Capitolo 8

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<<America!>> urlò l'attore seguendo la sua regista.
La donna era parecchio impegnata e aveva tenuto fede alla promessa di non rivolgergli la parola per tutto il giorno, forse anche di più. Controllava che sul set filasse tutto liscio come l'olio, in realtà c'erano alcuni guasti e avrebbe dovuto chiamare l'assistenza.
<<Parlami, America, questo silenzio è straziante.>> la seguì mentre lei controllava i moduli.
Rivolgeva la sua attenzione a tutti fuorché a lui, e questo lo faceva impazzire.
In lontananza, un paio di ragazze stavano chiacchierando di fronte ad una ciambella e un bicchiere di tè freddo.
<<Secondo, me tra quei due c'è qualcosa.>> mormorò una di loro.
<<Lo penso anch'io. Hai visto come litigano? Sembrano una coppietta in crisi.>> ridacchiò l'altra.
America le sentì e si precipitò da loro. <<Non vi pago per fare pettegolezzi. Tornate al lavoro.>> ringhiò.
Le ragazze tornarono ai loro posti e America sbuffò.
Robert la prese per un braccio e la trascinò in un angolo. <<Spiegami che ti prende.>> la fissò dritta negli occhi.
La donna non emise un suono, nella sua mente le cose non sarebbero cambiate. Nessuno aveva mai osato trattarla così, lei non era un oggetto.
Incrociò le braccia al petto. <<Hai intenzione di non parlarmi per tutto il giorno?>> le chiese.
Vedendo che lei non aveva intenzione di rispondere, se ne andò, pronto a girare la prossima scena.
America sbuffò nuovamente e andò a sciacquarsi il viso nel bagno delle signore. Aveva accumulato parecchio stress negli ultimi giorni e detestava a morte vedere dei segni d'espressione sul suo viso.
<<Silenzio sul set, prego.>> strillò prima di sedersi sulla sedia e accendere la telecamera.
I ragazzi erano pronti a recitare. Robert cercò lo sguardo della regista ma lei non voleva saperne.
Mise il ciak davanti la telecamera. <<"Only Mine", scena ventitré. Azione.>> gridò prima di tornare a sedersi.
Robert non volle recitare, difatti si avvicinò ad America, furioso. <<Se non hai intenzione di guardarmi nemmeno quando recito trovati pure un altro attore.>> detto questo si avviò verso la porta.
America spalancò la bocca di fronte a quella scena. L'intera troupe scoppiò in un brusio generale e la donna non poté fare a meno di zittire tutti.
<<Se va via dovremmo registrare il film tutto dall'inizio con un nuovo attore. Non abbiamo tempo e non rientreremo nel budget di produzione.>> replicò uno degli assistenti di America. Lei strinse i pugni, iniziò a pensarci e non le conveniva assumere qualcun altro. Si alzò di scatto e corse a prendere Robert. <<Va bene, la smetto con il mio giochetto, ora porta il culo sul set.>> gli urlò.
Lui in tutta risposta si voltò e la guardò ghignando. Voleva andare fino in fondo, farle rendere conto che quel brutto carattere doveva sparire. <<Solamente se ti scusi.>> incrociò le braccia al petto.
America emise una risata sonora. <<Scordatelo, non mi abbasserò mai così tanto al tuo livello.>> ridusse gli occhi a due fessure, aspettando una sua risposta.
Intanto la troupe era lì ad ascoltare e confabulare.
<<Molto bene, America, è stato un piacere. Mandami lo stipendio per posta.>> replicò cercando di andar via.
<<E va bene, sei un idiota e col cazzo che mi scuso! Ne trovo almeno cinquanta migliori di te!>> urlò lei.
Odiava quell'uomo, la sfiniva e la faceva ammattire. Perché l'aveva assunto? Forse perché sperava che eseguisse gli ordini come un perfetto soldatino.
Lui tornò indietro posizionandosi davanti a lei con sguardo di sfida. <<Ma davvero?>> chiese retoricamente.
<<E non è tutto! Sei più ottuso di un angolo di centosettantanove gradi e il tuo cervello fa invidia ad una gelatina!>> urlò.
Non ne poteva più di lui, a costo di sembrare pazza davanti ai suoi dipendenti, ma doveva liberarsi di un macigno.
<<Se la metti così...>> a quel punto la prese in braccio, caricandola sulla sua spalla. America iniziò a dimenarsi e scalciare, urlando. <<Mettimi giù o giuro che...>>
<<Mi licenzi? L'ho già fatto io, dolcezza.>> la interruppe lui.
La trascinò dentro la sua roulotte e chiuse la porta, mettendola poi giù. Lei incrociò le braccia al petto. <<Tu non stai bene, hai bisogno di rivedere le tue priorità, te l'ha mai accennato nessuno?>> fece una smorfia di rabbia.
L'aveva resa ridicola di fronte a tutti, non si era mai sentita tanto umiliata in vita sua.
<<Non renderò le cose difficili, preferisco non umiliarti ulteriormente. Chiedimi scusa come si deve e tornerò a girare il film, non ti conviene assumere qualcun altro.>> mormorò.
Aveva ragione. America non avrebbe potuto assumere un altro attore. Avevano già il manifesto del film pronto con la faccia di Downey stampata a grandezza naturale.
<<Io non devo scusarmi di niente.>>
<<Sì, invece. Sei stata scortese con me, arrogante e infantile. Devi lavorare sulla tua personalità.>>
Lei abbassò lo sguardo, sapeva di non essere così socievole, ma non pensava di essere il peggior capo mai visto.
<<Mi dispiace.>> farfugliò.
Lui si mise una mano dietro l'orecchio, avvicinandosi a lei. <<Non ho sentito, puoi ripetere?>> le chiese ridacchiando.
Lei strinse i denti. <<Mi dispiace.>> incrociò le braccia al petto.
<<Potresti inginocchiarti?>> rise.
La donna non gli diede retta, capendo che stava esagerando. Odiava dover chiedere scusa, odiava lui. Lei odiava chiunque. Non aveva il coraggio di guardarlo, era stata ridicolizzata e mai nessuno l'aveva fatto.
<<Verrai alla cena di stasera?>> chiese cambiando argomento. E per questo America lo ringraziò mentalmente.
Ci pensò su per un attimo. Non aveva alcuna voglia di vedere gente, eppure ci sarebbe andata comunque.
<<Forse, se ne avrò voglia.>> uscì dalla roulotte e tornò a casa grazie a Kevin e alla sua pazienza infinita.
Passò tutto il pomeriggio a decidere se andare o no alla cena, in realtà non sarebbe mancata occasione per mettersi in mostra. E se c'era una cosa che piaceva ad America era il protagonismo.
Il suo ultimo psicanalista aveva tenuto una cartella con il profilo della regista. E cito:

