Capitolo 17

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<<America!>>
America non stette a sentire Robert chiamarla, voleva solamente andar via da lì. Aveva già sofferto abbastanza e quella scena era stato il colpo di grazia.
Chiamò un taxi ma, prima che potesse salire a bordo, Robert la prese per un braccio e la fece sbattere contro il suo petto.
<<Lasciami, Robert!>> provò a dimenarsi. Non volle guardarlo negli occhi perché sapeva che l'avrebbe stesa solo con il suo sguardo pungente.
<<America, è stato agghiacciante, lo so. Prova a fare un respiro profondo e torniamo in hotel.>> la guardò negli occhi.
Lei annuì e salirono sul taxi. Durante il tragitto nessuno dei due disse niente, non ne avevano il coraggio. Dio solo sapeva quanto Robert avrebbe voluto stringerla tra le sue braccia e dirle che per lei ci sarebbe sempre stato, ma questo avrebbe peggiorato solamente le cose.
<<Non le è venuto in mente che prima o poi l'avrei cercata. Neanche un biglietto, che egoista!>> mormorò lei.
<<Non dire così, America.>>
<<Non mi ha dato una spiegazione, nessuno me l'ha mai data. Io non dovevo finire in quell'orfanotrofio, meritavo di sapere almeno il motivo. Volevo solo avere una madre che mi amasse, non ho certo chiesto la luna!>> guardò fuori dal finestrino.
Eppure, per quanto si sforzasse, non riusciva a far uscire una sola lacrima dagli occhi. Robert aveva capito che il motivo del suo continuo malumore era il fatto che avesse bisogno di amore, era fermamente convinto che suo marito non l'amasse come meritava. Downey poteva farlo, era disposto ad amare di nuovo dopo la morte di Miranda. Voleva amare lei, voleva che America si lasciasse amare da qualcuno invece di sprofondare nell'eterna solitudine.
L'attore prese il cellulare e chiamò la polizia, segnalando il suicidio di Marianne Hudson.
Il taxi arrivò a destinazione, come al solito fecero a turno per pagare la corsa, questa volta toccò a Downey.
<<Vado in camera, non voglio essere disturbata.>> mormorò mentre si avviava verso l'ascensore.
Robert non sapeva che fare, odiava vederla così triste e non poteva farci niente. Entrambi avevano visto la morte, purtroppo America l'aveva presa diversamente.
Aprì la porta della sua stanza e si buttò di peso sul letto, iniziando a guardare il bianco soffitto.
Passò qualche ora e lei si addormentò, tutto senza piangere. Non ne aveva più le forze. Era stato un colpo vedere quella scena orribile.
Ad un tratto squillò il telefono e lei si svegliò di soprassalto.
Si passò una mano sulla fronte e si alzò dal letto per rispondere. <<Avevo chiesto di non essere disturbata.>> ringhiò.
<<Sono desolata, Mrs. Hudson, ma ci sono alcuni problemi con il pagamento della suite.>>
America sbuffò. <<Sto arrivando.>> indossò le scarpe, inforcò gli occhiali da sole per evitare che la vedessero con le occhiaie abbastanza marcate, e uscì dalla camera.
Mentre aspettava che l'ascensore risalisse, si fece una coda di cavallo. Entrò dentro l'elevatore e aspettò che la portasse al piano terra. Arrivata alla reception vide davanti a sé una figura che avrebbe riconosciuto tra mille: c'era Robert davanti a lei, indossava uno smoking nero e sorrideva come un ebete.
Lei si avvicinò, levandosi gli occhiali.
<<Ti avevo detto che volevo stare da sola.>> incrociò le braccia al petto.
<<Credimi, tu non hai bisogno di stare da sola. Te lo chiedo per l'ennesima volta: vuoi cenare con me?>> le porse la mano.
Lei accettò titubante e la direttrice li salutò. <<Buona cena, signori.>> sorrise.
<<Scommetto che c'è il tuo zampino. Mi hanno chiamata per farmi cenare con te, non è vero?>> chiese lei mentre Robert la conduceva nel giardino sul retro.
<<Però, come sei perspicace! Te l'ho detto che prima o poi avremmo cenato insieme.>>
America alzò gli occhi al cielo per il tentativo abbastanza patetico di Robert, ma lo trovò anche un bel gesto. Si trovarono davanti al giardino, era immenso e la piscina olimpionica occupava gran parte di esso. In lontananza riusciva ad intravedere un tavolino e l'attore le fece cenno di seguirla. Il panorama era magnifico: si vedeva New York in tutta la sua magnificenza.
<<Oggi non hai pranzato, ho pensato che avessi fame.>> la fece accomodare sulla sedia di fronte a lui.
<<Non sono vestita in modo adatto, a quanto pare.>> mormorò osservando l'abbigliamento dell'uomo di fronte a lei.
<<Non importa, sei bellissima comunque.>> le sorrise mentre stappò la bottiglia di costosissimo champagne e ne versò un po' nei loro bicchieri.
La regista non volle rovinare la serata a Robert a causa del suo malumore, quindi pensò che fosse meglio rifugiarsi in camera. <<Non ho voglia di bere, scusami.>> America si alzò e fece per andar via, ma lui la fermò per la seconda volta in una giornata.
<<America, guardami negli occhi quando ti parlo.>> disse, vedendo gli occhi della regista rivolti verso il basso.
