Dobbiamo scendere in suo soccorso

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La mattina successiva, il primo ad aprire occhio fu Niccolò.
Non si era nemmeno accorto del tardo orario, era già L'una meno venti.
Aveva dormito così bene quella notte che sarebbe rimasto in quel letto a guardarla all'infinito, senza mai stancarsi.
Finalmente si era risvegliato ancora con Emma tra le sue braccia e questa volta c'era, non se n'era andata.
Pensò a quanto fosse bella con solo la sua maglia indosso e con la testa poggiata sul suo petto nudo, avrebbe davvero voluto un tasto che fermasse il tempo, o che magari lo immortalasse.
Prese il cellulare senza disturbare il suo sonno e le scattò una foto, ma non andò tutto secondo i piani.
Il flash a cui Niccolò non fece caso diede fastidio agli occhi della ragazza, tanto che si portò le mani sul viso per stropicciarli e mugolò frasi indecifrabili.
Il moro si morse il labbro inferiore e posò il telefono, non voleva di certo svegliarla in quel modo.
Emma era in uno stato di dormiveglia, il flash parato in faccia le aveva dato sicuramente fastidio, ma ormai stava iniziando a svegliarsi anche senza.

«scusa non volevo svegliarti, dormi se vuoi» le disse lui notando che stava pian piano aprendo gli occhi.

Temeva che si fosse incazzata, quando la prima cosa che Emma fece appena sveglia, fu proprio baciarlo.
Sembrava non averne mai abbastanza, nonostante non fosse abituata a tutta quella situazione.

«fa niente, avevi intenzione di restare da solo e in silenzio ancora per molto?»

Lui scosse la testa divertito e le accarezzò una guancia usando la stessa delicatezza che si ha con oggetti estremamente fragili.

«ascolta, io.. volevo dirti una cosa, ecco.
Anche se ci starò male, non devi per forza mollare tutto e tornare in Italia con me» balbettò Niccolò mordicchiandosi il labbro inferiore nervosamente.

«credi davvero che ti lasci andare così?
Puoi scordartelo, Moriconi, dovrai avermi nei dintorni ancora per un po'» lo bloccò lei accennando un sorriso, ormai era più che certa delle sue scelte.

«si, ma con Edoardo?»

«troveremo un modo, non comanda la mia vita»

Si mise seduta e portò una mano alla bocca per sbadigliare, poi guardò il tardo orario sul cellulare.
Insieme a quello c'era anche un messaggio da suo fratello..
"Vi prego scendete a pranzo che Edoardo è insopportabile, cambia manager o vado a mangiare in ascensore"
La ragazza ridacchiò e scosse la testa, per poi voltarsi verso Niccolò.

«dobbiamo scendere in suo soccorso» disse mostrandogli lo schermo del cellulare.

Il moro alzò gli occhi al cielo divertito e si alzò prendendo lei in spalla come un sacco di patate.
Raggiunse il bagno e la fece sedere sulla base del lavandino, aveva davvero voglia di sapere cos'erano diventati dopo la notte precedente.

«non vorrai mica che mio fratello debba subirsi Edoardo ancora per molto» lo punzecchiò lei facendo scorrere le mani lungo le sue spalle.

«hai ragione, parleremo dopo» rispose il moro allontanandosi di poco dal suo viso.

Entrambi si resero presentabili, recuperarono appena i loro telefoni e scesero le scale verso il piano della sala pranzo, dove avevano da poco portato il cibo in tavola.
Emma afferrò la mano di Niccolò appena varcarono la porta, gesto che lui non si aspettava, ma che ricambiò.
Lasciò un bacio sulla guancia di suo fratello e salutò con un gesto della mano Edoardo, il quale stava per diventare rosso dalla rabbia nel vederli insieme.

«senti Giò ma non potevi portarti Aurora così da non dover fare il terzo incomodo?»

«Aurora?» chiese Niccolò ridacchiando, non era a conoscenza ancora di nulla.

«ah già, tu non lo sai.
Si piacciono entrambi da un casino di tempo, ma non hanno mai fatto il primo passo, quindi appena torniamo a casa ricordami di organizzargli un appuntamento» spiegò lei con tutta tranquillità, mentre suo fratello alzò gli occhi al cielo e le diede una piccola spinta.

«quindi quest'appuntamento sarà tra cinque mesi, immagino, dato che prima non ci torni a casa» prese parola Edoardo stringendo i pugni sotto al tavolo.

«decido io quando tornare o meno, o hai intenzione di tenermi incatenata se non seguo le tue regole del cazzo?»

«qui le regole le faccio io, Emma, a meno che tu non voglia finire senza il tuo cazzo di lavoro»

«ho una fila che arriva fino a Miami di manager che vorrebbero lavorare con me, avrei dovuto farti questo discorso molto tempo prima e me ne rendo conto, ma adesso non hai più voce in capitolo»

«davvero stai chiudendo con me per.. per questo?» chiese lui acidamente indicando Niccolò, il quale stava facendo leva su tutto il suo autocontrollo per non perdere la pazienza.

«io e Niccolò stiamo insieme, perché dovrei restare qui per te e non andarmene per lui?»

Appena il moro sentì quelle parole dette esplicitamente e senza alcuna insicurezza nel tono di voce, si voltò lentamente verso di lei.
Temeva che quel momento non arrivasse più, che alla fine non ce l'avrebbero mai fatta davvero a stare insieme, eppure adesso si sentiva finalmente bene.
Fu un urlo da parte di Edoardo a farlo svegliare dai suoi pensieri, si era appena alzato bruscamente dalla sua sedia.

«Emma, sali in camera, dobbiamo parlare» disse afferrandole un braccio.

«ma che cazzo pensi di fare!?» s'intromise quindi Niccolò levando con forza la mano dal braccio della sua ragazza.

«no, tu cosa pensi di fare! Le stai rovinando il futuro per una stupida storiella che dopo un paio di canzoni finirà, ti rendi conto delle tue azioni!?»

«adesso basta!» s'intromise giò poggiando le mani ai lati della tavola.

«tu non hai il diritto di prendere mia sorella per il braccio e tantomeno di urlare con Niccolò, sei il suo manager, non suo padre e fino a prova contraria, sei tu quello a perderci se lei ti licenzia.» disse il biondo alzando il tono della voce.

Edoardo guardò con uno sguardo pieno di disprezzo i due, poi sistemò il colletto della camicia e camminò verso l'uscita.
Emma si voltò dalla parte opposta sbuffando, se non si fosse svegliata tra le braccia di Niccolò, sarebbe stata sicuramente una delle mattinate peggiori.

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