Operazione

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Washijou's pov

-aspirate-

L'atmosfera all'interno di quella stanza era particolarmente tesa, o forse ero io che sentivo in modo eccessivo l'ansia.
Nonostante i tanti anni di servizio e i numerosissimi interventi eseguiti, un poco di irrequietezza si era instaurata nel mio basso ventre.

Fortunatamente proprio grazie alla mia lunga esperienza avevo imparato a controllarla allo stesso modo di come controllo un braccio o un piede. Con gesti fluidi muovevo le mie mani sul corpo della giovane Emma, sdraiata sotto di me.
Il suo volto non esprimeva alcuna emozione. Quando solitamente mostrava più sentimenti, un insieme di gioia, irruenza e allegria di mischiavano colorando il suo viso. Ora, invece, le guance erano troppo rilassate per poter appartenere a lei, la fronte troppo liscia per comunicare qualunque cosa, le palpebre aperte leggermente davano l'impressione di avere davanti un... cadavere.

Dopo anni passati ad osservare le sue azioni per la prima volta mi spaventavo a vederla in quelle condizioni, neanche il respiro che andava a inumidire le sue labbra.
Ma non mi scomposi.

Il bypass era attivo, il cuore fermo. Un'altra cosa al quanto spaventosa se ci si pensa.

-prendiamo il secondo polmone-

Con gesti fluidi recisi quello che sembrava una grossa sacca consumata, lontanamente somigliante a un polmone, e la sostituii con l'organo roseo che l'infermiera mi porse.
Bruciai i capillari recisi, legai il nuovo secondo polmone al resto del corpo e lo adagiai sul fondo della cassa toracica.
Mi presi un attimo di contemplazione.

Dieci anni di università, quasi ventidue in cui lavoro in questo ospedale. Una vita di esperienze, e mai avevo visto una cosa del genere.

Sul vassoio accanto a me erano adagiati i due organi appena espianti, di un colore scuro, talvolta macchiato da cerchi neri. Possibile che si possano essere ridotti così per quell'incidente? Forse non l'avrei mai potuto scoprire, ma poco importava. Non era una malattia, ne tanto meno una questione di genetica, quindi l'unica cosa di cui mi sarei dovuto preoccupare da quel momento è che emma stesse bene.

Mi voltai verso la ragazza, il bypass ancora acceso. Un brivido mi percorse la spina dorsale.

-da quanto è attaccata al bypass?-
-2 ore e 47 minuti-

"Più di quello che mi aspettassi"

Con lo sguardo vagai per la stanza, finendo per osservare la macchina che permetteva al suo sangue di circolare. Piccoli e grandi tubi pompavano il liquido vermiglio dall'attrezzo al suo corpo caricandolo dell'ossigeno necessario.
Certe volte mi sorprendeva come la tecnologia rendesse la vita dei chirurghi molto più facile... anche se l'idea di avere cuore e polmoni bypassati mentre un attrezzo mi tiene in vita non è una delle esperienze che vorrei sperimentare.

Presi un profondo respiro.
-bene, stacchiamo il bypass-

Con gesti veloci una delle infermiere vestite di camice verde schiacciò qualche pulsante. Contemporaneamente il computer venne acceso di nuovo, mostrando le linee indicanti i valori vitali del paziente. Lentamente i tubi trasparenti smisero di far circolare il sangue, il rumore continuo e assordante dell'assenza di battiti riempì il silenzio della stanza.
I secondi passarono. E continuarono a passare.

"Emma?"

Il computer non accennò a muovere una sola linea dei valori vitali. Il bip continuò a persistere.

-avanti...-

E i secondi continuarono a passare.
Niente.
Mi sentii impotente, non potevo fare nulla se non aspettare, e aspettare... ma non si poteva aspettare per sempre. Fissai con insistenza lo schermo davanti a me, mentre l'ultimo briciolo di speranza si stava lentamente spegnendo.

A Piccoli Passi / Nishinoya YuuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora