| DISCLAIMER |
Non sono una scrittrice, né pretendo di esserlo, scrivo per pura e genuina passione. Tutto ciò che ho qui riportato è solo frutto della mia immaginazione, quindi si presenteranno anche scene probabilmente surreali.
La storia presenta degli errori, appena finirò di scriverla ci sarà una totale revisione di ciò.
Vi chiedo quindi di non criticare in maniera aggressiva, grazie e buona lettura.Atena.
Alzo il viso, leggermente arrosato, e guardo Jonas dritto negli occhi, noto che sono leggermente lucidi ed in questo modo il loro colore, reso più scuro a causa delle luci del locale leggermente soffuse, diviene molto più inteso.
Ipnotizzante, oserei dire, o forse sono semplicemente io che vengo continuamente ammaliata dalle sue sfumature.
Ehm sì, direi di sì.
Cerco di riprendermi senza dare nell'occhio, per salvare anche un minimo quel briciolo di dignità rimasta.
"Ah ciao, Jonas."
Mi ridesto subito, rendendomi conto della gaffe colossale appena fatta.Schiarisco la voce e mi correggo. "Cioè volevo dire, buonasera."
Mi scruta per vari secondi, analisi che io ricambio.
Noto che a fianco a lui c'è una donna, e che donna.Una donna sulla quarantina, credo, con dei lunghi capelli color mogano, occhi ambrati mozzafiato ed un lungo vestito nero che le evidenzia le curve proporzionate al fisico; sta abbracciando il braccio del mio odiato capo.
"La vedo in buona compagnia questa sera, sbaglio?"
La sua voce profonda mi ridesta dal controllo che stavo facendo alla sua accompagnatrice.Che è bellissima, oggettivamente, però mi sta irritando e non poco il suo sguardo critico puntato su di me.
Forse perché la stai fissando in modo non proprio educato?
"Ehm già...
Anche lei, no?"
Chiedo un po' titubante, magari è la compagna e sto facendo una figura di merda assurda.Probabile, ma ormai amen.
"Certo. Mirea lei è la mia segretaria e traduttrice Atena, lavora per me da un po' ormai."
Mi presenta all'accompagnatrice, guardandomi insistentemente.Basta oh, mi metti ansia, lasciami stare.
"Esatto, piacere."
Rispondo io alzandomi e porgendole la mano, cercando di fare un sorriso non troppo forzato."Mirea, piacere mio."
Mi stringe la mano, senza ricambiare il sorriso e tanto meno senza rivelarmi la sua identità, o meglio, il suo ruolo della vita di Jonas.Fatti i cazzi tuoi.
Ci provo eh, ma non è mai stato il mio forte non impicciarmi pff.
Jonas poi, senza degnare minimamente Aleksander,
mi saluta con un flebile gesto della testa e si dirige verso un tavolo piuttosto distante dal nostro.Sospiro e solo ora mi rendo conto del fiato che stavo trattenendo.
O mio Dio, ma cosa mi prende?
Lo vedo tutti i dannati giorni, devo un minimo placare i miei bollenti spiriti soprattutto per come mi fa provare.
Insomma dai, dovrei solo odiarlo, no?
"Non penso di stargli più di tanto simpatico."
Mi dice sorridendomi il russo seduto di fronte a me."Nah, figurati. Ha solo un carattere mh... particolare, definiamolo così."
Rido leggermente, giusto per smorzare la sua "angoscia".
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Dal primo istante.
RomanceJonas Richardson, un arrogante e prepotente imprenditore, capo di un'importante multinazionali statunitense è nei guai: contemporaneamente il suo assistente e il suo traduttore lo hanno abbandonato dando le dimissioni, esattamente pochi giorni prima...