Chi è che ti manda le rose?

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Erano poche ore che i due ragazzi erano seduti a tavola in un enorme sala di cui brillava perfino il pavimento, eppure sembravano settimane .
Ascoltavano i discorsi dei presenti e ne rimanevano totalmente annoiati, non che gli interessasse poi più di tanto.
Niccolò voltò lo sguardo verso di lei e le chiese parlando con gli occhi di uscire da quel mortorio, oppure a breve si sarebbe letteralmente addormentato.
Emma gli afferrò la mano e fece segno a sua mamma che sarebbero tornati dopo, anche se quello era letteralmente l'ultimo dei pensieri.
Salirono le scale nel più totale silenzio ed entrarono in camera allo stesso modo, si guardavano di sfuggita e non fiatavano, ma infondo cos'avrebbero dovuto dire?
Lei era maledettamente orgogliosa per ammettere che Niccolò gli mancava e non poco, mentre lui le aveva detto così tante volte che gli dispiaceva per l'accaduto che ormai aveva perso il fiato.
Aveva previsto che una volta tornati in camera ci sarebbe stata tensione, così non si fece trovare impreparato, e appena Emma notò le rose bianche sul tavolino, non potè fare altro se non sorridere e voltarsi piano verso di lui.

«e queste?» disse prendendo piano le rose e sedendosi sul tavolino.

«mah, qualche tuo spasimante» rispose vagamente il moro mentre sfilava la cravatta e la giacca, per poi aprire alcuni bottoni della camicia nera e alzare le maniche a metà del braccio, odiava stare nettamente in ordine come un pinguino

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«mah, qualche tuo spasimante» rispose vagamente il moro mentre sfilava la cravatta e la giacca, per poi aprire alcuni bottoni della camicia nera e alzare le maniche a metà del braccio, odiava stare nettamente in ordine come un pinguino.

Emma lo guardò attentamente mentre si sistemava, e non poté non pensare a quanto fosse bello, con la camicia in disordine, i capelli scompigliati e quei tatuaggi che sbucavano fuori dalle maniche.

«nessuno sa che mi piacciono le rose bianche, sono anni che me ne regalano rosse, una volta anche blu»

«chi è che ti manda le rose?» domando all'istante il moro facendo scoppiare a ridere la ragazza, non sapendo che in realtà lei parlava di anni prima.

«mah, i miei spasimanti» lo punzecchiò lei con un sorrisetto in volto, beccandosi un occhiataccia da parte di lui.

«scherzo comunque, come massimo i fan, oppure mio padre e mio fratello al mio compleanno, nulla di più»

Disse quelle parole con una punta di rammarico nella voce, non perché non avesse mai avuto il fidanzatino che la riempieva di regali, ma perché negli ultimi mesi il suo regalo era di fianco a lei ogni mattina che la baciava ogni secondo, e l'aveva lasciato andare.
Ricordava ancora la prima volta che Niccolò si presentò a casa sua con un mazzo di rose bianche, per poco non si commosse davanti a quella scena.
Stavano insieme da poco, lui le aveva detto che quella sera sarebbe uscito con i suoi amici perché si annoiava a restare a casa, una piccola scusa per recarsi dal fioraio, prendere il mazzo di rose più bello e raggiungerla a casa, senza far mancare due scatole di pizza appena uscita dal forno.
Lei andò ad aprire la porta in pigiama, con una crocchia disordinata e gli occhiali da vista che di tanto in tanto metteva, non se l'aspettava per nulla.
Gli tolse gli oggetti dalle mani e lo strinse così forte quasi da soffocarlo, pensava di passare un sabato noioso, e invece si ritrovò a mangiare la pizza davanti alla tv stretta tra le sue braccia, e poi a fare l'amore col ragazzo che amava.

«mancano le scatole della pizza però..» disse Niccolò interrompendo i suoi pensieri, facendole intendere che anche lui aveva subito pensato a quel giorno.

«fossero quelle il problema..» sussurrò lei in risposta, ma lui nel sentirla non fece altro che cacciare un sospiro rassegnato e raggiungerla.

«Emma, non fraintendere, passare un po' di tempo con te è l'unica cosa che mi ha tirato su negli ultimi giorni, ma non credo di poter continuare per molto..
È una continua pausa, un "fai quello che vuoi della tua vita" ma allo stesso tempo anche "facendo qualcosa di sbagliato mi feriresti".
È opprimente, non voglio forzarti a scegliere, ma la mia salute mentale non è eterna»

Lei si voltò piano verso di lui con le labbra serrate, aveva ben appreso il concetto che il tempo che lui poteva attendere era arrivato al limite, e forse un po' nemmeno lo biasimava.
Nei primi giorni non riusciva neanche a stare in pace con sé stesso, piangeva e continuava a darsi la colpa per qualsiasi cosa.
Ormai provava a convivere con la situazione, ma ugualmente non smetteva di soffrire giorno per giorno.
Emma lo guardò pochi secondi con gli occhi velati di lacrime, poi senza dir nulla annodò le braccia attorno alla sua vita e poggiò la testa tra la sua spalla e il petto, era tempo che non lo abbracciava.

«quando ho visto le foto che ti hanno fatto i paparazzi quel giorno al bar non penso di esser mai stata peggio, i tuoi fan hanno tirato fuori tanti argomenti, ci stavi insieme da quattro anni, quasi cinque e mi sono sentita.. niente.
Lei è la tua ragazza storica, lei è stata con te per anni, e io.. io sono solo quella che per un messaggio hai lasciato a casa con una bugia» disse trattenendosi dallo scoppiare a piangere e provando a buttare indietro le lacrime.

«tu sei quella ragazza che ho seguito fino a Los Angeles neanche un giorno dopo avermi spezzato il cuore in due, sempre la stessa ragazza che mi ha fatto correre il rischio di innamorarmi ancora nonostante ne avessi una paura matta, e sei sempre tu colei per cui negli ultimi giorni mi sono sentito vuoto, spaesato, perso.
Ho sbagliato, eccome se l'ho fatto, quella mattina avrei dovuto ignorare totalmente il messaggio e sarei dovuto rimanere con te, a guardarti dormire in silenzio con la faccia schiacciata al cuscino e la tua mano che cerca costantemente la mia..
Vorrei tanto dirti che mi prenderò le conseguenze dei miei errori, ma se la conseguenza è perderti, allora non so se riesco..»

Emma asciugò di fretta una lacrima sfuggita e prese un bel respiro, non faceva un passo del genere da giorni, eppure ne sentiva uno strano bisogno.
Poggiò una mano dietro la sua nuca e unì le loro labbra in un bacio, bacio che sembrò essere l'ossigeno in una camera a gas.
Quel bacio che era diventato ormai l'inizio di una lunga serie, venne interrotto da un piccolo rumore.
Entrambi abbassarono la testa e notarono sul pavimento l'anello di Emma, quello che pochi giorni prima aveva dato a Niccolò.
Lei lo prese, lo mise nuovamente al dito e ci lasciò un piccolo bacio sopra, per poi ritornare a loro due.

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