La mano di Luke le stringeva il collo. Le sue labbra roventi le sfioravano la mascella. Il suo membro duro premeva contro di lei. "Perché hai accettato di lavorare per me?" la sua voce roca era così profonda, si insinuava nel suo corpo facendola tremare. "io... non lo s-so..." balbettò. La mano di Luke si strinse più forte intorno al suo collo. Faceva male, ma allo stesso tempo era così dannatamente eccitante. "Sei una bugiarda Kate Brooks" le sussurrò all'orecchio, stringendo così forte da toglierle il respiro.Kate si svegliò di colpo, soffocando un grido e portandosi istintivamente le mani al collo. Era stato solo un sogno, non c'era nessuno, era sola nella camera buia. Sentiva il respiro affannato e la fronte madida di sudore. "Era solo uno stupido sogno, non significa nulla" ripeté a sé stessa per calmarsi. Controllò l'ora sul telefono: le due di notte. Aveva bisogno di alzarsi, andare in bagno e sciacquarsi la faccia. Attraversò silenziosamente il corridoio utilizzando il telefono come torcia per orientarsi: ancora non riusciva ad orientarsi bene al buio in quell'appartamento e aveva il terrore di finire per sbaglio in camera di Luke. Il fascio di luce illuminò debolmente le pareti del corridoio rivelandole una porta aperta. Kate sussultò, abbassando immediatamente il telefono: era proprio la camera di Luke. Ma c'era qualcosa di strano, Kate si fece coraggio diresse di nuovo la luce in direzione di quella porta spalancata: il letto era disfatto e non c'era traccia di Luke. Possibile che fosse in bagno? Kate continuò a illuminare il corridoio: anche la porta del bagno era aperta e anche lì non c'era nessuno. L'unica porta rimasta era quella che dava sulla sala principale, ed era chiusa. D'istinto, Kate si avviò in quella direzione. Tese la mano sopra la maniglia e spinse delicatamente. Le note che uscivano dal pianoforte la investirono come una folata di vento: Luke era lì e stava suonando. L'intera stanza era insonorizzata, per questo con la porta chiusa nessun rumore arrivava alle camere da letto, ma adesso che Kate era lì poteva sentire il suono riempire l'aria. Non conosceva quella melodia, ma in qualche modo le arrivava dritta al cuore: era intensa, quasi rabbiosa. Le mani di Luke si muovevano veloci sul pianoforte, violente e delicate allo stesso tempo. Rimase in silenzio ad ascoltarlo, come ipnotizzata. Una parte di lei si sentiva come se stesse spiando un momento privato, qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, ma non riusciva ad andarsene. La melodia crebbe sempre di più fino a concludersi con un'ultima nota profonda. La stanza piombò nel silenzio e ora Kate poteva sentire il respiro affannoso di Luke, quasi come se avesse corso. Poi lui si girò lentamente nella sua direzione: Kate schiacciò le spalle contro la porta, pregando che Luke non la vedesse nella penombra. "Torna a letto" era un'ordine pronunciato con un tono duro e freddo. Sentendosi come una bambina smascherata dopo un misfatto, Kate si rituffò nel corridoio e corse nella sua stanza, infilandosi sotto le coperte. Affondò la testa sotto il cuscino, e strinse gli occhi cercando di imporsi di riaddormentarsi. Ma sapeva bene che non sarebbe riuscita a chiudere occhio.
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"Senti, per stasera..." Kate si schiarì la gola, mettendo per un attimo da parte i documenti. Quella giornata era stata strana: si era svegliata tardi ma Luke non le aveva detto nulla. Avevano passato tutto il tempo a lavorare e non si erano parlati se non per questioni pratiche. Era come se Luke la stesse deliberatamente ignorando, per quanto assurdo potesse essere l'idea di ignorare una persona con la quale era costretto a convivere. Da una parte Kate si era sentita quasi sollevata, aveva temuto che lui le dicesse qualcosa riguardo quell'incontro notturno. D'altro canto però quella sensazione di essere "in punizione" la snervava e sopratutto sentiva l'ansia per la serata che si avvicinava. "Dicevo, per stasera... ho dato a Victor il mio indirizzo, cioè l'indirizzo di casa mia, verrà a prendermi per le otto quindi dovresti portarmi lì alle otto meno dieci, così sembrerà tutto normale. Da lì andremo al Plaza". Luke rimase in silenzio. "Luke?" lo chiamò, cercando di nascondere la sua irritazione. "No. Fallo venire qui." "Ma non posso farlo venire qui! Non posso dirgli vienimi a prendere a casa del mio capo" "Non vedo perché no" Kate face un profondo respiro "perché non saprei come spiegargli perché vivo qui e sarebbe estremamente imbarazzante, non mi sembra difficile da capire." Luke allungò le braccia davanti a sè, stiracchiandosi con noncuranza "Quindi hai intenzione di mentirgli già dal primo appuntamento?" "Non gli sto mentendo! Sto solo omettendo un particolare della mia vita difficile da spiegare, e comunque sono affari miei! Se non mi vuoi portare ci vado da sola a casa mia" sbuffò. "Da sola non vai da nessuna parte" "Allora portami lì alle otto meno dieci dannazione, non mi sembra di chiedere tanto!" gridò esasperata. Un insopportabile sorrisetto spuntò sul viso di Luke "va bene, se ci tieni tanto. Ma dovresti imparare ad essere più sincera". Kate si alzò di scatto "Non ho intenzione di prendere lezioni di sincerità da te" "Dove stai andando? Non abbiamo finito qui" "Beh io ho finito, devo andare a prepararmi." e senza dargli il tempo di rispondere si chiuse nella sua stanza sbattendosi la porta alle spalle. Luke si divertiva ad esasperarla ma non gli avrebbe permesso di rovinarle quella serata.
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[ GIOCO PROIBITO ]🔥
RomanceKate Brooks, 23 anni, viene scelta come nuova segretaria personale di Luke Skøndar, il più giovane tra i soci del prestigioso studio legale Goodman & Portfall. Luke è conosciuto come "l'avvocato del diavolo": arrogante, sexy e autoritario, è imposs...