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| DISCLAIMER |
Non sono una scrittrice, né pretendo di esserlo, scrivo per pura e genuina passione. Tutto ciò che ho qui riportato è solo frutto della mia immaginazione, quindi si presenteranno anche scene probabilmente surreali.
La storia presenta degli errori, appena finirò di scriverla ci sarà una totale revisione di ciò.
Vi chiedo quindi di non criticare in maniera aggressiva, grazie e buona lettura.

Atena.

Mentre sbrigo le pratiche che il mio amato capo mi continua, ogni mezz'ora, a far recapitare sul mio tavolo sento vibrare il mio telefono.

Segno che è arrivato un messaggio.

Sblocco lo schermo e già che ci sono, come sempre, guardo l'ora 19:21.

Cristo, è tardissimo e il mio turno sarebbe dovuto finire già ventuno minuti fa.

Non guardo il messaggio, lo guarderò dopo

Ora il mio unico pensiero è di tornare a casa e di concedermi un bagno di 2 ore.

Finisco rapidamente di dividere i fascicoli per ambito, scrivo la data di quando sono stati recapitati e li pongo ai lati della scrivania.

Domani devo farlo venire assolutamente a prendere o non avrò neppure lo spazio per la mia agenda.

Prendo il cappotto e la borsa, o almeno ci provo, l'ho conficcata sotto la scrivania.

Dannato vizio del disordine.

Mentre sono piegata sento il rumore di alcuni passi venire verso di me, dalla cadenza di essi capisco subito di chi si tratta: Jonas.

Cerco di fare il più rapido possibile: odio doverci parlare, ogni minuto che passa aumenta il disagio e lui si fa sempre più gelido miei confronti, insopportabile insomma.

"Signorina Atena." La sua voce mi arriva prepotente all'orecchio, mi fermo sul posto, pur sapendo che mi avrebbe raggiunto mi ha preso alla sprovvista.

Dio, che nervi quando mi chiama "signorina".

Alzo gli occhi al cielo, sicura che non mi può vedere visto che sono ancora chinata a prendere la borsa.

Una volta presa, mi rialzo, sistemandomi il tailleur e lo guardo dritto negli occhi.

"Mi dica"

"C'è il suo amico che la sta aspettando, così mi hanno riferito da sotto, visto che tu non rispondevi l'ho dovuto fare io." Risponde, non staccando lo sguardo dai miei occhi.

Che noto leggermente infastiditi, o forse sono io che mi faccio film mentali.

Come sempre.

O semplicemente lo sono perché non ho risposto al telefono e non perché sa che c'è un mio amicO che mi sta aspettando.

"Penso si siano sbagliate, non ho nessuno amico che mi venga a prendere quest'ora, ho Molly di sotto."

"Molly?" Mi chiede quasi incuriosito.

"Lunga storia." Spiego facendo un gesto con la mano in segno di lasciar perdere.

"Comunque no, non misto sbagliando, di Atena Foster in questa azienda abbiamo solo lei, non c'è rischio."

Sto per alzare gli occhi al cielo per avermi fatto notare nuovamente la stranezza del mio nome, ma mi freno, so che dopo inizieremmo a discutere e io voglio solo tornare a casa, sono sfinita.

"Va bene allora, io me ne sto andando, ho finito il turno già più di venti minuti fa."

Si gira per guardare l'orologio e mi conferma con un cenno del capo.

"Va bene." Dice.

Finisco di sistemare le mie cose, indosso il cappotto e cerco nella borsa le chiavi della borsa pensando a chi mi stia aspettando.

Forse intendevano una amica, probabilmente Cara.

O spero, sennò non c'è soluzione, di amici maschi ho solo alcuni del mio gruppo, ma non ho mai legato con nessuno, quindi non vedo possibilità alcuna.

Trovate le chiavi finalmente posso raggiungere l'ascensore.

"Aspetti un attimo." Sento dirmi.

Una ferma presa, mi prende il braccio.

Mi volto e scorgo Jonas.

Dio, appena ha lasciato la presa quel lembo di pelle sembra prendere fuoco.

Arrossisco alzando lo sguardo, disorientata da ciò che sto provando.

Non avevo più avuto un contatto fisico con lui da Los Angeles e di tempo ne è passato.

"Sì? Ho dimenticato qualcosa, giusto?" Chiedo imbarazzata, insicura se guardarlo o meno negli occhi.

Così noterà il mio rossore.

Si ma se non lo farai invece sembrerai una bambina che ha paura della sgridata dei genitori.

"Ha dimenticato il telefono sopra la sua scrivania."

Strano, ma non mi dire.

Dio, persone distratte come me non ne ho mai conosciute.

Forse perché non ne esistono.

Me lo porge e io subito lo prendo.

"Ah, grazie mille."

Smettila di arrossire! Ti ha solo dato il tuo benedetto telefono che, imbranata come sei, hai dimenticato.

È più forte di me, non decido io se arrossire o meno, tanto meno di smettere!

"Un'ultima cosa."

Dice, continuando a guardarmi negli occhi.

Si avvicina pericolosamente al mio viso, per poi abbassarsi al mio orecchio.

"Stai attenta, per favore." Mi sussurra e dio, giuro che il mio cuore ha perso un battito.

Sorrido leggermente, voglio fare il suo stesso gioco ora, sa come mi manda in palla e lo usa contro di me.

Oggi no, tesoro.

Non so neppure io con quale audacia mi alzo sulle mezze punte e gli sussurro all'orecchio.

"Solo per te."

Per poi guardarlo negli occhi e salutarlo.

"Buonanotte Richardson." Gli sorrido per poi prendere l'ascensore che già da una manciata di minuti mi aspettava.

Per Dio, è tutto ciò che mi ripeto in loop.

Entrata devo tirare un paio di sospiri per calmarmi.

Gesù, cosa ho appena combinato, voglio seppellirmi viva.

Dio, è il mio cazzo di capo, non il ragazzino del liceo.

Mi metto le mani nei capelli completamente sconvolti, mi tasto il volto che va a fuoco.

Che razza di disastro sono, lui mi ha pure vista così e io ho avuto la faccia tosta di dirgli certe cose.

Calmati, non gli hai proposto del sesso nella tua macchina.

Se ne avessi avuto la possibilità e fossi stata ubriaca, eccome lo avrei fatto.

Dio, riprenditi, calma questi ormoni!

Prendo il telefono per vedere come sono messa: ah, mi serve una doccia o un bagno assolutamente.

Arrivata al piano terra sblocco il telefono, devo ancora vedere il messaggio.

Strano gli occhi appena leggo il mittente.

Non avevamo più avuto nessun contatto, insomma pensavo ognuno per la sua strada, anche se ho sempre voluto conoscerlo.

Aleksander:
Ciao, sono venute a providence per sbrigare delle commissioni e ho pensato di incontrarti. Ti aspetto all'uscita, se hai altro da fare almeno ti posso salutare prima di ripartire.

Finisco di leggere il messaggio che me lo ritrovo davanti, bello come non mai.

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