Il Secco

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"Giorgio, andiamo via. Devo lavorare." Disse Alice dopo aver pulito il disastro che aveva fatto.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e poi si voltò verso Bea. "Chi cazzo deve lavorare alle sette di sera?" Avevano passato una bella giornata. Non erano usciti perché le cose a Tevi erano rimaste invariate. Erano stati tutto il tempo seduti su quelle sedie consumate a parlare di stronzate e a ricordare.
"Io." Scattò Alice. "Io vado a lavorare dalle nove alle quattro del mattino."
"Orari così li hanno solo le puttane." Bofonchiò Giorgio.
Bea lanciò uno sguardo ad Alice. "Non gliel'hai detto?" Le chiese.
"Certo che sei proprio stronza, tu." Beatrice le sorrise innocentemente.
"Che mi devi dire?"
"Niente." La rossa abbassò lo sguardo per poi far scattare la mandibola.
Il biondo guardò prima Alice e poi Bea in cerca di risposte. "Ali, lo scoprirà comunque. Non puoi andarci sola, a L'Alibi, ti dovrà accompagnare e prima o poi lo scoprirà."
"L'Alibi? Non è una discoteca?"
Alice ormai non era più lì. Col pensiero era altrove. Potevano dire quello che gli pareva e Bea l'aveva notato, per questo parlò. "Sì, è una discoteca. Alice lavora lì."
"Si vergogna di fare la barista?" Chiese Giorgio.
"Non fa la barista, Giorgio."
Il ragazzo spalancò di poco la bocca per poi lasciarsi andare in un sorriso. "È la titolare?"
Beatrice rise. Alice come titolare era inadatta. "No, Gio'." Rise ancora.
La rossa si girò verso Giorgio. Puntò i suoi occhi marroni in quelli verdi di lui. "Faccio la spogliarellista." Lo disse senza alcuna espressione, quasi con rassegnazione.
Gli occhi parvero al biondo vitrei, sconsolati. Deglutì lentamente e cercò di farle un sorriso rassicurante. "Tranquilla, Ali. Si fa di tutto per i soldi." Lo sguardo che la rossa gli riservò era davvero terrificante. Quella frase era suonata meglio nella sua testa.
"Io non faccio tutto per i soldi. Mi è capitato quel lavoro e basta." Ringhiò.
Bea era quasi abituata a vedere come si alterasse per il suo lavoro. "Andiamo a casa, Giorgio, te lo chiedo per favore. Mi devo preparare.." La voce di Alice era stanca, strascicata.
"Non ti prepari lì?" Chiese il biondo aggrottando le sopracciglia.
"Intendevo psicologicamente." Fece un verso di disgusto. "Non sai come ci si sente a stare su quel palco."
Giorgio non fiatò, prese solamente le chiavi della macchina e fece un cenno. Si avvicinò a Bea e - leggermente imbarazzato - gli lasciò un bacio sulla guancia. Piccolo e veloce. La bionda l'apprezzò comunque.
Alice guardò solamente l'amica. "Ti chiamo quando arrivo a L'Alibi." Disse guardandola insistentemente. Bea capì il perché di tutte quelle attenzioni da parte sua e le sorrise per poi annuire. "Andiamo, Giorgio."
Scesero le scale e la rossa guardò l'ora. "Sono le sette e un quarto. Se non arrivo in tempo saranno cazzi tuoi." Disse spazientita mentre Giorgio rideva.
Si avvicinava la fine d'ottobre, le giornate s'accorciavano. "Lavori anche ad Halloween?"
"Ovviamente." Alice sbuffò. "Anche a Natale o a Capodanno. Qualche volta posso chiedere un giorno di ferie ma non mi pagano, quindi.." Lasciò la frase in sospeso.
"Così fai la spogliarellista," incalzò il biondo mentre apriva la macchina.
"Già." Disse la rossa sbrigativa entrando in macchina. Giorgio sospirò.
Entrò anche lui nell'auto e inserì le chiavi nel nottolino. Alice era dannatamente silenziosa e guardava fuori dal finestrino. O meglio: faceva finta di guardare fuori dal finestrino, in realtà era concentrata sul riflesso di Giorgio che appariva su di esso. "Sono così bello, Alice?" Un ghigno si aprì sul suo volto perennemente rilassato. La ragazza divenne rossa in viso. "Sembri una ragazzina, arrossisci pure. Che carina." Giorgio si fece beffa di lei e come ricompensa ricevette un sonoro schiaffo sul braccio. Alice si morse il labbro. "Non puoi picchiarmi con tutt'e due le mani fuori uso."
In macchina calò il silenzio. Si sentiva solo il motore e l'asfalto sotto le ruote. "Non ce l'hai una radio su questo catorcio?"
"Ehi, non insultare la mia Ashley." Disse Giorgio portandosi una mano all'altezza del cuore.
"Gli hai dato un nome?" Alice si voltò verso di lui con un sorriso divertito sul viso.
Il ragazzo alzò le spalle. "No, me lo sono appena inventato. Tutti i ragazzi sono ossessionati dalle macchine e magari ti posso sembrare strano dato che non parlo della mia come se fosse una persona." La ragazza si mise a ridere di gusto, anche se da ridere non c'era nulla.
"Ora mi sembri strano il doppio, Maffei!"
Giorgio le fece un cenno verso lo sportello. "Nel porta oggetti ci dovrebbero stare dei CD."
Alice si chinò leggermente verso destra e guardò la sfilza di CD che Giorgio teneva in macchina. "Non sono originali." Disse.
"Mica sono un milionario. Ho un computer a casa e un sacco di tempo libero." Il ragazzo sorrise.
La rossa alzò gli occhi al cielo mentre ne prendeva uno a caso. 'Canesecco' era scritto con la stessa grafia del campanello di casa di Giorgio. "Rap?" Chiese retoricamente.
Il biondo annuì e Alice mise a posto il CD per poi mettersi meglio sul sedile. "Non fare la schicchinosa." Disse ridendo. "Ce ne stanno altri se non ti piace il Secco."
"No, tranquillo. Va bene così. Dormirò un po'."
La verità era che lei, il "Secco", lo conosceva come conosceva qualsiasi altro rapper. Solo che le loro canzoni erano talmente vere, contenevano talmente tanta rabbia che si trovava arrabbiata anche lei. Alice amava il rap, però non poteva ascoltarlo. Riaffiorava in lei troppi ricordi e troppo rancore.
Giorgio la osservò con la coda dell'occhio pensando che quella ragazza alta appena un metro e settanta racchiudeva troppi segreti. Ciò che lo spaventava era che lui volesse conoscerli tutti.

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