Capitolo 2

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Nel cuore della notte arrivò una chiamata, la chiamata decisiva che avrebbe dato inizio alla storia di America. Il cellulare iniziò a squillare e a vibrare incessantemente sul comodino di fianco alla donna. Lei si rigirò nel letto un paio di volte prima di afferrarlo e uscire dalla camera padronale per evitare di svegliare il marito. Rispose quasi subito, stropicciandosi gli occhi. Accese la luce del corridoio e serrò le palpebre, non era abituata a quel bagliore nel bel mezzo della notte. <<Pronto?>> borbottò.
<<America, che piacere! È un onore conoscerla, scusi se l'ho svegliata.>> una voce squillante dall'altro lato del telefono la fece intontire ancora di più.
<<Razza di idiota! Ma lo sai che ore sono?>> strillò ignorando di chi potesse essere la voce, sopratutto ignorando il fatto che Liam si sarebbe potuto svegliare da un momento all'altro. Riceveva decine di chiamate ogni giorno, ma quando la svegliavano nel cuore della notte diventava una belva.
<<Il mio agente mi ha avvertito della sua chiamata e che voleva discutere del film insieme a me. Mi dispiace per l'orario ma non vedevo l'ora di saperne di più, sono molto curioso.>>
Lei spalancò gli occhi, avendo effettivamente capito chi fosse. <<Signor Downey, per Dio, non l'avevo riconosciuta!>> disse iniziando a darsi mentalmente della stupida.
<<Il signor Downey era mio padre, mi chiami Robert. Che ne dice di prendere un caffè alle dieci?>>
Lei sorrise, capendo di avercelo in pugno e che niente avrebbe potuto cambiare le cose. <<Ottima idea, dobbiamo discutere del film e in più mi ci vuole proprio un bel caffè. Facciamo da "Sweet Cinammon"?>>
Lui acconsentì immediatamente, entusiasta di conoscere la famosa regista di cui tutti parlavano. Aveva visto ogni suo film e doveva ammettere che ci sapeva fare con le idee.
<<Ci vediamo tra qualche ora, dolcezza.>> dopodiché riattaccò.
La reazione di America non tardò ad arrivare.
Dolcezza? Stava per caso flirtando? Lei non si sarebbe mai lasciata abbindolare da un uomo che non fosse suo marito.
Era una donna tutta d'un pezzo con dei sani principi e
valori, non aveva tempo per darsi alla pazza gioia.

