Alice come acqua

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"Buongiorno Alice." Sussurrò Giorgio con voce assonnata ancora con un braccio avvolto attorno la vita di lei.
"Buongiorno." La ragazza sbadigliò. "Che ore sono?"
"Non ne ho idea."
"Che giorno è?" Mugolò girandosi e facendosi piccola contro il petto di lui.
"Lunedì, Alice." Avrebbe voluto chiamarla 'piccola' perché era davvero piccola, era minuscola e così grande, però sapeva che sarebbe stato strano per tutti e due, che sarebbe stato troppo. Avevano passato una vita ad odiarsi, non potevano di punto in bianco amarsi alla follia.
"Non vado all'università, rimettiti a dormire e taci." Sbadigliò di nuovo per poi cingere la vita di Giorgio con le braccia e chiudere gli occhi.
Giorgio le accarezzò i capelli con un'accortezza che non pensava d'avere nei suoi confronti. Quelle stesse mani che tante volte le avevano procurato dolore quella notte le avevano fatto provare piacere e quella mattina conforto. Non pensava che potesse essere così delicato con lei e la lingua tremava nella sua bocca, perché voleva chiedergli se facesse così con tutte, se lei fosse solo una delle tante. Fremeva dalla voglia di chiederglielo ma prima di aprire bocca sentì la voce roca di Giorgio giungerle alle orecchie. "È strano, sai?" Poté giurare che stesse sorridendo. "Non ho mai fatto l'amore con nessuna e non pensavo che mai l'avrei fatto, soprattutto con te." Sapeva che se fosse stata sveglia quelle parole non gliele avrebbe mai dette, sapeva che se avesse aperto gli occhi si sarebbe allontanato scottato dalla sua presenza e dal suo sguardo e che sarebbe scappato da bravo codardo. Così represse un sorriso e con un gemito mezzo strozzato si girò dall'altra parte, allontanandosi di molto dal corpo del ragazzo.
Poco dopo Giorgio le cinse la vita e la riavvicinò a lui. "Mi scappi sempre, Alice, mi scivoli via dalle dita come acqua. Non ti permetterò di farlo anche quando dormi."
"So chi è il padre." Era al telefono con Bea, Giorgio dormiva ancora. Non aveva voluto svegliarlo e aveva messo la sua maglietta per poi andare a fare colazione e, siccome si stava annoiando, aveva chiamato l'amica per sentire come stava.
"Da quando?" Alice si accigliò leggermente.
"Da sempre, Alice, da quando ho scoperto di essere incinta." La ragazza si sentì tradita. Erano amiche, perché le aveva mentito? Perché le aveva tenuta nascosta una cosa così grande? Si conoscevano dal liceo, diamine, da quando tutte e due andavano al Tre.
"Perché non me l'hai detto?" Giorgio entrò in cucina, addosso aveva solo un paio di boxer e il suo bellissimo sorriso. Aveva lanciato un'occhiata ad Alice ed il suo sorriso si spense non appena notò che era al telefono.
"Avevo paura di una tua reazione, all'inizio. Poi le cose si sono complicate."
"Una mia reazione? Che intendi Bea?" E il ragazzo dai capelli biondi si immobilizzò sul posto. Alice continuava ad osservare le sue gambe scoperte non accorgendosi minimamente della presenza di Giorgio.
"Che... Alice, è complicato ok?"
"Non è ok! Dimmi che cosa succede! Perché avevi paura di una mia reazione?"
Ci fu un attimo di silenzio. Tutto ciò che Alice sentiva era il battito del suo cuore che andava troppo veloce. "Sono ancora in contatto con lui." La voce di Bea si era ridotta in un sussurro. "Non lo vuole il bambino, Alice, e non lo voglio neanch'io."
"E perché questo disgraziato non vuole suo figlio?" Sbottò la rossa.
