amarezza.

154 17 4
                                    

Leah è così strana.
Si sta limitando a fissarmi ogni tanto e pulisce ininterrottamente, come un robot. Ma si può sapere cosa le ho fatto, o detto? Mi sembra sempre di fare puttanate con lei, ora ride, ora mi guarda come se volesse uccidermi, ora la vedo sorridere con gli occhi opachi, non più di quell'azzurro limpido, come il mare d'inverno.

Ho appena finito di pulire l'ultimo vetro e mi accascio sul divano, seguito da Leah poco dopo che mi ci sono buttato io.
Ha una finezza quasi surreale, come quei piccoli elfi sinuosi dalla carnagione verde e dai capelli corvini delle favole per bambini.
Sì, è decisamente qualcosa di strano e meraviglioso contemporaneamente.
La guardo mentre si china a prendere una sigaretta dalla borsa ai piedi del divano e cerca di accenderla ma i lunghi capelli continuano a caderle sul viso.
Da quando fuma così tanto?
Istintivamente li prendo e li arrotolo attorno al mio polso, mi guarda stupita, e quando ha finito li lascio ricadere sulla sua spalla. Fa qualche tiro e poi allunga la mano per offrirmela, ma rifiuto con un cenno della testa e mi alzo.
Il silenzio nell'aria è fitto come la nebbia. Un silenzio particolare, calmo. Piatto.
Pieno delle parole non dette e dei gesti non compiuti, rimasti lì, a mezz'aria, tra di noi.
Il nostro silenzio.

Sorrido.
La guardo nuovamente.
Indossa ancora la mia maglia, che le sta parecchio grande.
Vado verso il bagno e mi sciacquo la faccia con l'acqua fresca. Mentre raccolgo le mie cose e le metto disordinatamente nello zaino Leah mi raggiunge e non posso fare a meno di pensare a quanto sia bella, anche se si nota che è un po' troppo magra, sotto le mie maglie enormi ancora più del solito.
Si sta consumando, lentamente. Ed io non posso farci nulla.
Solo lui potrebbe.

-Che fai, vai via?- chiede bisbigliando e colgo un briciolo di amarezza nella domanda.
-Si, domani ho lezione e ne ho già saltate abbastanza per questo mese, é stato un weekend davvero bello, ora vado-
E per non sembrare troppo sdolcinato aggiungo - Ah, le promesse non le dimentico io.-
Le schiocco un bacio sulla guancia ed esco chiudendo la porta dietro di me.

L'aria è fredda e brucia entrando nei polmoni, facendomi tossire. Novembre del cazzo.

Una moltitudine di foglie svolazzano e con un leggero brivido mi stringo le braccia al corpo, infilando le mani in tasca. È bello questo clima, nonostante tutto, fa venire voglia di abbracci.
Da quando sono così emotivo?

-Io non ci credo, sai?- esclamò lei ridacchiando e voltandosi verso di me.
-Beh, non ti sto certo obbligando. Ma ti giuro che sono assolutamente serio. Parola di scout!- mi feci la croce sul cuore con le dita per ampliare l'effetto tragedia greca.
Scoppiammo poi a ridere entrambi, fino alle lacrime.
-Aspetta, aiuto, devo respirare...- si alzò barcollando e ridendo ancora ogni tanto. Cercò di fare il giro del letto della sua camera usando la scrivania come appoggio, fallendo miseramente e riiniziando a ridere.
Mi fece troppa pena e decisi di aiutarla, cosí la presi per il polso e la feci sedere sul letto.
-Va tutto bene?- le chiesi inginocchiandomi di fronte a lei e fissandola in quei piccoli cerchi di cielo che aveva al posto degli occhi.
-Ora sì...- disse con un solo flebile respiro.
Quel respiro prima delle sue labbra su di me.

Mi ridesto e passo velocemente davanti alla scuola, vuota e sola, deserta quasi, senza forme di vita, sembra un altro posto abbandonato dalla vivacità degli alunni che gli aggiungono colore e allegria. È una cosa tetra, inquietante.

Cammino per un altro isolato e svolto l'angolo. Riconosco il portoncino a me familiare.
Casa.

January 15thDove le storie prendono vita. Scoprilo ora