Capitolo 6

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Per America, uno dei peccati più grandi che si possano commettere in un matrimonio, è la menzogna.
Odiava mentire a Liam, infatti avrebbe dovuto dirgli che quel giorno avrebbe lavorato fino a tardi. Stava preparando la colazione mentre il marito indossava la cravatta, pronto per il lavoro. America mise tre pancakes nel piatto di Liam con un po' di sciroppo d'acero; a completare la colazione fu un bicchiere di succo d'arancia. La regista prese una tazza e preparò il suo caffè doppio, come ogni mattina. Per lei i pancakes contenevano troppe calorie e non li avrebbe mai mangiati prima della première di un suo film, doveva assolutamente entrare nel vestito e non sembrare un barilotto.
Liam arrivò in cucina e si sedette sulla sedia, aprendo il giornale nella pagina dello sport. <<I New York Yankees hanno vinto di nuovo, a quanto pare.>> esultò lui.
<<Oggi tornerò tardi, abbiamo tante scene da girare.>> mentì lei mentre avvicinava la tazza di caffè alle labbra.
<<Anch'io tornerò tardi, i ragazzi hanno organizzato una cena e non posso mancare.>> la guardò e chiuse il giornale.
Finì la sua colazione in poco tempo, diede un bacio alla moglie e scappò al lavoro.
America iniziò a rassettare la cucina, fece un po' di faccende domestiche e andò a farsi una doccia. Per pranzo preparò una ciotola enorme di insalata, che mangiò guardando un film. Aveva ancora quattro ore prima che Robert l'andasse a prendere, così fece un giro nella sua stanza del cinema. Era una stanza piena di scaffali con riposti centinaia, se non migliaia, di dvd messi nelle rispettive custodie. Fece un giro leggendo attentamente i vari titoli, ricordando esattamente quando li aveva acquistati. Erano ordinati per genere, c'era di tutto e di più su quegli scaffali. C'erano perfino i suoi film con la versione estesa, le scene tagliate e i commenti del regista: lei. Amava quella sala. Era una valvola di sfogo quando era incasinata e il cinema l'aveva sempre aiutata.
Al centro della sala c'era posizionata una poltrona bordeaux, davanti a sé un mega schermo ed esso era collegato al Dolby Surround, per una migliore acustica.
Chiudeva sempre la stanza a chiave prima di uscire, non era permesso nemmeno a suo marito di entrare lì dentro. Ogni tanto la colf andava a pulire casa se America era troppo impegnata, e puntualmente la porta rimaneva chiusa. Quella stanza la puliva da sé, nessuno osava avvicinarsi, forse nemmeno Liam sapeva dell'esistenza di quella stanza meravigliosa.
Ad America non piaceva condividere i propri pensieri, le proprie emozioni o i propri segreti; non si fidava molto e faceva bene. Forse era per questo che non aveva alcuna amica fidata. Conosceva molta gente ma non aveva mai avuto nessuno, a parte Chris, che l'ascoltasse appieno.
Ogni tanto le piaceva ricontrollare i dvd e vedere che erano perfettamente in ordine come voleva lei. Era anche una maniaca dell'ordine; se i dvd non erano riposti perentoriamente in ordine alfabetico, quella impazziva.
Uscì da quella stanza e la chiuse con la chiave che poi rispose nel cassetto del comodino nella camera padronale. Andò a cercare qualcosa da indossare che fosse opportuno per l'occasione. Odiava dover indossare dei pantaloncini, si sentiva a disagio, così mise un semplice paio di jeans non troppo stretti e una maglietta nera. Il colore prevalente nel suo guardaroba era il nero, ovviamente.
Fece una coda di cavallo ed evitò di mettere le lenti a contatto. Sì, America era miope e se ne accorse troppo tardi, prima di correggere la sua vista. In casa indossava sempre un paio di occhiali enormi; quando doveva uscire, invece, metteva le lenti a contatto.
Erano le cinque in punto quando Robert suonò al campanello. America prese il suo piccolo zaino e uscì di casa. Aprì la porta e si ritrovò davanti l'uomo sorridente.
<<Buon pomeriggio, America.>> la salutò mentre stringeva lo zaino nelle sue spalle.
Era vestito come un classico uomo che stava per andare in campeggio: pantaloncini cargo color sabbia e maglietta nera, anche lui.
La donna ricambiò il suo sorriso. <<Ciao, Robert.>> chiuse la porta di casa e lo seguì mentre si incamminava verso le colline.