Giorgio si era poggiato allo stipite della porta e osservava Alice diventare nera di rabbia per qualcosa che non la riguardava minimamente. "Perché non vuole me, Alice! Vuole un'altra! Ed è di questo che ti voglio parlare."
"Mi vuoi parlare della puttana che ha rubato il padre di tuo figlio?" Sputò quelle parole con rabbia. E Bea, d'altro canto, non poté che ridacchiare. "Che ti ridi?" Ringhiò.
"La 'puttana' sei tu."
"Che stai blaterando?"
"Il futuro padre di mio figlio vuole te." Alice alzò di scatto la testa e solo allora si accorse di Giorgio. Lo guardò intensamente.
"M-Me?" I suoi occhi erano ancora incollati a quelli verdi di lui.
"Alice, ora io ti dico chi è il padre ma tu non fare cazzate, ok?" Chiese Bea titubante. "Alice ora ti dico il nome ma tu non devi più avere contatti con lui."
Gli occhi della rossa guizzarono su per il corpo di Giorgio. Il sangue le si gelò nelle vene e Giorgio, che aveva lo stesso sangue suo, subì la stessa identica cosa. Un brivido gli percorse la schiena velocemente, dritto fino a mordergli la nuca.
"Non devo più avere contatti con lui?" Dall'altra parte del telefono l'amica taceva. "Questo vuol dire che ne ho già avuti?" Il ragazzo dai capelli arrabbiati come i suoi la guardava con occhi colpevoli, velati di compassione.
"Sì." La voce di Bea era un sussurro. "Alice, ascoltami bene, il padre è-"
Non la lasciò finire, non le fece finire la frase che lanciò un urlo nero. "Giorgio!" Tolse il telefono dall'orecchio e lo sbatté violentemente per terra. Bea rimase zitta col telefono ancora appiccicato alla guancia, sentiva soltanto dei suoni metallici e sperava con tutto il cuore di non essere arrivata troppo tardi.
"Alice, ascoltami.." Giorgio si passò una mano fra i capelli ma Alice non aveva sentito le parole che vennero dopo quelle, era talmente nera, talmente arrabbiata che voleva spaccare il mondo. Si fiondò contro il ragazzo e gli diede un pugno sulla guancia, un pugno fortissimo, mai in vita suo gliene aveva dato uno così.
Il biondo girò la testa di lato e sputò sul pavimento bianco sporcandolo di rosso. Quando ritornò col viso verso Alice non si aspettava di trovarla così. Si aspettava di vederla travolta dal dolore con le guance rigate dalle lacrime, invece se la ritrovò davanti a sé completamente nuda. Se la ritrovò ad un palmo dal viso. "Toccami, avanti."
"Cosa?"
La ragazza aprì le braccia in modo teatrale. "Toccami!" Lo incitò.
Giorgio la guardò confuso. "Non è forse questo quello che vuoi? Aggiungere un'altra tacca sul tuo letto?" Le parole che aveva sentito quella mattina erano evaporate. Non se le ricordava nemmeno più.
"Alice, io..."
La rossa rise amaramente. "Tu hai fatto sesso con la mia migliore amica!" Gridò. Gli lanciò addosso la maglietta che aveva messo quella mattina. "Sei un figlio di puttana!"
Giorgio digrignò i denti perché sapeva che aveva ragione e faceva male. "L'hai messa incinta e hai fatto sesso con me come se niente fosse! Lo sapevi, Dio santissimo! Lo sapevi!"
"Alice, non era-"
"Stai zitto!" Il petto di lei si alzava e si abbassava a una velocità impressionante. Dopo poco gli voltò le spalle e se ne andò in camera sua, prese i vestiti di lui e li lanciò con violenza fuori dalla porta mentre si infilava delle mutande e un reggiseno. Giorgio la seguì e guardò i suoi indumenti sul pavimento per poi osservare lei con la testa immersa nell'armadio. "Cosa stai facendo?" Le chiese a bassa voce con le labbra strette. Sentiva il sapore del sangue in bocca e lo sentiva pure Alice e tutto quello le faceva schifo. Le veniva da vomitare.
