"Sei mai andata a trovare tua madre in carcere?" Chiese Giorgio. Erano stravaccati sul divano intenti a guardare un film che non interessava minimamente a nessuno dei due, entrambi avevano quell'espressione impassibile che li perseguitava da sempre. Era un marchio di fabbrica, tutti quelli di Tevi erano così. Mentre i protagonisti si prendevano per mano e si guardavano amorevolmente entrambi furono presi alla sprovvista da una punta di invidia. Non sarebbero stati così con nessuno perché le persone come loro non riuscivano ad amare. L'amore non era per loro, non sapevano cos'era.
"Raffaella non la vedo da un po', forse è un annetto." Disse Alice impassibile. Sembrava che a quei due - invece che il sangue - scorresse l'odio e il gelo nelle vene, lo stesso odio e lo stesso gelo a cui erano stati sottoposti per tanto, troppo tempo.
"Questo l'ho capito." Sospirò frustrato. "Ma perché non la vai a trovare?" Le chiese. Spostò lo sguardo nella sua direzione in attesa di una risposta.
"Non abbiamo nulla da dirci." La rossa alzò le spalle. "Me la sono lasciata dietro, Giorgio. Per me Raffaella è morta."
"Non puoi dire così." Il biondo aggrottò le sopracciglia. L'adolescenza era passata da un bel po', non c'era più motivo di detestare i propri genitori. A quell'età i ragazzi ci si rifugiavano fra le braccia di una madre o di un padre.
"L'ho appena fatto." Un sorriso apparve sulle labbra leggermente rosse della ragazza.
"Alice, dai, non fare la stupida." Giorgio parve esasperato. Non accettava semplicemente il fatto che una come lei che arrivava da Tevi sputasse sopra l'unica cosa che le fosse rimasta. Non lo accettava. "Cos'ha fatto di così tanto terribile per non meritarsi nemmeno una parola?"
"Ha ammazzato fottutamente un uomo." Ringhiò la rossa. "Davanti a questi occhi." Si portò gli indici sotto di essi e Giorgio ingoiò a vuoto.
"Chi?" Non era sicuro di volerlo sapere, aveva seppellito quell'idea, quell'argomento da tempo. Voleva ricordarsi Raffaella per quello che era: una persona amorevole, gentile e sempre disponibile.
Alice rimase in silenzio a guardare la tv, l'espressione era ritornata impassibile. Negli occhi, però, si scorgeva un leggero luccichio che Giorgio subito riconobbe. A primo impatto sembrava fosse una lacrima ma era un ricordo. La ragazza stava tornando indietro nel tempo e la cosa la distruggeva lentamente come per tutti coloro che non avevano passato un'infanzia felice. "Dovrei chiamare Bea." Disse di punto in bianco, dopo un bel po'. Si avviò verso il corridoio ma il biondo la rincorse con la voce.
"Che le devi dire?" Chiese Giorgio con sospetto. In realtà non doveva dirle nulla, voleva solo allontanarsi dal suo sguardo inquisitorio.
"È incinta, ha bisogno di sostegno." Disse Alice atona.
"Non ne ha bisogno e lo sappiamo entrambi." La rossa si fermò e si girò verso di lui.
"Non voglio dirti chi ha ucciso mia madre." Disse. "Sto andando in camera a rifugiarmi dai ricordi."
"Non ti fanno male, Ali. Sono solo ricordi."
"I tuoi, forse. I miei sono armati fino ai denti e fanno un male cane." Alice scomparve dal suo campo visivo e Giorgio girò il viso verso la televisione. Era un film melenso e decisamente irrealistico soprattutto per lui. L'amore secondo il biondo era solo una leggenda.
"Vuoi fare l'amore con me?" Chiese la protagonista.
L'uomo sorrise. "Certo, piccola."
Giorgio fece un verso disgustato per poi spegnere la tv. Perché alle persone piace questa roba? Si chiese. Entrò nella sua camera e trovò Alice già bella che addormentata. Era davvero bella senza tutto quel trucco sul viso, con i capelli sciolti e alla rinfusa e con l'espressione rilassata. Era a dir poco bellissima. Il ragazzo si tolse i vestiti per poi rimanere in boxer e si coricò. Quando il letto cedette sotto il suo peso producendo un piccolo scricchiolio Alice aprì gli occhi. Erano leggermente rossi ed erano arrabbiati da morire.
Nel piccolo appartamento di quella palazzina andata a male una figlia osservava la madre con occhi stracolmi di lacrime. "Che cosa hai fatto?!" Sbraitò.
"Alice, tesoro.." Si avvicinò alla figlia con occhi imploranti e mani tinte di rosso. Quel sangue che Raffaella aveva sulle mani era lo stesso che in quel momento scorreva fra le vene di Alice.
"Non ti avvicinare! Sei matta, completamente fuori di testa!" La ragazza aveva le mani fra i capelli, lo sguardo addolorato.
La Polizia arrivò qualche ora dopo e la situazione non era cambiata di molto. La figlia si teneva ancora a distanza di sicurezza dalla madre che aveva ancora le mani macchiate di sangue, di malefatte, di peccati. Due uomini varcarono quella soglia e uno portò via Alice, la fece uscire dall'appartamento e - pacatamente - si fece spiegare quello che era successo. L'altro poliziotto si era addentrato nel piccolo appartamento seguendo la scia di sangue. Un uomo dai capelli rossi era sdraiato per terra con l'espressione contratta in una smorfia di dolore. Il corpo era squarciato, gli organi erano stati strappati con cattiveria mentre lui era ancora vivo - o almeno questo fu quello che disse il medico legale. Prese, poi, Raffaella per le braccia e l'ammanettò cercando di non toccarla troppo. Sembrava che gli facesse schifo. La portarono via senza neanche recitare la solita filastrocca: "Ha il diritto di rimanere in silenzio.." oppure "È accusata di questo reato". La portarono via come se fosse una bestia.
Alice osservò la madre che saliva nella volante che sembrava appagata. Poche lacrime le rigarono il viso mentre sentiva le sirene portarle via l'unica cosa stabile della sua vita: la famiglia.
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Wild world
RomanceAlice e Giorgio sono nati e cresciuti in un ambiente che non fa per loro. Si incontrano per la prima volta alle elementari e si perdono di vista, per poi ritrovarsi insieme al Tre. Una volta finite le superiori le loro strade si dividono. Due anni d...