"Lascia che ti spieghi"
E forse Paul lo avrebbe permesso, avrebbe permesso a John di spiegarsi, di spiegare come poteva conoscere l'inconoscibile.
Solo, non lo sentiva.
La sua voce gli arrivava come un inutile rimbombo, un'eco incomprensibile e irrilevante.
Si sforzava di mettere a fuoco le parole, le mani di John che gli sorreggevano il viso, la sensazione di freddo e bagnato dell'unica lacrima che scorreva sul proprio viso.Inutilmente.
Si lasciò portare fino al letto del maggiore, e restò seduto per quelle che gli parvero ore.
La testa continuava a tormentarlo con una fitta tempesta di pensieri, ipotesi, riflessioni, ma le sue labbra restavano serrate.
John sedette accanto a lui, silenzioso, e semplicemente attese.Quando Paul si decise a parlare, il sole era ormai sorto.
"Come lo sapevi?" chiese, atono.
Il maggiore si riscosse, gli occhi resi lucidi e stanchi dal sonno "Una delle mie cinture mancava all'appello. Non la avresti mai presa se non fossi stato certo che, in ogni caso, non avrei potuto vendicarmi su di te. Ho tirato a indovinare" ammise, "Per buona misura ho detto al tuo amico che avrei avuto una cena importante, così che restasse a casa tutto il giorno, a tenerti d'occhio. E avrei continuato a farlo a oltranza, finché quella cintura non fosse tornata nel mio cassetto".
"Richie" sussurrò Paul, addolorato.
E il suo cuore sanguinò, ancora.
"Cosa?"
"Il mio amico" alzò la voce, con più rabbia "Quello che doveva tenermi d'occhio. Quello che hai sfregiato. Quello che hai fatto uccidere. Si chiamava Richard".Non c'era un solo momento in cui Paul riuscisse a smettere di pensare a lui.
Ricordava con chiarezza devastante gli occhi buoni, gli occhi blu e gentili del polacco.Ricordava il suo sorriso, lo spacco sull'incisivo attraverso cui aveva imparato a fischiare.
E ricordava, ricordava perfettamente le cicatrici che ne deturpavano il viso, come vermi biancastri sulla sua carne.
Ogni notte, quando andava a letto, sentiva nel dormiveglia la voce di Richie cantare una nenia polacca, e sentiva la saggina della sua vecchia scopa graffiare il pavimento della sua camera.
Nelle sue nottate peggiori, poi, sentiva la voce di George sovrapporsi a quella del giovane polacco.
E si svegliava urlando.
"Non te lo chiederò un'altra volta" e la sua voce era ferma, mentre lo diceva "Come facevi a saperlo?"
"Ti ho risposto, Paul" sospirò John, coprendosi il viso tra le mani, stanco.
"No, non osare prenderti gioco di me. Ti sto chiedendo come facevi a sapere tutto. Che io ero nascosto lì, che Richie mi aiutava. Tutto" incalzò.
"Ho trovato la finestra aperta, il mio maledetto cuoco che da un giorno all'altro parlava a voce alta e il doppio del cibo che spariva dalla mia dispensa, tu che ne dici?" borbottò John "La finestra, poi! Un errore da dilettanti, come hai fatto a dimenticare di chiuderla? E hai anche il coraggio di chiedermi se sapevo del vostro piccolo teatrino?"
Paul rimase in silenzio, arrossendo lievemente.
"E poi, credevo lo avessi capito" riprese il maggiore, e fu il tono quasi deluso con cui lo disse a far riflettere Paul.
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𝐒𝐌𝐎𝐊𝐄 𝐁𝐄𝐍𝐄𝐀𝐓𝐇 𝐀 𝐒𝐈𝐋𝐄𝐍𝐓 𝐁𝐋𝐔𝐄 𝐒𝐊𝐘 - mclennon
Fiksi Penggemar[mclennon] Da quando era ad Auschwitz aveva visto trentasette cieli bianchi, sessantatré cieli neri e ottantacinque cieli grigi. Era il suo modo per non impazzire, guardare il cielo mutare sopra di lui, e quello era il primo cielo azzurro che avesse...