"Me ne vado." Giorgio strinse i pugni ed Alice si infilò una maglietta nera con dei jeans. Infilò velocemente i calzini e le scarpe per poi mettersi una felpa. Si legò i capelli velocemente e poi si voltò verso il ragazzo.
"Alice, non è stato... sesso... quello che ho fatto con te." Gli era costato molto dire quella frase. Lui che non mostrava mai i propri sentimenti ora si stava mettendo a nudo di fronte a lei solo per non farla scappare, per non farla andare via. Sapeva che sarebbe stata felice senza di lui, lo sapeva, ma sapeva anche che sarebbe stato uno schifo e l'egoismo aveva preso il sopravvento. "Io ho fatto l'amore con te."
Alice aveva le spalle curve come se sostenesse un peso da troppo tempo e fosse semplicemente esausta. "E con lei?" Fermò i suoi occhi in quelli di Giorgio e al ragazzo mancò il fiato.
"Con lei no." Disse piano cercando di non affogare in quei pozzi di rabbia. Bea aveva ragione. Due come loro non erano capaci di provare amore. L'amore era una cosa troppo pura e loro erano troppo sporchi.
"Non ti voglio." Disse Alice a testa alta. "Fidanzati con lei, Giorgio. Falle volere il bambino, io un aborto sulla coscienza non lo voglio avere."
"Non posso, Alice, io t'appartengo." Disse il ragazzo passandosi una mano fra i capelli.
"Ma io non appartengo a te."
"Stai rinnegando il tuo stesso sangue?" Giorgio si accigliò.
"Non hai il mio stesso sangue." Ringhiò Alice. Il ragazzo la prese di peso e la portò in bagno e la rossa non protestò; non ne aveva la forza.
Quando però Giorgio prese in mano una lametta iniziò a preoccuparsi. Il ragazzo si tagliò la carne del palmo della mano ed Alice lo guardò - mentre risucchiava un respiro -leggermente confusa. Poi Giorgio si avvicinò a lei e capì. "No!" Disse svelta mettendo le mani dietro la schiena e scuotendo la testa. Giorgio si avvicinò comunque a lei con la lametta alta.
"Dammi la mano." Disse.
"No." Scattò. "Smettila."
"Dammi quella mano!" Urlò Giorgio. "Devo farti vedere che abbiamo lo stesso sangue, Alice, tu mi appartieni e io appartengo a te." Era disperato; la voleva, la voleva in quel momento. Voleva che restasse e che lo perdonasse.
"No, non t'appartengo." Giorgio a quel puntò con un gesto veloce passò la lametta sulla guancia di lei facendola sanguinare. Sorrise e poggiò la mano sulla pelle morbida di lei, sporcandosi del suo sangue e sporcando lei del suo.
"Vedi, Alice?" Mostrò alla ragazza la mano. "Vedi come si mischiano bene? Vedi come stanno bene insieme? Noi pure staremmo bene insieme."
Alice si portò una mano sul taglio fresco e lo toccò con le dita per poi osservare il sangue che le macchiava la pelle. Scosse la testa. "Tu non stai bene, Giorgio."
"No che non sto bene! Te ne stai andando!"
"Cresci il bambino con Beatrice, Maffei."
Giorgio la guardò con le sopracciglia corrugate e con un'espressione triste sul volto. "Sii prudente, Belfiorellino. Questo mondo è... selvaggio." Abbassò lo sguardo quando la ragazza gli voltò le spalle e si mise seduto a terra quando sentì la porta sbattere.
S'avvicinò al lavello e mise la mano sotto l'acqua fredda e vide come si colorava di rosso e tutto ciò gli ricordò Alice. Il rosso apparteneva ai suoi capelli e lei era come l'acqua, scivolava via dalla dita come niente.

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