"America Hudson esercita narcisismo e arroganza da manuale; il suo protagonismo può danneggiare coloro che le stanno intorno. Crede fermamente di essere superiore agli altri, nonostante le sue ovvie inadeguatezze; le piace vedersi come un leader; decisamente moralista su molteplici aspetti, e incapace di prendere una vera decisione."

Il problema più grande di America era il fatto di non sentirsi mai accettata dal mondo, questo le aveva fatto perdere fiducia in se stessa e acquistare un'arroganza quasi protettiva per la sua persona.
Alla fine decise di andare alla cena, difatti indossò un vestito nero, lungo fino a metà coscia e a maniche lunghe. Ovviamente abbinò vari accessori e un paio di décolleté del medesimo colore del vestito.
Diede il resto della giornata libera a Kevin e raggiunse il piccolo ristorante nel centro di Los Angeles. Scese dalla sua auto e si diresse dentro il locale che pullulava di membri del cast che chiacchieravano animatamente. Poi notò Robert che scherzava con Jennifer e provò un nuovo sentimento, a lei fino ad ora sconosciuto: la gelosia.
Non ne aveva motivo, lo odiava quasi a morte, eppure le dava fastidio che parlasse con un'altra donna. Lui si voltò quasi per sbaglio e la vide, era come un raggio di sole, illuminata solo dal lampadario che pendeva dal soffitto. La trovava magnifica, come sempre. Si scusò con l'attrice e raggiunse la regista. <<Sono contento che tu sia venuta.>> la squadrò. Lui indossava un semplice completo nero, senza cravatta, però.
<<Non potevo lasciarvi soli, sareste persi senza di me.>> ammiccò andando a salutare il resto dei ragazzi che ovviamente, ricambiarono in modo formale.
La serata procedeva bene, cercarono di farla ridere alcune volte ma senza successo. Il ghiaccio non si scioglie con facilità quando attorno è circondato da un freddo polare.
Non era un segreto per Robert che tutta la troupe la detestasse. La chiamavano "la dittatrice", nemmeno la volevano alla cena. Era stato lui ad invitarla. Odiava il fatto che, per colpa del suo carattere, dovesse restare da sola. Lui era l'unico a tenerle testa e presto si sarebbe accorto che con lei avrebbe solo sprecato del tempo prezioso.
Erano seduti vicini, lei annuiva ai discorsi degli altri, annoiata a morte. A quel punto a Robert venne un lampo di genio, l'avrebbe fatta sciogliere un po', non c'era motivo di costruire una muraglia attorno a sé, se poi aveva bisogno molto più affetto di chiunque altro al mondo.

𝑃𝑙𝑎𝑦𝑑𝑎𝑡𝑒 𝑤𝑖𝑡ℎ 𝐷𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑦 - 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡 𝐷𝑜𝑤𝑛𝑒𝑦 𝐽𝑟.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora