Un punto a noi due

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E

Strano pensare a come tutto possa variare in un solo secondo.
Niccolò era la parte più bella e importante nella mia vita poco prima, eppure mi bastò leggere un messaggio da poche insulse parole per perdere parte della mia fiducia in lui.
Avete presente quella persona che vi viene in mente appena avete bisogno di aiuto o di un rifugio?
Ecco, a me veniva sempre in mente lui.
In mente mi ritornavano sempre le immagini di quando continuava a farmi il solletico sul letto nonostante sapesse che lo odiavo, per poi stamparmi così tanti baci umidi sul viso che avrei sopportato altre mille lotte al solletico pur di rimanere in quel modo.
Oppure ricordavo di quando stava chissà quanto a consolarmi per quei film melodrammatici che finivano sempre male...
Credo che mi sia sentita più viva in quei pochi mesi di relazione che in tutta la mia vita, eppure tanti dubbi per la testa mettevano dei punti interrogativi sulle mie certezze.
Da quando quella mattina recuperai qualsiasi cosa avessi lasciato a casa sua e chiesi ad una delle mie amiche di portarmi al mio appartamento, avevo un grande senso di vuoto dentro.
Non ci eravamo lasciati, o almeno non credevo, ma lasciargli un terzo dell'armadio vuoto era il mio modo per fargli capire che avevo bisogno del mio tempo.
Non ci ho mai sperato così tanto che me lo lasciasse, quel giorno stesso venne a casa mia disperato quasi, urlava con le lacrime agli occhi e facevo fatica io stesso a riconoscerlo.
Non avevo ancora ben capito se nel succo del suo discorso mi disse che gli dispiaceva o che ero stata io ad esagerare, ma nel dubbio stetti zitta tutto il tempo, finché lasciò casa mia sbattendo la porta.
Non era passato molto, solo qualche giorno, e se non avessi avuto contatti con i suoi amici probabilmente non avrei saputo neanche come stava.
Io cercavo di tenere per me i miei sentimenti e di rimanere neutra, il mio carattere era abbastanza complicato.
Una volta ferita da una persona, tendevo a distaccarmi completamente, a far finta che non esistesse nel mio mondo, ma come avrei fatto a far finta che quel ragazzo dai capelli spettinati non dovesse più essere presente nelle mie giornate?
Gli avevo detto esplicitamente di non voler più aprire quell'argomento, ma gli avevo anche confermato che la nostra relazione, o quello che era, non era più nulla di sicuro da parte mia.
Glielo dissi per telefono, mi sentii davvero stronza per non averlo fatto neanche faccia a faccia, ma non avrei retto il suo sguardo da bambino mentre mi supplicava di non lasciarlo.
Mi aspettavo che sparisse, invece accadde il contrario.
Mi cercava, mi chiedeva come stavo, ma senza pressarmi.
Voleva solo sapere se stessi bene, se avevo bisogno di qualcosa, ma sarebbe sembrato strano se gli avessi detto che avevo bisogno solo del "noi" prima di quei messaggi del cazzo?
Anche quella mattina mi sveglia con la faccia affondata nel cuscino e il letto più che sfatto, provocato dal fatto che di notte mi rigiravo e rigiravo non riuscendo a prendere sonno.
Mi diressi in cucina e presi un bicchiere d'acqua, sfiorando con i polpastrelli il peluche viola che avevo sul mobiletto.
Avrei pagato tutto l'oro del mondo per tornare a quel periodo dove tutto andava bene, ma ormai mi sarei affidata solo a ciò che provavo ancora per lui, o almeno se mi sentivo ancora in grado di affidargli la mia fiducia.
Roteai gli occhi al cielo sentendo il mio telefono squillare, ma buttai giù di fretta l'acqua e mi affrettai a rispondere leggendo il nome della persona in questione che mi stava chiamando.

«pronto?» dissi cercando di non far trasparire alcuna emozione dal mio tono di voce.

«ehi, buongiorno..»

Cacciai un sospiro e chiusi gli occhi, mi mancava da morire sentire la sua voce appena sveglia, ma sarebbe stato mille volte meglio sentirla dinnanzi al mio capo, mentre era disteso di fianco a me come al solito.

«giorno, hai bisogno di qualcosa?» chiesi afferrando la moka dal mobiletto.

«no, cioè si.. più o meno, volevo vederti» balbettò e immaginai la sua faccia mentre si grattava nervosamente la nuca oppure mordicchiava il labbro, non potevo vederlo di certo in quel momento, ma avrei scommesso la testa che stava facendo una di quelle che azioni abitudinarie.

Cacciai un sospiro e stetti qualche secondo in silenzio, il tempo di capire che ormai aveva il respiro pesante avendo ansia per la mia risposta.

«Niccolò lo sai che..»

«si, lo so che hai bisogno del tuo tempo e quelle cazzate là, ma me l'hanno già detto in troppe persone.
Il punto è che non sono mai tornate, e non ce la faccio a perdere anche te..»

Disse quelle parole così velocemente che aspettai qualche secondo per assimilare bene ogni frase a pieno, dalla sua voce traspariva il dolore che aveva nel parlare di tutte quelle persone che forse ancora non erano tornate da lui.

«sai già il perché ho messo un punto a noi due, non credo sia utile ripetertelo»

«si, lo so, ma mai in vita mia ho avuto così tanta voglia di riparare ad un mio errore»

Mi morsi il labbro e socchiusi gli occhi, faceva male a me stessa comportarmi come se avessi un cuore di ghiaccio con un ragazzo che il cuore lo aveva di muffin al cioccolato pieni di canditi e zucchero a velo.

«vieni a casa» mi arresi infine immaginando il sorriso che sicuramente spuntò sulle sue labbra.

Non mi rispose neanche, attaccò all chiamata e immaginai che come prima cosa corse a prendere le chiavi della sua macchina.
Mi diedi una guardata veloce allo specchio e feci una smorfia con le labbra per il mio aspetto pietoso.
Mi fiondai sotto la doccia e feci il più in fretta possibile per rendermi presentabile, qualcosa mi diceva che Niccolò non sarebbe stato l'unico ad entrare da quella porta, ma lasciai perdere il mio sento senso.
Passò a stento un quarto d'ora e il mio campanello bussò, così mi affrettai a mettere l'ultima scarpa e aprii la porta.
Lui era là, di fronte e me, eppure non era l'unico.

«mamma, papà?»

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