Lei, per la prima volta nella sua vita, si sentì in dovere di obbedire a qualcuno. Robert aveva questo potere su di lei, in un certo senso quella cotta che aveva per lui da ragazza non era mai svanita. La regista alzò lo sguardo e se lo ritrovò a pochi centimetri dal suo viso.
<<Non credere che ti lascerò andare una volta che questa storia finirà, te lo scordi.>>
America posò la fronte sulla spalla di Robert e lui la strinse a sé, rassicurandola.
<<Quanta pazienza che hai.>> farfugliò.
<<Anche troppa. Sei una vera peste, eppure non voglio che tu rimanga sola.>>
Lei sorrise. Almeno lui la faceva sentire come se fosse la cosa più speciale del mondo.
<<Cenerò con te.>>
<<Ma...?>>
<<Niente "ma", cenerò con te senza nessuna condizione.>> ridacchiò lei mentre Robert la fece sedere nuovamente.
Lei prese il bicchiere e lo avvicinò alle labbra, bevendo un sorso di champagne.
Guardò il panorama quasi con nostalgia. <<È così bella da lontano, ma poi... tutto è più brutto visto da vicino.>>
<<Non tu.>>
America lo guardò per un secondo e constatò che dicesse sul serio a giudicare dal suo sguardo.
<<Domani si torna a casa.>> mormorò.
<<Quasi mi dispiace. Devo ancora trovare un vestito adatto per la première.>> si lamentò lui.
Anche America avrebbe dovuto trovare qualcosa di adatto, ma non sapeva né dove né cosa.
<<Aiutami tu a trovare qualcosa perché proprio non so come vestirmi.>> disse lei.
<<Tornati a Los Angeles andremo a cercare qualcosa di adatto, o magari ci faremo fare qualcosa su misura.>>
Lei annuì distrattamente mentre Robert si alzò a prendere la cena. <<Io e te siamo simili, America.>> iniziò.
Lei cominciò a mangiare, anche perché non toccava cibo dalla sera prima. <<Non credo proprio.>>
<<Non te ne accorgi ma io e te abbiamo sofferto tanto. In modo diverso, certo, ma se ci pensi siamo uguali.>>
Lei ridacchiò per la sua affermazione. Non potevano mai e poi mai essere simili. Lei era perfida, tutta d'un pezzo; lui invece era un gran gentiluomo, faceva il possibile per accontentare tutti. Però tutti hanno un lato oscuro: il lato oscuro di America era la bontà, quello di Robert era la perfidia assoluta. Sapeva essere cattivo quando voleva.
<<Se lo dici tu, allora ci credo.>> lo liquidò.
America iniziò a giocare con la manica della sua maglietta, abbassando lo sguardo. Lui si alzò e si avvicinò a lei, accovacciandosi per raggiungere la sua altezza. Le prese il mento e si fece guardare.
<<Sono grato di averti conosciuta, perché sei fantastica. Potrai anche avere un pessimo carattere ma sei riuscita a sconvolgere la mia vita, sei un'amica meravigliosa.>>
Robert ci sapeva fare con le belle parole, tant'è che riuscì a migliorare l'umore della regista.
<<Hai mai pensato di fare il life coach?>> chiese ridendo.
<<Potrei essere il tuo, a quanto pare sono bravo a farti sorridere.>> si alzò e le lasciò un bacio tra i capelli.
Questo gesto fece scoppiare il cuore della regista.
<<Ti sei preso troppa confidenza, non ti ho autorizzato a farlo.>> rispose acidamente.
In qualche modo doveva mascherare che il gesto di Robert fu più che gradito.
<<Non te l'ho mica chiesto.>> rispose lui.
Ormai riusciva a tenerle testa, la cosa era alquanto difficile, ma lui era bravo con le donne.
<<Facciamo una foto ricordo. Ne faccio sempre una con il regista.>> prese il cellulare dalla tasca e si avvicinò a lei, attivando la fotocamera del dispositivo.
<<Fai un bel sorriso.>> lei gli mise un braccio attorno le spalle e sorrise.
Quella foto sarebbe rimasta nel telefono di Robert per sempre, l'avrebbe conservata gelosamente.
<<Balliamo.>> disse improvvisamente.
America spalancò gli occhi per la proposta. <<Io non ballo.>> si tirò indietro.
Lui, in tutta risposta, mise della musica con il cellulare e la fece alzare.
<<Rob, sul serio, non so ballare.>> replicò.
Lui le mise le mani sui fianchi e le sorrise. <<Non è difficile, devi seguire il ritmo.>>
Robert iniziò a farle muovere i fianchi con entrambe le mani, e lei si irrigidì. <<Rilassati, America.>> mormorò.
La donna, presa dall'emozione, pestò per sbaglio il piede di Robert.
<<Ahia!>> serrò le labbra, imprecando dal dolore.
<<Scusa.>> ridacchio lei, vedendo l'amico piegarsi in due dal dolore.
<<Non fa niente. Cazzo!>> si morse il labbro.
In poco tempo, America aveva già preso familiarità con il ballo, tant'è che Robert le fece fare una giravolta su sé stessa. E fu così che America imparò a ballare e si rese anche conto che suo marito non le aveva mai insegnato veramente.

𝑃𝑙𝑎𝑦𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑤𝑖𝑡ℎ 𝐷𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑦 - 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡 𝐷𝑜𝑤𝑛𝑒𝑦 𝐽𝑟.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora