Ali

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Quando Alice si svegliò quella domenica era sola. Non sentì alcun rumore se non un leggero borbottio che proveniva dalla cucina. Scostò le coperte dal suo corpo leggermente accaldato e si sciolse i capelli per poi andare in cucina.
"Buongiorno." Disse sbadigliando appena solcò la porta. Si stiracchiò ad occhi chiusi e quando li riaprì si ritrovò tre paia di occhi puntati contro.
Arrossì un po' e tentò di abbassarsi la maglietta troppo corta. "Wow." A rompere il silenzio fu un ragazzo seduto al centro del divano. Era moro e aveva gli occhi castani. L'altro, quello seduto alla sua sinistra, aveva i capelli biondo cenere e gli occhi scuri. Alla loro destra c'era Giorgio. Sorrideva divertito.
"Come?" Chiese Alice un po' spaesata. Il moro la guardò e le sorrise.
"Ciao Ali." La salutò Giorgio. "Loro sono Natale e Luca."
"Ciao." Disse.
Il moro si alzò e le prese la mano per poi portarsela alla bocca. La baciò mantenendo un contatto visivo con Alice. "Chiamami Nat, non sopporto il mio nome." La ragazza annuì sempre più confusa.
"Perché mi stai baciando la mano, Nat?" Disse ridendo leggermente.
"Galanteria, piccola." Le sorrise.
"Hai delle belle gambe." Intervenì Luca.
"Grazie." Alice aggrottò le sopraciglia. Guardò Giorgio. "Tu non hai complimenti da farmi?" Gli chiese sorridendo.
Prese del latte dal frigorifero e lo posò sul piano della cucina. "Le tazze dove sono?" Chiese aprendo più sportelli.
"No, stanno in alto. Ferma che ti fai male." Giorgio balzò in piedi e l'affiancò.
"Posso arrivarci benissimo da sola." Disse.
"Non senza che ti si alzi la maglietta e il tuo bellissimo sedere venga messo in mostra." Bisbigliò il ragazzo.
Alice strabuzzò gli occhi. "C-Cosa?"
"Luca e Nat ti stanno spogliando con lo sguardo da quando sei entrata. Perché non ti sei vestita?"
"Cosa sei? Mio padre?" Ringhiò. "Sono abituata a certi sguardi." Sputò con rabbia.
"Certi sguardi non si dovrebbero ricevere, Alice." Disse Giorgio. "Non dai miei amici, almeno."
Alice lo guardò in modo truce. Giorgio aprì uno sportello e le porse una tazza. "Fai colazione e poi vatti a vestire. Tu sei abituata a certi sguardi, io no." Disse con rabbia.
Alice versò il latte nella tazza e poi lo bevve d'un sorso così com'era: freddo e insipido. Con un gesto secco la posò sul bancone e lanciò un ultimo sguardo di fuoco a Giorgio prima di andare in bagno. Fece pipì per poi uscire. "Giorgio, non mi posso vestire."
Il ragazzo la guardò un po' spaesato e poi si ricordò. "Oh." Osservò con la coda dell'occhio i due amici che continuavano a fissarla senza pudore e, alzandosi, prese le due teste per poi farle scontrare. "Guardatevi fra di voi, coglioni." Disse.
Prese il polso d'Alice e la portò in camera sua. Frugò per un attimo nell'armadio prima di dargli dei pantaloni della tuta neri e un'altra maglietta grigia.
Si voltò per andare di nuovo da Nat e Luca ma Alice lo fermò. "Che cazzo hai sulla schiena?" Quasi urlò.
"Henné, Alice. Fra tre mesi se ne va." Disse Giorgio tranquillamente mentre si girava verso di lei. Alice lo prese per le spalle e lo fece girare. Osservò per un paio di minuti il tatuaggio e sorrise. Percorse tutte quelle linee con le dita e Giorgio chiuse gli occhi beandosi del suo tocco. "Ali." Sussurrò Alice. "Hai tatuato delle ali sulla tua schiena. Tu che assomigli più al Diavolo ti sei disegnato delle ali da angelo."
Si allontanò di poco da Giorgio e si diresse verso il letto. Si infilò i pantaloni della tuta e arrotolò le gambe di essa.
Il ragazzo neanche si girò. Uscì dalla stanza e Alice si tolse la maglietta per poi mettersi l'altra.
Quando rientrò in cucina i ragazzi le diedero una rapida occhiata e poi Nat e Luca distolsero lo sguardo, notando che era vestita. Giorgio invece rimase a guardarla.
"Dobbiamo passare da Bea." Disse Alice. "Devo fare le valigie e prendere tutta la roba."
"Perché la tua roba sta da Bea?" Chiese il ragazzo.
"Lunga storia." Lo liquidò. "C'è della birra?"
Nat si girò verso Alice. "Sono le dieci del mattino, Rossa."
"E io voglio una birra." Lo guardò negli occhi in un modo così intenso che il moro dovette abbassare lo sguardo.
"Alice, non lo guardare così. Lo fai cagar sotto dalla paura."
La ragazza li guardò per un momento. Erano diversi. Erano diversi da loro. Lo si vedeva dallo sguardo: il loro non era cattivo.
"Lo so." Disse lei con un sorriso.
Nat si strinse nelle spalle.
"Sai che c'è, Alice?" Erano di nuovo a Tevi. Stavano seduti su delle panchine in silenzio. Le valigie pronte si trovavano sui sedili posteriori dell'orribile macchina di Giorgio.
"Cosa c'è?" Alice aggrottò le sopracciglia e posò lo sguardo su di lui.
"Mi sono tatuato quelle ali per vedere come ci si sentiva ad avercele." Disse Giorgio piano. "Il Diavolo voleva per una volta sentirsi un Angelo." Sussurrava perché le cose che stava dicendo erano al limite dell'assurdità. "E tu, Alice?"
"Io cosa?" Alice aggrottò le sopracciglia.
"Tu cosa sei? Un Angelo o un Diavolo?"
"A cosa mi paragoneresti?" Chiese Alice. Giorgio la studiò, si girò verso di lei e guardò attentamente il suo profilo, i suoi capelli e le sue lentiggini.
"Ad un Angelo." Disse convinto.
"Perché?"
"Non lo so, somigli ad un Angelo."
Alice sorrise. "Eppure sono un Diavolo."

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