Lacrime

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Yuu's pov
Ripensare a quella notte mi fece tremare un poco.
Ultimamente erano diventati molto rari attacchi così forti.

"Quella corsa..."

Era colpa mia.
Ne ero più che certo.
Più me ne rendevo conto e più il mio cuore faceva male. L'avevo sottovalutato, preso dalla speranza che come qualche altra volta non sarebbe successo nulla, e le ho fatto male.
Mi sedetti sulla panchina dello spogliatoio, pieno di borsoni e felpe lanciate per aria, spesso di altre squadre. C'era un odore abbastanza forte di chiuso, probabilmente per la ressa che c'era stata al momento degli arrivi. Ai miei piedi il mio borsone, con al suo interno ancora la mia gomitiera.
Misi le mani sugli occhi cercando di soccombere il senso di colpa.
Sapevo che Emma non sarebbe stata d'accordo con il mio punto di vista. Dovevo pensare al campionato, presto saremmo scesi in campo per la partita contro l'Aoba Jōsay, e non dovevo farmi distrarre da pensieri futili.

Mi voltai alla mia sinistra, appoggiati c'erano il mio asciugamano e un piccolo oggetto sopra di esso, che rifletteva la poca luce del sole che entrava dalla piccola finestrella sopra di noi.
Lo tirai su dal mantile e strinsi tra le mani il portafortuna che proprio lei mi aveva regalato il giorno prima, e ci riposi tutte le mie speranze. Mi alzai girandomi un poco intorno e osservando gli indumenti neri sparpagliati intorno a me che riportavano la scritta Karasuno.
Non ero solo in quella battaglia, e proprio per questo ero certo della vittoria.
Gliel'avevo promesso.

Quella ragazza mi aveva cambiato qualcosa ultimamente, ma ancora non capivo il significato di quel sentimento strano. Forse ne avrei dovuto parlare con qualcuno, ma di certo non era quello il momento.

"Andrà tutto bene."

Mi voltai verso la porta dello spogliatoio. Dalla finestrella si vedeva qualche testa passare avanti e indietro. Mi avviai per uscire in campo: in una mano l'asciugamano, nell'altra il piccolo ciondolo a forma di quadrifoglio, che misi al collo.

*~*

Un mese dopo

Emma's pov
Distrutto era una parola troppo semplice per descriverlo. Quando tornò a casa dopo la partita lo vidi letteralmente in lacrime.

Al suono del campanello andai ad aprire la porta, anche se ero certa che avesse le chiavi, ma una volta ritrovatomelo di fronte tutta l'ansia che avevo coltivato durante il pomeriggio per la partita si era tramutata immediatamente in preoccupazione.

Lo vidi entrare trascinando i piedi, lanciare a terra il borsone, e togliersi la giacca a strattoni, quasi volesse strapparla, per poi buttarla incurante sull'attaccapanni di legno che mamma aveva portato via con se alla morte del padre, e a cui teneva tanto.
Vidi le copiose lacrime scendere dal suo viso, contro ogni sua volontà e cariche di dolore. Avrei voluto anche io versare qualche lacrima, perché il suo stato pietoso mi faceva rivoltare il cuore dal dolore, ma mi trattenni con tutte le forze. Sapevo che non sarebbe stato utile.

Non disse nulla.
Si fiondò tra le mie braccia senza chiedere niente, come se fosse l'ultima sponda a cui aggrapparsi, e si sfogo in singhiozzi sempre più disperati.
Presto la mia maglietta, rubata rigorosamente dal suo cassetto, fu satura di lacrime amare, mentre delicata misi una mano sulla sua schiena.

Mentre cercavo di trovare un modo per confortarlo nella mia testa scorsero velocemente le immagini del giorno in cui pianse per Asahi. Anche quella volta non avevo saputo cosa fare, o come comportarmi, e ben presto mi resi conto che non avrei potuto solamente rimanere ferma sul pianerottolo pieno di scarpe con lui tra le braccia.

Iniziai ad accarezzargli le spalle dolcemente. La sua stretta era talmente forte che potevo sentire tutti i muscoli tesi e scossi dai suoi singhiozzi, e in certi momenti mi mancò anche il respiro.

A Piccoli Passi / Nishinoya YuuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora