non dovrebbe farmi male.

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La luce, diavolo, sto pensando a quanto odio la luce.
Tanto credo. Disturba i miei sonni, perchè tutto deve sempre disturbarmi? Penso anche a questo allora. Qualcosa fa rumore, si, ne sono sicura, un martellare di rumoretti fastidiosi e ripetitivi, un piccolo picchio personale che mi distrugge i neuroni nel cervello.

Apro gli occhi e, girandomi verso il comodino sussurro "tre, due, uno..." e parte la sveglia.

7.30.00

7.30.01

Mi alzo e mi stiracchio alla morbida luce della luna che se ne sta andando, scivolando per lasciare l'ambito posto del cielo al sole. Una parte del cielo bramata da entrambi, ma che nessuno dei due può occupare contemporaneamente, facendo sì che questo diventi un ciclo continuo. Però loro non si accorgono, nella loro frivola ingenuità, di occupare lo stesso spazio che, fino a poco tempo prima ospitava l'opposto, dividendo il cielo in due parti differenti, una azzurra con un fuoco rosso, screziata di leggere nuvole bianche, una nera con un fuoco bianco, punteggiata di stelle. Le due parti del cielo che si seguono continuamente, ignare del fatto di essere esattamente nel posto che hanno appena lasciato.

Frugo nell'armadio e alla fine metto la solita felpona di Oliver.
Ancora profuma di lui.
Ancora la lavo con il suo sapone preferito.
Come se gli potesse interessare.
Infilo poi dei jeans comodi grattuggiati sulle ginocchia nel fallito tentativo di imparare ad usare uno skate.
Sbatto distrattamente i piedi in delle scarpe da ginnastica alquanto usurate, come fossero ciabatte.

7:40

Mi faccio una coda alta parecchio spastica, che fa sembrare i miei capelli ancora più osceni del solito. Nonostante la coda parta in cima alla testa mi arriva sotto le scapole e non posso che sorridere nel notare che mi si sono allungati i capelli.

Ah, piccolo promemoria, VAI A RIFARTI QUELLA FOTTUTA TINTA! Lo appunto in testa perchè si nota parecchio. Capelli nero pece e tinta biondo platino.
Che furbata.
Sistemo l'anellino nero al naso e applico quantità industriali di trucco scuro sulle palpebre, anche se so che tra meno di due ore si sarà già sciolto tutto.

Raccolgo la cartella, che non so nemmeno se ho preparato e sinceramente me ne frega un gran poco, ed esco di casa, chiudendo a chiave. Come al solito mia madre non c'è.

Sono tentata di passare a casa di Paige ma di sicuro sarà con Thomas, e non voglio farmi false speranze.
Oliver passava sempre a prendermi la mattina.
Sempre.

"She knows what I think about
and what I think about
One love, two mouths
One love, one house
No shirt, no blouse
Just us, you find out"
La voce di Jesse Rutherford mi riscalda e mi fa deprimere.
Era la nostra canzone.
Prima che tutto andasse all'inferno.
Prima di questa merda.
Prima di quel giorno.

Svolto l'angolo e noto una stradina che porta in un piccolo paco con moltissimi alberi.
Un bosco in miniatura.
Io ed Oli ci venivamo sempre.

-Sai, dovresti smetterla- lo informai con un vago cenno del capo alla sua sigaretta.
Lui aspettò qualche secondo prima di rispondermi, soppesando bene le parole.
-Hai ragione, dovrei- fece un tiro - ma non ne ho ne la volglia ne la forza di farlo- disse buttando fuori il fumo.
-Oli, seriamente, ti stai uccidendo con tutta quella robaccia. Ti prego spegnila.-
-Okay.- la spense davvero e gettò la cicca per terra, pestandola.
Rimase a fissare le foglie del cespuglio di fronte a noi per interi minuti e in quel momento più che in qualsiasi altro avrei voluto sapergli leggere nel pensiero, anche se so che è stato meglio non vagare nella sua testa.
Se solo avessi saputo cosa pensasse allora, credo che adesso sarebbe tutto diverso.
-Oli - chiamai.
-Dimmi.- si voltò verso di me, fissandomi con quei grandi pozzi scuri e profondi, con una certa malinconia.
-Ci pensi mai a com'era prima?-
Non sapevo come diavolo mi era venuta in mente una cosa del genere, ma lui aveva sempre una risposta pronta per tutto, credo che volessi solamente metterlo alla prova.
Oppure mi interessava veramente.
-Prima quando, Leah?- era perplesso.
-Prima di tutto questo- dissi con un gesto teatrale, allungando il braccio e descrivendo un semicerichio - prima di noi- conclusi.
-A volte.- rispose vago.
Odiavo quando la gente era vaga.
Era una cosa che odiavo con tutta me stessa.
Ma non potrò mai odiare lui.
Mai.
Nemmeno dopo quello che mi fece.

La sveglietta dell'orologio mi avverte che mancano cinque minuti e che per una volta sono puntuale.
Attraverso le strisce pedonali, sentendomi un po' come i Beatles.
Anche se sono completamente sola.
E non sono famosa.
Giro lo sguardo e vedo una cosa spiacevole, fottutamente spiacevole per il mio diavolo di cuore rotto e incollato molteplici volte, una cosa che non dovrebbe farmi male ma che lo fa, cazzo se lo fa.

January 15thDove le storie prendono vita. Scoprilo ora