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La voce al di là della porta arrivava ovattata e distorta. Ayame aveva fatto in modo che nessuno venisse a disturbarla, ma sua madre era ostinata, almeno quanto lei e continuava a irrompere nel silenzio di quella stanza.
Erano passati due giorni dal litigio con Shota e lei non sapeva ancora se provare a parlarci o meno. Da quando era successo quel fatto era cambiato e, benché lo sostenesse ugualmente, Ayame iniziava a sentire un peso sul cuore.

Shota si stava praticamente autodistruggendo. Si allenava spesso. Se non era nella palestra della scuola lo trovavi nel suo sacco a pelo a dormire oppure a studiare in qualche angolo remoto della scuola.
Passava poco tempo con Ayame, ma lo capiva,doveva ancora trovare il suo modo per superare il lutto.

Sospirò e si decise ad aprire alla madre, che aspettava pazientemente davanti alla porta.
-C'è Shota. Prova a parlarci, ok tesoro?
Ayame annuì distrattamente. Era raro che Shota si presentasse a casa sua senza preavviso, ma in quel momento le sembrava la cosa più logica da aspettarsi.
Mise dei pantaloni, che non aveva toccato in due giorni e scese le scale, osservando il suo ragazzo ancora di fronte alla porta d'ingresso.
Gli fece cenno di seguirlo, sotto il pesante sguardo della madre, intenta a cullare la piccola Kyoka.

Si rinchiusero in camera, entrambi in silenzio.
Shota aveva lo sguardo puntato sulla ragazza, che a sua volta cercava di evitare i suoi occhi, puntando i propri sul pavimento.
-Yame. Uhg, dannazione. Non so davvero da dove cominciare.
Shota aveva tentato di instaurare un qualche tipo di conversazione, ma era davvero in alto mare.
Si sedette di peso sul bordo del letto, poco più distante da Ayame.
Aveva lo stomaco in subbuglio e così tante idee in testa che non sapeva da cosa cominciare.

-Mi trasferisco in America.
Erano poche parole. Semplici e concise.
Shota sbarró gli occhi e si volse verso Ayame.
Osservò come stringeva gli occhi, come le nocche stavano diventando bianche per la pressione e i suoi vestiti si stessero stropicciando sotto la sua presa.
Entrambi sentivano le stesse emozioni: angoscia, paura. Erano sotto pressione e nemmeno si rendevano conto di quanta tensione dominasse l'aria.

-Mi hanno offerto un lavoro. È questo quello che avrei dovuto dirti l'altro giorno. Dovevo chiederti cosa ne pensavi.
La voce di Ayame era spezzata e incerta. Anche senza vederla si poteva capire che stesse piangendo.
Ma Shota la vedeva e la cosa gli stava spezzando il cuore.
-Yame. Mi dispiace. Io, non credo di essere più me stesso da un po'.

-È passato un anno Sho. Lui non tornerà e lo sai. Manca anche a me, ma ti stai praticamente uccidendo.
Lui puntò lo sguardo sulle sue mani, unite in mezzo alle ginocchia, leggermente larghe.
-Lo so, ma quel giorno... Quel giorno ho sentito tutta la colpa su di me. Non ho potuto fare nulla per salvarlo. Così ho deciso di diventare più forte, più agile, più diretto. Era la cosa più logica.
Ayame aveva ancora gli occhi umidi, ma ormai aveva smesso di piangere come prima.
Aveva visto molte sfaccettature di Shota, ma non credeva potesse sentirsi così tanto male.
Aveva già notato il suo dolore, la sua pressione autoimposta, ma non si aspettava fosse una situazione così pessima.

-Sho...
Era tentata di abbracciarlo, consolarlo, dirgli che lei c'era, ma era ancora ferita da ciò che gli aveva detto.
Provò ad accostare la mano alla sua spalla, ma iniziò a tremare e la ritirò quasi subito.
Ingoió un ammasso di saliva che si era creato nella sua bocca, causando una sorta di rumore sordo nel silenzio di quella stanza.
-Forse avrei dovuto dirtelo prima, ma mi sembrava futile.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo. Entrambi con il cuore in gola e uno spiccato imbarazzo, difficile da ignorare.

-Nulla è futile se riguarda te.
Il ragazzo sospirò, e portò di nuovo lo sguardo sulle sue mani.
Qualsiasi altra persona avrebbe torturato le proprio mani, le avrebbe strette, accarezzare, mosse, ma non Shota. Le sue erano ferme. Immobili nella stessa posizione.
-Mi dispiace per ciò che ho detto l'altro giorno. Non avrei dovuto dubitare di te.
Si comportava come se Ayame non avesse detto nulla. Come se non gli avesse detto in faccia che si sarebbe trasferita, che se ne sarebbe andata.
Credeva forse di poterle far cambiare idea? Non lo sapeva nemmeno lui.

-Questo lo so, ma io non riesco a perdonarti completamente. Shota,sei un ragazzo eccezionale e non ho mai incontrato nessuno come te. Sei un ragazzo che segue sempre la logica eppure l'altro giorno non l'hai fatto.
Lui annuì distrattamente, cercando di capire da per sé dove lei volesse arrivare.
-Ed è anche per questo che ho deciso di accettare quel posto. Un po' di tempo distanti ci farà bene, poi potrò chiedere il trasferimento e tornare qui.
Quello sulla faccia di Ayame non era un vero e proprio sorriso, ma si sentiva più tranquilla ora che aveva esposto la sua idea.
Shota non aveva più emesso un suono. Guardava le sue mani, immobile come una statua.

-Non funzionerà.
Il viso di Ayame aveva totalmente cambiato espressione.
Sentiva il cuore pesante. Batteva nel petto come se un macigno la stesse colpendo ripetutamente.
Qualche giorno dopo, in compagnia di Nemuri, lo avrebbe descritto come un pugno di All might in pieno stomaco.
Aveva guardato Shota con occhi quasi supplica ti, non capendo cosa volesse dire.
-Che intendi Sho?
Lui non aveva detto nulla. Si era semplicemente avvicinato a lei e le aveva lasciato un bacio sulla fronte. Se ne era poi andato, mentre lei lo seguiva, coi piedi scalzi, lungo tutto il tragitto verso la porta di casa.
Non aveva risposto a nessuno dei suoi richiami.

Lo guardo andare via senza spiegazioni, con il cuore in gola e le lacrime agli occhi.
Aveva solo una domanda che le girava in testa: "Cos'è successo a Shota?"

Che cringiato che ho scritto... Ragazzi... Questo è considerabile la rottura tra i due. Bhe, in realtà dovrei scriverci un altro capitolo, ma chissà quando lo farò🤷🏻‍♀️

Shota Aizawa - BNHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora