| DISCLAIMER |
Non sono una scrittrice, né pretendo di esserlo, scrivo per pura e genuina passione. Tutto ciò che ho qui riportato è solo frutto della mia immaginazione, quindi si presenteranno anche scene probabilmente surreali.
La storia presenta degli errori, appena finirò di scriverla ci sarà una totale revisione di ciò.
Vi chiedo quindi di non criticare in maniera aggressiva, grazie e buona lettura.Atena.
Dopo soli pochi minuti finalmente arrivo al piano che mi hanno indicato quelle arpie con i capelli biondo barbie.
Tinte tra l'altro, e tinte addirittura male.
Appena si aprono le porte dell'ascensore do una veloce occhiata fuori e mi rendo conto di essere finita in un immenso labirinto.
Resto abbastanza meravigliata quando davanti a me si stagliano una ventina di porte in legno di noce con pareti in vetro, porte di relativi uffici, credo.
Che ansia, penso.
Possono notare ogni mio minimo movimento.
Dopo aver dato una veloce occhiata al piano, mi indirizzo nemmeno io so dove.
Vago per il piano per una decina di minuti, sono veramente ammaliata da tutto ciò.
Percorro il lungo corridoio da cui si affacciano le porte degli uffici, sono due file, con una centrale alla fine.
Noto che in ogni porta c'è su scritto il cognome della persona che ci lavora e il lavoro che svolge in questa imponente multinazionale.Percorro con lo sguardo anche l'ultima porta del piano.
"Foster.
Traduttrice e assistente personale."
Ah.
E questo dovrebbe essere il mio ufficio?Con mani sudate, sia per l'ansia che per l'eccitazione che mi è salita al pensiero di avere uno studio tutto mio, apro titubante la porta.
Alzo lo sguardo e rimango senza fiato.
Davanti a me, seduto dietro la mia presupposta scrivania si trova proprio Jonas Richardson.
Dio, è bellissimo.
Mi squadra da capo a piedi, analizzando ogni mio minimo lembo di pelle, anche se coperto da vestiti.
Sento subito l'ansia attanagliarmi lo stomaco, come una dannata morsa.
Mi si secca la gola e sento un nodo che si sta formando, impedendomi di parlare.
Ho bisogno di aria."S-salve." Balbetto sottovoce.
"Mi scusi infinitamente per il mio ritardo. C'è stato un problema a casa e non portivs Mol-" Cerco di , senza nemmeno respirare.
"Si rende conto dei danni che mi poteva recare? Sono le 9:26, tra esattamente quattro minuti alla porta del mio studio busseranno businessman norvegesi di cui io non capisco nemmeno l'alfabeto, è lei si stava permettendo di venire a mancare? Addirittura il suo primo giorno di lavoro in un'impresa come questa?" Mi tuona contro.
"Almeno mi faccia finire di spiegare!" Dico, va bene che sei il mio capo bello, ma abbassa i toni.
"Non mi importa nulla di ciò che le è successo, può anche esserle morta la madre ma lei questa mattina doveva essere qui alle 9:00, come prestabilito dal contratto.
Non mi frega niente delle sue questioni private, qui dentro si lavora, qui dentro non ci sono questioni che reggano, qui dentro lei è semplicemente un numero."Sono del tutto esterrefatta dalle parole appena pronunciate dal mio superiore.
Lei è semplicemente un numero.
"Ma si sente? Sta veramente esagerando, mi si è rotta la macchina, non avevo nessuno che mi potesse accompagnare, alla metro c'è stato un incidente e ho dovuto correre per un quarto d'ora per salvare il salvabile. Venuta qui mi devo anche subire delle acide arpie e ora anche le sue frustrazioni da impresario stressato?" Rispondo, sono ormai del tutto acciecata dalla rabbia che provo verso quest'uomo, o meglio, verso le sue acide parole, ricche di cattiveria gratuita.
Ma come si permette?
Vedo che allarga gli occhi a questa mia
ribattuta, non si aspettava che al posto di subire passivamente le sue parole velenose, io rispondessi."Non si permetta mai più di parlarmi in questo modo, né di fare un altro ritardo. La volta prossima volta è fuori. Si inizi anche ad abituare all'ambiente, la mia azienda non ha tempo da perdere con matricole permalose."
"Non ci sarà una volta prossima, non si preoccupi, me ne vado ora, le tolgo subito questa fatica."
Esco sbattendo la porta, creando un forte rumore, quasi da ammutolirmi l'astio che si è appena creato verso la persona con cui ho finito di interagire pochi secondi fa.Senza guardarmi indietro, con passo felpato, arrivo all'ascensore. Premo il tasto per chiamarla e, stranamente, arriva subito.
Quando si aprono le porte noto di non essere sola, ma la persona al suo interno non sembra volere intraprendere una conversazione con me, meglio per me.
Mentre scendo penso alla mie ultime azioni.
Probabilmente, anzi no, senza dubbio sto facendo la cazzata più grande di questo mondo, buttando ai cani un'opportunità così grande, che non mi ricapiterà mai più, ma il rispetto della mia dignità e della mia persona viene prima di tutto, non sono un fottututo numero, sono una persona e merito di essere trattata come tale.
E lui potrà anche essere il capo di un impero come la Richardson Company, ma nessun capo di una multinazionale che tenga deve permettersi di mettermi i piedi in testa e distruggere il mio sogno.
Nessuno.
Di poche cose sono sicura, ma so per certo che rispetto e la dignità di noi stessi sono le uniche certezze sulla nostra persona che vanno difese da tutto ciò di esterno che vuole annullarcele, distruggerle.
Tiro un lungo sospiro ricco di profondo sconforto, non ne vale la pena.
Guardo il telefono come a cercare di interrompere i miei pensieri.
Subito capisco di aver appena fatto dello stupido moralismo e che scenate del genere da parte di dirigente superiori ai loro dipendenti sono pane quotidiano in questo ambito lavorativo, cos'è che avvengono tutti i giorni, continuamente.
Certo, avrebbe potuto essere più umano, ma io mi sono appena fatta scappare l'occasione della mia vita, che non mi ricapiterà più, solo per orgoglio ferito.
Ottimo come sempre, Atena.
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Dal primo istante.
RomantizmJonas Richardson, un arrogante e prepotente imprenditore, capo di un'importante multinazionali statunitense è nei guai: contemporaneamente il suo assistente e il suo traduttore lo hanno abbandonato dando le dimissioni, esattamente pochi giorni prima...