32. FEST

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L'imperativo che Paul aveva posto a se stesso, e agli altri, era la calma.

Aveva bisogno di tempo per riallineare la propria vita e riportarla, quantomeno, a una certa soglia di tollerabilità, se non alla stabilità assoluta.

Si era sempre immaginato l'esistenza come una lunga strada destinata a perdersi tra le colline che circondavano Berlino, e di cui era difficile scorgere la fine.

Ci sarebbero stati bivi e scelte da prendere, strade più accidentate da percorrere, asfalto e ortiche nella stessa maniera, forse anche qualche graffio oltre alla gloria.

Ma credeva con forza che la vita avrebbe sempre avuto il volto della sua Berlino, di casa sua, e che questo lo avrebbe aiutato a compiere le scelte più giuste.

La fine di quella strada gli piaceva immaginarsela all'interno del lago Müggelsee, lo stesso in cui la sua famiglia trovava riparo nelle più afose giornate estive.

Immaginava le sponde ghiaiose inglobargli i piedi, e si immaginava anziano e ormai stanco.

Immaginava un senso di dolorosa pace, la consapevolezza di essere arrivato, di dover smettere di correre.

Immaginava un silenzio dolcissimo, come quando andava al lago d'inverno e le urla, le voci e le risate si erano ormai spente e tutto ciò che era rimasto era il rumore placido delle onde sulla spiaggia.

Immaginava un secondo battesimo, l'acqua che lo accoglieva come in un ventre materno, il suo corpo che si scioglieva fino a tornare parte del mondo e allo stesso tempo smettere di esistere.

Questo, esattamente questo, era il modo in cui Paul McCartney si era figurato il cammino dell'esistenza.

Ripensandoci adesso, la propria innocente sicurezza lo faceva sorridere, a volte con compassione e a volte con amarezza.

La vita non somigliava alle strade di Berlino.

Non somigliava neanche a una strada, per dirla tutta: era un labirinto fatto di mille porte, che si avvolgeva su se stesso come un serpente addormentato.

E i bivi che lo componevano erano multiformi, spesso ingannevoli.

Non bastava scegliere, non c'era alcuna sicurezza di aver imboccato la strada più giusta, e così il labirinto poteva costringerti a fronteggiare una frana, un qualsiasi sbarramento del passaggio.

Poteva costringerti a tornare indietro e riprovare, testare ogni singola deviazione fino a trovare una via d'uscita.

Poteva riportarti indietro di anni, sbatterti nuovamente tra le braccia di tua madre, o farti invecchiare in pochi passi mentre guardi tuo fratello rosicchiare un tozzo di pane.

Poteva strapparti ciò che amavi, in ogni istante, oppure regalarti amore in una veste nuova.

Poteva soffocare ciò che restava di te e mutare i tuoi sentimenti con un semplice stringersi delle sue spire.

Nel labirinto, la maggior parte delle volte, è necessario scegliere la strada migliore, perché quella giusta rischia di non esistere.

Paul detestava quest'idea perché lo rattristava.

Si conosceva abbastanza bene da sapere che la tristezza era un sentimento pericoloso, per lui.

Gli si abbatteva sulle spalle come una lastra di pietra, come se fosse stato l'Atlante del mito, e gli impediva di respirare.

La tristezza attaccava i suoi muscoli, rendendoli sempre doloranti, e lo logorava pian piano fino a renderlo incapace di alzarsi dal letto.

Dormiva a lungo, quando stava male, perché sembrava l'unico modo di silenziare il mondo che lo circondava, e poi si svegliava nuovamente stanco, in un uroboro senza soluzione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 02, 2021 ⏰

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𝐒𝐌𝐎𝐊𝐄 𝐁𝐄𝐍𝐄𝐀𝐓𝐇 𝐀 𝐒𝐈𝐋𝐄𝐍𝐓 𝐁𝐋𝐔𝐄 𝐒𝐊𝐘 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora