2.

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Pestilenza.

Mi guardai allo specchio. Mi spettinai i capelli biondi accarezzandomi le guance appena rasate. Lentigini. Odiose. Dopo l'ultimo scontro il vecchio corpo si era molto rovinato e dovevo ancora abbituarmi a quello nuovo. Troppo giovane.

Spalancai l'occhio allargando la pelle con pollice e indice. Mi misi ad osservare l'iride azzurra quando il telefono sul letto alle mie spalle si illuminó. Mi asciugai la faccia con l'asciugamano imprecando e mi avvicinai al letto ancora a petto nudo. Presi il telefono tra le mani.

*L'hai sentita?*

Oh. Dopo sei mesi torna quella bastarda a chiedermi se ho sentito Morte. Dove pensa che viva? Chi non la sentirebbe?

Se non fosse stata mia sorella l'avrei giá insultata.

*Si*

*Stiamo arrivando*

Qui? Merda. Non sapevo se avessi sbagliato completamente appartamento o scelto quello giusto. Non morivo dalla voglia di vedere Morte.

*Tu con chi?*

Jack? L'unico lato positivo della giornata

*Guerra*

Sorrisi. Il mio amico. Mi infilai una maglia in fretta.

*Lei dov'é?*

*Ci aspetta al decimo. Sali.*

Cazzo, Carestia.

Presi le chiavi della moto e il cellulare infilandole in tasca e uscii dall'appartamento salendo in ascensore. Tamburellavo nervosamente contro la parete in inox. Il tatuaggio bruciava. Guardai in alto. L'ascensore si fermó e le porte si aprirono. E... Lei era lí. Era lí davvero. In un corpo bellissimo. Nuovo. Giovane. Ma c'era cosí tanto buio intorno a lei. Un buio pesante. Angosciante. Il suo profilo stagliato sulla vetrata.

Giocherellava con una chiave tra le dita. La chiave delle nostre vite. La vita di tutti.

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