<<Siamo già a Hollywood Hills, quanto in alto dobbiamo arrivare?>> chiese seccata.
Non avevano percorso nemmeno dieci metri e già era stanca.
<<Sei incredibile! La scampagnata è bella proprio perché si cammina per ore.>> la riprese.
A sentire quelle parole lei sbuffò, pentendosi di aver accettato un invito del genere. Cominciava a rimpiangere le feste in cui si beveva e si chiacchierava senza dover percorrere un solo metro, e pensò che tra una settimana si sarebbe tenuta una festa in spiaggia organizzata da Tim Burton in persona per festeggiare i suoi sessant'anni. Avrebbe invitato tutti i principali attori dei suoi film, anche i registi con cui aveva più confidenza, cioè America.
<<A proposito, sei molto carina con quegli occhiali. Potrei pensare che tu sia dolce, se non ti conoscessi.>> la prese in giro.
Lei alzò gli occhi al cielo. <<Divertente, davvero divertente.>> commentò.
La regista si fermò di colpo, piegando le ginocchia e poggiandosi con la mano ad un palo della luce. <<Comincio a pentirmi di non aver accettato il tuo invito a cena.>> ridacchiò, e Robert insieme a lei.
<<Sei stata talmente orgogliosa da dirmi di no, adesso ne paghi le conseguenze.>> la guardò mentre riprendeva fiato.
Prese una borraccia metallica dallo zaino e gliela porse. <<Grazie.>> accettò senza fare troppe storie e bevve l'acqua, per poi restituirgli la borraccia.
I due camminarono per un'ora buona finché non arrivarono davanti la gigantesca scritta di Hollywood. Da vicino si vedeva che era abbastanza vecchia, c'erano disegnati perfino dei graffiti che nessuno avrebbe mai notato da lontano.
<<È sempre affascinante questa città.>> America posò una mano sulla H.
Le lettere si tenevano in piedi grazie ad una struttura che le incatenava al terreno roccioso. Di fianco ad ogni lettera vi era una scala per raggiungerne la cima.
Le si affiancò Robert. <<Puoi dirlo forte, questa è la città dei sogni. Chiunque abbia mai avuto un sogno, venendo qui, l'ha realizzato. Un po' come me.>> disse con una nota di nostalgia nella sua voce.
Gli mancava New York. Le luci e i palazzi alti fino al cielo. Sopratutto gli mancava Time Square, quel posto con il suo moderno carattere.
Lei gli mise una mano sulla spalla. <<Io non voglio più metterci piede a New York, ho dei brutti ricordi di quel posto.>> ammise.
Non era pronta a rivelargli il perché di quel cambio d'umore improvviso. Si allontanò, guardando il panorama e, con esso, anche il sole tramontare.
<<Voglio saperne di più, voglio sapere di più su di te.>> si avvicinò a lei, facendola voltare.
America abbassò lo sguardo. Non poteva confidarsi con un estraneo, non lo faceva né con suo marito, né con il suo migliore amico. A lui non avrebbe mai aperto il suo cuore.
Robert si accorse che non voleva parlarne, così cambiò discorso. <<Lascia stare, saliamo la scala.>> disse lui, e di questo America gliene fu grata.
Iniziarono ad arrampicarsi fino a raggiungere la cima della Y. Lui l'aiutò prendendole la mano. Il piedistallo era abbastanza piccolo, così si ritrovarono l'uno di fronte all'altro. Si fissarono negli occhi e lei stava perdendo il controllo, non era mai stata attratta da un uomo che non fosse suo marito, eppure con Robert era tutto così sorprendente. Non aveva mai detto, nemmeno nella sua mente, che non fosse un bell'uomo. I suoi capelli castani erano perfettamente corti sui lati e il ciuffo ricadeva sulla fronte. La sua barba era ben curata, perfetta agli occhi di America. Anche Robert la trovava una donna bellissima, non c'era alcun dubbio.
<<Magari dovremmo scendere.>> farfugliò lei, imbarazzata.
<<Guardiamo il tramonto, è un momento magnifico.>> si girò a guardare il sole tramontare tra i palazzi della città.
Ma lui sapeva che nessun tramonto sarebbe stato più bello di America Hudson.

𝑃𝑙𝑎𝑦𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑤𝑖𝑡ℎ 𝐷𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑦 - 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡 𝐷𝑜𝑤𝑛𝑒𝑦 𝐽𝑟.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora