67° capitolo: (seconda parte) Vorrei tanto tornare indietro

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Restiamo qui, fino all'alba con in tasca la felicità.
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ANGELICA:

Alex si avvicinó a me accarenzandomi la schiena, era evidentemente preoccupato e nervoso. Anche se non sembrava, lui teneva ad Annalisa e soffriva come noi, del resto erano più amici di quanto volessero far vedere. Cercava un modo per confortarmi, sapeva benissimo cosa stessi provando in quel momento e lui in maniera discreta mi stava vicino infondendomi coraggio. Quel ragazzo freddo come il ghiaccio, poco alla volta si stava sciogliendo facendomi scoprire lati di lui così caldi e inaspettati che mai mi sarei sognata di trovare.

«È in coma farmacologico, quindi?» chiese il mio ragazzo serrando forte la mascella. Non sapevo cosa volesse significare, ero tentata a chiedere, ma detestavo essere l'unica ignorante in quella stanza e soprattutto non ero tanto sicura di voler sapere la risposta.

«Sì, esatto.» rispose il signor Ferrari al posto della moglie che in quel momento sembrava essere in un altro mondo. Come volevasi dimostrare Alex sapeva molte cose in campo medico al contrario mio. Mi sentivo una grande stupida, tutti capivano quello che i medici dicevano, mentre io mi sentivo come se parlassero in un'altra lingua, era una cosa assurda e mi vergognavo. Mi sentivo così inutile e fuori posto, mia madre era un medico e io non capivo nulla di medicina. Avevo sempre provato un odio profondo per il suo lavoro, detestavo perfino gli ospedali, per me l'unica cosa importante era la musica e adesso mi sentivo a disagio e soprattutto una figlia ingrata. Lei, come tutti gli altri dottori, si stava facendo in quattro per salvare la mia amica e invece di ammirarla io pensavo solo a me stessa. Mi facevo schifo da sola, non meritavo una madre così brava e paziente. Ero proprio una bambina viziata.

«Mi dispiace.» sussurrò il corvino guardando sia me che Daniel che in quel momento aveva gli occhi pieni di lacrime e non sapeva che altro fare se non strattonarsi i capelli dal forte nervosismo.

Io invece non avevo ancora capito in che grave situazione ci trovavamo. Non riuscivo a farmene una ragione, non accettavo un finale in cui non avrei più rivisto Isa.

Dopo un po' entrammo nella stanza dove si trovava la nostra amica e vederla di nuovo intubata mi fece contorcere lo stomaco, non riuscivo a respirare, era come se mi avessero privato dell'ossigeno.

Daniel si sedette vicino alla nostra amica e le strinse forte la mano scoppiando finalmente in un pianto liberatorio, mi sentii improvvisamente schiacciare il cuore da un grande macigno. Daniel e Annalisa si amavano tantissimo e anche se in quel momento non avevano modo di comunicare, io sapevo che non potevano vivere senza l'altro, un solo litigio non sarebbe bastato a dividerli. Ero sicura al cento per cento, che se Isa fosse stata sveglia, sarebbero tornati presto quelli di una volta. L'amore era così: non potevi stare lontano per troppo tempo dalla persona che ti aveva rapito il cuore, era una cosa insensata e io pian piano stavo capendo cosa significasse non dormire la notte per qualcuno che ogni istante occupava la tua mente. Una timida lacrima solcò la mia guancia e di nascosto l'asciugai con la mano, vedere il mio migliore amico distrutto e con il cuore in mille pezzi, mi fece commuovere, era una scena straziante. Mi appoggiai timidamente al petto di Alex, finalmente avevo capito cosa significasse amare con tutta l'anima una persona e vivere solo per lei. Per la prima volta avevo paura di perdere Alex per sempre.

Il mio ragazzo mi strinse più forte cingendo con un braccio i miei fianchi e io mi sentii subito meglio.

Ma il sollievo svanii presto, lasciando spazio al senso di colpa. Con che coraggio potevo vivere serenamente la mia storia d'amore con Alex, visto in che stato era ridotta la mia migliore amica? Tutto quel grande inferno era successo per colpa mia e della mia testardaggine, quindi non avevo nessun diritto di essere felice. Isa aveva ragione dal primo giorno: io e Alex saremmo finiti presto insieme, per lei eravamo destinati a innamorarci perdutamente dell'altro. Se io le avessi dato retta invece di lottare contro me stessa e avessi accettato molto prima i miei sentimenti, forse a quest'ora tutti e quattro saremmo in un bel ristorante a festeggiare gioiosi come eravamo abituati a fare. Dio quanto mi mancavano quei giorni in cui eravamo così uniti. Mi sarebbe piaciuto molto sentire quel " cosa ti avevo detto?" Uscire dalla bocca della mia migliore amica, mentre rideva spensierata stretta tra le braccia del suo fidanzato. Sarebbe stata una realtà molto bella, ma per colpa della mia vigliaccheria tutto quello che sognavo non si sarebbe mai avverato, proprio perché lasciai da sola Annalisa nel momento in cui aveva più bisogno di me e mi sentivo un mostro senza cuore.