***

Il mattino si risvegliò dopo qualche ora, America non riuscì più a prendere sonno dopo la telefonata, data la cotanta emozione. Si alzò e si mise la vestaglia, raggiungendo il piano inferiore della villa. Erano le sette del mattino e Liam stava già facendo colazione. <<Mi ha chiamato Downey, ci vediamo alle dieci per discutere.>> disse annoiata prendendo la scatola di cereali dalla mensola in alto.
<<Si fa attendere un po' troppo questo Downey.>> si lamentò lui mentre era intento a leggere il giornale.
La loro vita era sempre la stessa: si vedevano al mattino per poi rincontrarsi la sera, quando non lavoravano stavano tutto il giorno insieme. America mangiò lentamente i suoi corn flakes mentre pensava a tutto ciò che doveva dire all'uomo che avrebbe incontrato. Liam, dopo averle lasciato un bacio sulla fronte, scappò letteralmente al lavoro.
Aveva tanto da fare oggi e se non fosse arrivato con, come minimo, un'ora di anticipo tutte le cose che doveva fare si sarebbero accavallate tra di loro. Finito di mangiare, America tornò di sopra, aprì l'acqua della doccia e ci mise dieci minuti buoni per lavarsi. Arrivò davanti alla cabina armadio e iniziò a scegliere il suo outfit per la giornata. Indossò una camicetta bianca, una giacca elegante e una gonna nera. Le sue décolleté dello stesso colore della gonna completarono il suo stile. Pettinò i capelli e fece una coda di cavallo, che ricadeva lunga sulla sua schiena. Prese la borsa, il cellulare e le chiavi, uscendo di casa e prendendo la sua auto. Mise in moto e raggiunse "Sweet Cinammon" in pochi minuti, grazie alla velocità della sua fidata Jaguar nera. Uscita dalla macchina, indossò un paio di occhiali da sole e subito venne assalita dai fotografi. <<Mrs. Hudson!>> gridò una di loro. Ma America non aveva intenzione di lasciare dichiarazioni quel giorno. Si faceva ancora chiamare con il suo nome di nascita, non era la signora Hemsworth, bensì la signorina Hudson.
Entrò nel bar e si tolse gli occhiali cercando di intercettare l'uomo. Niente da fare, lui non era lì. Prese un tavolo e si sedette con indifferenza. Iniziò a guardar fuori dalla finestra pensando che Downey le avesse dato buca. Erano le dieci e un minuto, e se c'era una cosa che America detestava più dell'autocensura, quella era il ritardo. Poi vide varcare la soglia dell'ingresso e spalancò gli occhi. Era davvero lui? Non era affatto cambiato da quando aveva ventitré anni, si era solamente fatto crescere la barba. La regista rimase colpita dalla sua bellezza. Lui la cercò con lo sguardo e, appena la vide, si precipitò da lei. <<Scusi il ritardo, America, c'era un traffico bestiale.>> si giustificò estraendo dalla tasca il suo orologio da taschino.
<<L'unico che porta ancora un orologio da taschino è lei, Downey.>> commentò acida, come sempre.
<<Sarò all'antica. Questo orologio era di mio padre e per me ha un gran valore sentimentale.>> si sedette guardandola per bene. La trovava una donna meravigliosa, se solo gli avesse rivolto un sorriso sarebbe stato molto più felice.
Ma America non sorrideva mai a nessuno.
<<Dobbiamo fare il punto della situazione. Tra noi dovrà esserci esclusivamente un rapporto lavorativo, per cui gradirei che mi si chiamasse signorina Hudson.>> disse non smettendo un secondo di guardarlo.
<<Perché mai non si fa chiamare signora Hemsworth?>> incrociò le braccia al petto.
<<Ci tengo ad avere una mia identità.>>
Per lei era difficile distogliere lo sguardo da quegli occhi così belli e profondi. Erano di un castano chiaro, al sole quelle iridi sarebbero sembrate due pozze di miele. Lui, a differenza della donna, indossava una semplice maglietta nera a tinta unita e un paio di pantaloni dello stesso colore. Vestiva molto casual, a lui piaceva così del resto, odiava attirare l'attenzione.
La cameriera arrivò e guardò per prima America.
<<Un caffè ristretto.>> poi rivolse la sua attenzione all'uomo. <<Io prendo un caffè macchiato, la ringrazio.>> sorrise alla signorina e le porse il menù.
America sapeva essere una donna davvero fredda, arrogante e maniaca del controllo; Robert invece viveva alla giornata, odiava essere scontroso e odiava chi lo fosse.
America estrasse dalla borsa un taccuino e una penna, dove appuntava tutte le idee che aveva per i suoi innumerevoli film. Intanto l'uomo non potè fare a meno che fissare la sua ammaliante bellezza. Era una donna abbastanza alta, snella e leggiadra. I suoi lunghi capelli neri arrivavano fino a metà schiena e i suoi occhi verdi sembravano due smeraldi.
<<Avrei una domanda.>> iniziò lui che venne subito ammutolito dalla donna che stava scrivendo qualcosa.
<<Mi dispiace per lei, cara, ma sono un gran chiacchierone.>> si avvicinò con il busto e lei gli rivolse la sua attenzione.
<<Perché ha scelto me come protagonista?>>
America non poteva certo dirgli che era la sua cotta al liceo, non poteva mettersi così tanto in ridicolo. <<Sarò franca, nessuno può interpretare il ruolo dello stronzo meglio di lei, Downey. In base alle sue performance passate ho capito che sarebbe stato perfetto.>> sorrise falsamente e a lui questa risposta bastò. <<Ho già scritto la prima scena, le manderò il copione per e-mail. Lo stampi se può, e tra due settimane ci saranno i casting per la protagonista femminile, deve dirmi se per lei va bene un certo tipo di attrice e se ha delle preferenze.>> gli rivolse uno sguardo interrogativo.
Lui scosse la testa. <<Nessuna preferenza, una donna vale l'altra.>>
Lei, soddisfatta dalla risposta, mandò un messaggio a Chloe, la sua assistente, per comunicarle di annunciare i casting per la protagonista.
<<Dov'è cresciuta?>> chiese improvvisamente.
Non era da America essere colta alla sprovvista con domande sul suo passato. Preferiva non ricordare quella determinata parte della sua vita che aveva lasciato nella lontana New York. C'erano tanti segreti che America nascondeva, si era chiusa in se stessa e detestava essere vulnerabile agli occhi degli altri. <<New York.>> disse solamente. Di lui poteva fidarsi in un certo senso, in fondo era stato lui a spingerla ad abbandonare il Queens per addentrarsi nel mondo del cinema.
<<Anch'io, che magnifica coincidenza!>> sospirò entusiasta.
Arrivarono i caffè, dopo del tempo che sembrava infinito.
<<Dove precisamente?>> continuò lui riferendosi alla città natale della regista.
Per lei era troppo, odiava le domande. <<Il mio contratto lavorativo comprende anche il fatto di non rivelare informazioni personali.>> bevve il suo caffè immediatamente e posò la tazzina nel piatto.
Niente zucchero, caffè nero e amaro come la sua anima. <<Oltretutto, detesto le domande.>>
<<Molto bene, America. Devo scappare, ho una riunione, ma sono sicuro che ci rivedremo.>> ammiccò lasciando venti dollari in contanti su quel tavolo e andò via.
Lei incrociò le braccia al petto, sbuffando.
<<Spaccone.>>

𝑃𝑙𝑎𝑦𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑤𝑖𝑡ℎ 𝐷𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑦 - 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡 𝐷𝑜𝑤𝑛𝑒𝑦 𝐽𝑟.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora