Quanto sei disposto a giocarti per amore?

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Epilogo 1

Quanto sei disposto a giocarti per amore?

Niccolò si alzò finalmente dal lettino poco comodo del tatuatore e schioccò la schiena ormai indolenzita, l'ennesimo tatuaggio era stato più doloroso e duraturo del solito.
Eppure non potè non ritenersi soddisfatto del risultato appena il suo migliore amico gli scattò una foto..
"Quanto sei disposto a giocarti per amore", era quella la frase che aveva tatuato dietro la schiena con una scrittura corsiva e abbastanza piccola.
Quelle parole erano state l'inizio di una parte del tutto nuova della sua vita, un po' come la persona che l'aveva pronunciate.
Se chiudeva gli occhi, ricordava ancora quel giorno come se l'avesse vissuto da poche ore...
Erano passati esattamente due anni da quando lui ed Emma decisero di lasciarsi i problemi alle spalle e stare insieme, proprio a Parigi.
In quei due anni non si erano lasciati influenzare quasi da nessuna corrente di negatività, anzi, si erano impegnati a fare della loro relazione e il loro lavoro la priorità principale.
Lui aveva fatto un cambiamento di casa discografica, quindi il primo anno non ebbe la possibilità di fare concerti, ma almeno occupò il suo tempo diversamente.
Per ogni metà mese una postazione del mondo diversa, si poteva dire che viaggiò più in quell'anno con Emma che in tutta la sua vita.
Non stavano mai a casa, ma appena ci tornarono, s'impegnarono per lasciare i loro appartamenti e trovare una casa fatta a posta per loro da cima a fondo.
C'erano quei soliti litigi ogni tanto, ma alla fine Niccolò ed Emma riuscivano a trovare una soluzione, erano coscienti del fatto che avevano due caratteri differenti e forti a modo loro, era inutile tenersi il muso.
Ma la motivazione per cui Niccolò ricordava bene il giorno vissuto cinque mesi prima che facesse quel tatuaggio, era completamente diversa.
Si trovava in studio per ultimare un album che a breve sarebbe uscito, quando una telefonata lo interruppe.

«ciao bimba, dimm-» provò a rispondere, ma la sua voce venne totalmente ignorata dalla sua ragazza, la quale incominciò a parlare a raffica.

«Niccolò devi venire qua immediatamente!»

«tra dieci minuti ho finito, il tempo di-»

«ma che dieci minuti! Devi venire qua adesso, e muoviti pure»

Emma attaccò alla telefonata lasciando il moro perplesso, anche se ormai non si sbalordiva del suo cambio d'umore.
Doveva recitare la scena finale di un film abbastanza impegnativo, quindi passava dall'essere felice e molto comprensiva, a isterica e con gli ormoni sballati.
Adriano e il resto dei ragazzi presenti in studio sentirono vagamente la chiamata, quindi congedarono Niccolò senza troppi problemi.
Il ragazzo arrivò a casa nel giro di pochi minuti, eppure appena ci entrò, al primo piano c'era un silenzio assordante.
Raggiunse il piano di sopra, e come al solito Emma era là, a mettere ordine in qualsiasi angolino trovasse anche un mezzo oggetto fuori posto.
Nonostante la casa in cui abitassero fosse enorme, non c'era una sola virgola fuori posto, Emma era davvero una maniaca dell'ordine, nettamente in contrasto con Niccolò che avrebbe vissuto anche nel caos.
Aprì la porta della loro stanza e lei si voltò, o meglio, lo raggiunse alla svelta e scoppiò a piangere tra le sue braccia.

«ehi amore, ma che è successo?
Come fai a passare dall'urlarmi al telefono a piangere così?» disse lui accarezzandole i capelli e lasciandole un piccolo bacio a stampo sulle labbra, ovviamente subito dopo averle alzato il viso con una mano.

Emma poggiò la testa sulla sua spalla e sbuffò, odiava mostrarsi debole, ma negli ultimi tempi non riusciva a fare altro.

«devi sapere una cosa» pronunciò staccandosi e torturandosi le mani.

Non sopportando quella tensione che si era creata, scese al piano di sotto e si avvicinò alla cucina, eppure Niccolò le bloccò le mani e posò la moca del caffè, odiava che non gli venissero dette le cose chiaro e tondo.

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