Capitolo 38

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Pov's Christian

Quante volte dovrà ancora soffrire?

Ci è rimasta davvero malissimo, mi dispiace così tanto per lei.

Non era mia intenzione, io volevo davvero venire all'appuntamento.

Era il momento perfetto per dirle che l'amavo, ma qualcuno, nel tragitto, mi ha chiuso nel bagno dei professori.

Fortuna che avevo il telefono a portata di mano.

Ma era già troppo tardi per ritornare da Emma.

Il segnale faticava a prendere e Simon aveva la linea occupata.

Quando sono uscito, non ho più avuto il coraggio di presentarmi alla porta di Emma, né tantomeno di chiamarla.

Lo so, è da egoisti, ma le sfuriate di Emma sono colossali.

E ora lei ha la febbre.

Per colpa mia.

Metto il panno che mi ha dato Fiona, sulla fronte di Emma.

Ha il respiro accelerato e delle piccole goccioline le scendono sulle tempie.

Ha le guance tutte rosse e fatica ad aprire gli occhi.

Scalcia le coperte da una parte, per il caldo, ma subito dopo le cerca di nuovo, rabbrividendo.

Mi alzo dal letto di Fiona e metto le coperte ad Emma fino alle sue spalle.

Tolgo di nuovo il panno che ha sulla fronte e lo immergo ancora nell'acqua tiepida.

Lo rimetto di nuovo sulla sua fronte.

«Che cosa ti ho fatto?» le prendo una mano«non era mia intenzione, te lo giuro»

«Non volevo arrivare a questo, sono stato un'egoista»

Apre per un attimo i suoi occhi azzurri e li volge su di me.

«Si, è vero» mi regala un piccolo sorriso e io ricambio, preoccupato.

«Se continui ad avere la febbre devo chiamare i tuoi genitori. L'infermiera non è tanto brava ad occuparsi di te» immergo ancora il panno bagnato nell'acqua.

«No, non voglio farli preoccupare. Prenditi te, cura di me» chiude gli occhi, mentre io arrossisco di poco.

I miei pensieri perversi.

«Capita raramente che hai la febbre. Cos'hai?» cambio discorso e poggio le labbra sulla sua fronte e la scopro ancora bollente.

«Come se tu non lo sapessi» anche se lo sussurra, lo sento comunque.

«Hai frainteso, non è come ti ha raccontato Candida» sussurro con calma.

«Non ho neanche la forza di ribattere» mugugna lei.

«Fa parlare me, allora» ribatto io«mi stavo incamminando verso la tua stanza quando qualcuno mi ha chiuso a chiave nel bagno dei professori. Io volevo venire, Emma, devi credermi»

Apre di nuovo gli occhi e mi guarda confusa:«Quindi tu saresti venuto?»

«É circa da dieci minuti che ti sto dicendo questo, nerina» le regalo un sorriso divertito.

Fa una smorfia, toccandosi la pancia, poi si illumina:«Devo alzarmi»

«Assolutamente no» dico irremovibile.

«Devo prendere una cosa molto importante» ribatte in risposta.

Ci scambiamo sguardi di fuoco, subito dopo io sospiro.

Un §orriso sotto le §telle (#Wattys2019) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora