Il freddo

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Era inverno.
Una bambina dai capelli rossi raccolti in delle trecce girava per le strade. Addosso aveva solamente un maglioncino e dei pantaloni. Si gelava.
Il naso le colava e lei se lo puliva con la manica del maglione grigiastro. Stava piangendo.
La bambina stava tremando dal freddo per quelle strade deserte. Non sapeva dove si trovasse e non sapeva perché era lì. Era scappata di casa perché il padre aveva iniziato ad urlare e non aveva voglia di starlo a sentire.
Si sedette sul ciglio della strada con le braccia incrociate e, mentre sbatteva i denti, singhiozzava. Era così piccola.
Il cielo era grigio scuro, sembrava quasi notte ma erano solo le cinque del pomeriggio. A breve avrebbe fatto buio.
Un singhiozzo più rumoroso fuoriuscì dalle sue labbra e sentì dei passi. Si alzò un po' dolorante e cercò di scappare da quei passi che la mettevano in soggezione.
"Belfiore!" Si fermò come se fosse stata gelata. Poi, piano, si girò.
Quei passi la mettevano in soggezione per il semplice motivo che appartenevano a Giorgio Maffei.
"Maffei." Il suo era un lamento. Giorgio la fissò a lungo, aveva le labbra viola e le guance rossissime.
"Da quanto sei in giro?" Chiese avvicinandosi a lei.
"Non lo so." La bambina, Alice, si strofinò gli occhi. "A te che ti frega?" Mugolò.
"Stai gelando."
"Non è vero!" Si strinse nelle spalle mentre si sforzava di non tremare.
"Vieni qua, cretina." Giorgio si sfilò il piumino che aveva addosso e lo porse ad Alice.
"Non ne ho bisogno." Disse.
Il bambino dai capelli biondi la guardò con le sopracciglia inarcate. "Non fare la stupida." Prese il piumino e lo mise dietro le spalle di Alice che malvolentieri infilò le braccia nelle maniche. "Meglio?" Chiese Giorgio con un sorriso. La rossa annuì e il bambino dai capelli biondi ampliò il suo - già grande - sorriso.
"Perché mi hai dato la giacca?" Alice tirò su col naso e il bambino di fronte a lei smise di sorridere.
"Vieni, ti porto a casa." Prese la mano della bambina e la trascinò per quelle vie buie, malfamate e per niente adatte a loro. Ma dopo poco ci si faceva l'abitudine, dopo un po' non ci si faceva più caso a certe cose.
"Perché mi stai aiutando?" Il biondo sbuffò senza rispondere. "Rispondi, Maffei."
"Qual è il tuo problema, Belfiore? Ti sto aiutando, smettila di fare la stupida. Potrei farti tremila domande ma mi sto zitto, apprezza tutto questo." Ringhiò Giorgio. La verità è che non lo sapeva nemmeno lui perché la stesse aiutando, si erano sempre stati antipatici e si facevano dispetti di continuo. Motivi per aiutarla non ce n'erano.
Però vederla sul ciglio della strada a tremare di freddo coperta solo da un leggero maglione lo fece tentennare per un attimo. Si vedeva che aveva bisgno d'aiuto e quello che le dava una mano voleva essere lui per qualche assurdo motivo.
I bambini rimasero in silenzio tutto il tragitto, quando raggiunsero il palazzo di Alice si guardarono un attimo negli occhi. "Non dire a nessuno quello che è successo." Disse Giorgio stringendosi nelle spalle.
Alice si fece piccola. "Nemmeno tu." Neanche un saluto. La rossa salì di corsa le scale con la vergogna che le mangiava le viscere ed il biondo osservava le sue trecce ondeggiare.
Una volta che Giorgio si incamminò verso la sua casa un brivido di freddo gli attraversò la schiena. "Il giacchetto!" Disse per poi colpirsi la fronte con la mano aperta. Non voleva però tornare e chiederlo indietro, gli piaceva come le stava. Così, nonostante il freddo, tornò a casa.
Il giorno dopo Giorgio era ammalato e Alice, a scuola, sfoggiava il suo piumino nuovo.

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