzava in piedi.Si chiese da quanto tempo fosse lì.
"Alla tua destra c'è il bagno. Ho dato ordine di farti preparare la vasca. Discuteremo delle tue responsabilità più avanti" gli sentì dire.
Poi, il rumore di una porta accostata, e di nuovo silenzio.Paul si rigirò nel letto, indeciso, fino a fissare gli occhi sul soffitto.
Si trovava in un letto (probabilmente quello di John Lennon, ma decise di soprassedere) dopo mesi passati a dormire su assi di legno e paglia sporca, o peggio, raggomitolato nel nascondiglio.
Il materasso su cui era steso era soffice, e il soffitto stranamente affrescato, e il complesso gli appariva totalmente innaturale.Quello non era il suo posto, pensò, non più, non dopo aver conosciuto Auschwitz.
Ricordava di averlo detto a Richie, in una notte di primavera, la notte in cui tutto era cambiato e il suo mondo era stato rivoltato come un vecchio calzino, ricordava le esatte parole: Credi davvero che ci riuscirei? Che non mi sveglierei ogni mattina con il terrore di vedere il tetto di una baracca sopra di me? Non saremo mai più normali, Richie.
Questo, aveva detto, e il tempo gli dava finalmente e malauguratamente ragione: non gli sarebbe più riuscito di abituarsi alla normalità.
Si alzò in piedi, barcollando sulle gambe sottili, e riuscì a raggiungere la porta del bagno poggiandosi alle pareti.
Si prese qualche secondo per respirare affannosamente, l'aria che bruciava i polmoni come acido, poi aprì la porta.
Il bagno era ampio e pulito, di un bianco accecante, pervaso da vapori che gli diedero il capogiro e una lieve sensazione di soffocamento.
"Cristo" sbottò, massaggiandosi le tempie con indice e medio.
Si sfilò stancamente i vestiti, immergendosi nella vasca con lentezza, assaporando la piacevole sensazione dell'acqua che gli carezzava piano la pelle, avvolgendolo in un abbraccio caldo e rassicurante.
Gli sfuggì un sospiro, e si concesse qualche minuto di stasi prima di iniziare a lavarsi.
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𝐒𝐌𝐎𝐊𝐄 𝐁𝐄𝐍𝐄𝐀𝐓𝐇 𝐀 𝐒𝐈𝐋𝐄𝐍𝐓 𝐁𝐋𝐔𝐄 𝐒𝐊𝐘 - mclennon
Fanfiction[mclennon] Da quando era ad Auschwitz aveva visto trentasette cieli bianchi, sessantatré cieli neri e ottantacinque cieli grigi. Era il suo modo per non impazzire, guardare il cielo mutare sopra di lui, e quello era il primo cielo azzurro che avesse...