Dopo un po' i dottori ci dissero di andarcene e noi con il morale a terra ci dirigemmo alla macchina. Eravamo silenziosi e con mille pensieri che ci stavano distruggendo il cervello, avrei preferito urlare come una matta piuttosto che sopportare tutto senza poter fare nulla. Non potevo vivere un futuro senza la nostra Isa, senza la nostra gioia più preziosa, lei era l'anima che teneva unito il gruppo, senza ci saremmo smarriti. Alex accese l'auto e il rumore del motore mi distrasse un po' dalle mie paranoie. Iniziai a guardare la strada e gli alberi che si muovevano a una velocità impressionante portandomi a pensare che il tempo stesse accellerando di proposito, così da portarmi fuori da quel buco nero il più presto possibile.

***

Varcammo tutti e tre la soglia della porta di casa mia, eravamo privi di qualsiasi voglia o felicità, di solito stare tutti insieme ci faceva scatenare, era un giorno di festa e invece in quel momento ognuno di noi voleva sotterrarsi vivo e non uscire più. Come degli zombi senza anima e cervello ci dividemmo: Daniel si rifugiò nella stanza degli ospiti che gli avevo riservato e io e il mio ragazzo invece ci rinchiudemmo nella mia camera. Mi tolsi il pesante maglione di lana e mi immersi sotto le coperte. Alex, come un cagnolino in cerca di affetto, si sdraiò accanto a me e mi cinse la vita con le sue possenti braccia e io mi avvicinai a lui il più possibile. Ero girata dandogli le spalle e delicatamente iniziò a lasciarmi dolci baci sul collo e sulla guancia.

Mi piaceva farmi baciare in quel modo, mi sentivo in estasi, d'altronde con lui era sempre così, non potevo non avere quelle fastidiosissime farfalle nello stomaco.

«Come stai?» a un tratto Alex interruppe il silenzio tra di noi. Io non sapevo cosa rispondere, quando lui stava male non gli chiesi cosa provava, non mi interessai minimamente di lui perché come sempre pensavo a me stessa.

Mi alzai cercando di sfuggire da quella domanda, mi avvicinai alla scrivania e presi da un cofanetto un braccialetto con un cuore argentato e la scritta rossa "Angy " e me lo strinsi al petto. Era il primo regalo di Anna, il primo ricordo che ci legò profondamente l'una all'altra capendo che tra di noi stava nascendo un'amicizia unica e forte. Mi girai verso il mio ragazzo che era seduto sul mio letto silenzioso e preoccupato.

«Non lo so» sospirai angosciata. Mi sentivo strana, come se la mia anima e il mio corpo non fossero più collegati. Ascoltavo e vedevo tutto quello che mi circondava, ma era come se tutto fosse ovattato o lontano.

Scese dal letto anche Alex e si posizionò di fronte a me: «Non devi tenerti tutto dentro, non ti fa bene. Sfogati, urla, piangi, lo sai che io ci sarò sempre per te, qualsiasi cosa accada. Fidati di me una volta tanto, non fingere di essere incrollabile e che tutto vada bene, perché sappiamo entrambi che va tutto uno schifo!» Alzò la voce appoggiando entrambe le mani sulle mie spalle cercando di scuotermi da quella sensazione di disagio e sofferenza in cui ero entrata e poi mi abbracciò forte.

«Io...ti amo così tanto» gli confessai scoppiando a piangere e finalmente mi sentii libera di mostrare tutti i miei sentimenti che ormai da giorni stavo soffocando. Mi sentii rincuorata, sapere che dalla mia parte c'era un ragazzo forte e intelligente, mi faceva sperare che presto saremmo usciti tutti da quell'incubo.

«Anch'io ti amo piccola» mi sorrise asciugandomi le lacrime con i pollici e subito dopo mi baciò intensamente regalandomi una sensazione fantastica e di nuovo risentii quelle fastidiose farfalle svolazzare nello stomaco, ma allo stesso tempo mi trovavo in paradiso. Amavo quel ragazzo arrogante, stronzo ma a volte dolce, non potevo più nasconderlo o negarlo, ero letteralmente pazza di lui, il mio cuore gli apparteneva ed ero sicura che non mi avrebbe mai fatto soffrire. Era la prima volta che confessavamo i nostri veri sentimenti senza giri di parole o fraintendimenti, finalmente eravamo una vera coppia. Tornammo a stenderci sul letto e stanchi ci addormentammo abbracciati.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 21 ⏰

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