Lievi carezze

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Si guardarono in modo truce. "Vado via." Sbottò Alice alzando i tacchi e dirigendosi verso la porta.
Giorgio la osservò mentre camminava e sbuffò passandosi una mano sul viso. "So che me ne pentirò." Disse ad alta voce. "Ma resta, Belfiore."
Alice sorrise e poi si girò verso di lui con espressione seria. "Va bene, Maffei. Iniziamo con le regole." Disse in modo categorico. "Non si fumano canne."
"Non fumo." Disse Giorgio aggrottando le sopracciglia.
Alice storse il naso. "Qui c'è odore d'erba." Affermò.
"Ah." Giorgio si colpì col palmo della mano la fronte. "Saranno stati i miei amici." Disse.
"Sai che succede se si sente puzza di erba e qualcuno chiama i Carabinieri?" Chiese Alice alzando un sopracciglio.
Giorgio sorrise lievemente. Gli erano mancati i battibecchi con lei. Inconsciamente, certo, ma gli erano mancati. "Non succede un cazzo perché non possono entrare. È violazione di domicilio e mi privano della mia libertà personale." Disse con un sorrisetto furbo. Giorgio era uno di quei ragazzi che pensava di poter fottere il mondo.
Alice rise. "Se ci sono prove tangibili (o anche solo il sospetto), Maffei, possono intervenire."
Giorgio e Alice si guardarono per attimi interminabili. "Legge?" Sospirò Alice.
Giorgio annuì. "Secondo anno." Disse.
"Merda." Sussurrò la ragazza. "Non ti ho mai visto in facoltà, però." Rifletté.
"Ci sono raramente." Giorgio alzò le spalle. "Giusto alle lezioni con l'obbligo di frequenza."
Alice sorrise lievemente. "Ah, già. Tu sei una rondine, non ti si può mettere in gabbia che sennò impazzisci."
Giorgio rise socchiudendo gli occhi. "A quanto pare ti dovrò sopportare pure in facoltà." Disse dopo essersi ripreso dalle risa.
Alice alzò gli occhi al cielo. "Bea come sta?" Chiese il ragazzo camminando verso la cucina.
"Sta bene." Disse Alice. "Non serve fingere che ti interessi."
"Caffè?" Giorgio la ignorò.
La bionda annuì. "Quant'è d'affitto?" Chiese osservando ogni minimo particolare. La casa le piaceva. Era ben arredata e spaziosa, doveva costare una fortuna. "Ottocento al mese." Giorgio alzò le spalle mentre preparava il caffè. Alice si sedette sul divano.
"Come fai da solo a pagare tutto?" Chiese curiosa.
"Sto in debito col padrone di casa. È un rompicoglioni assurdo, pure un po' stronzo." Storse la bocca anche se Alice non poteva vederlo.
"Con me è stato tanto carino al telefono.." Sussurrò lei.
Giorgio rise. "Si scoperebbe qualsiasi cosa con un buco. Ha sentito che sei una ragazza e farà una visita eccezionale solo per provarci con te." Disse con nonchalance. "Come mai qui a Roma?" Chiese cambiando il discorso.
Alice era rimasta traumatizzata dalle informazioni che aveva ricevuto dal ragazzo. "Io- Sai come funziona, lì." Giorgio annuì lentamente per poi girarsi.
Alice aveva abbassato lo sguardo. "E allora non c'è niente da aggiungere. Sai come funziona e il motivo che mi ha spinto qui è lo stesso tuo." Si morse l'interno di una guancia mentre raccontava l'ennesima menzogna. Ma in fondo perché doveva raccontare della sua vita a un ragazzo che, prima d'allora, l'aveva sempre presa in giro e isolata?
La risposta di Giorgio la spiazzò. "Non morderti la guancia, Alice." Mai in tutti quegli anni l'aveva chiamata per nome.
Ciò non fece altro che far aumentare ad Alice la presa sulla morbida carne della sua guancia. Giorgio le si avvicinò e dolcemente le accarezzò il volto, facendola rilassare. Il biondo sorrise fra sé e sé. "Quindi," disse ritornando ai fornelli e togliendo il caffè dal fuoco. "la verità qual è?" Chiese ancora di spalle versando il liquido nero in due tazze.
Ed Alice lo guardò chiedendosi come cazzo si era accorto della sua bugia.

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