CAPITOLO 14: NELL'OSCURITÀ

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Nives

Fiamme. Fumo. Grida. Dolore. Poi il silenzio. Infine il buio.

Con uno scatto aprii gli occhi. Sentivo il mio stesso battito come un tamburo rimbombarmi nelle orecchie, dolermi nella testa. Provai piano ad alzarmi per capire dove fossi e cosa stesse succedendo, rinunciai subito, però, a causa delle fitte.

«Finalmente ti sei svegliata»

Voltai di scatto la testa verso l'origine della voce. Una scarica di terrore e di adrenalina al tempo stesso mi attraversò le vene.

«Non aver paura, sono io»

«James?!» sussurrai piano riconoscendo la voce.

«Esatto»

«Dove siamo?»

«Non lo so»

«Da quanto tempo siamo qui?»

«Non lo so» ripeté ancora con voce stanca.

«Capisco»

Il silenzio per un po' riempì di nuovo quel luogo tetro e umido, sentivo il freddo salirmi fin dentro le ossa. Per un attimo mi sentii tremare.

«Nives»

Al suono della sua voce un altro brivido mi salì lungo la schiena, questa volta non più per il freddo.

«Nives, dimmi la verità, che cosa sei?»

Mi tornarono alla mente allora in un lampo le ultime immagini apparsemi davanti agli occhi poco prima di perdere i sensi: i miei assalitori, mio fratello e gli occhi di James che mi guardavano con sorpresa mista a terrore alla vista della mia vera forma, la forma che fino a quel momento avevo tenuto gelosamente nascosta.

«Sono un drago James»

Lo sentii inspirare profondamente «Un drago»

Non sapevo che espressione avesse in volto lui, una tenebra densa riempiva quel posto, persino la sua voce, per quelle poche frasi che ci eravamo scambiati fino a quel punto, la sentivo lontana, eppure avrei scommesso che quel buco scavato nel sottosuolo si trattasse di uno spazio ridotto e angusto, angusto quanto poteva esserlo quello di una cella.

«Credevo non esistessero creature simili»

«Siamo rimasti in pochi»

«Avete dovuto nascondervi»

«Sì»

Di nuovo un pesante silenzio riempì quella che ormai avevo definito come la nostra cella, non passò troppo tempo però che ci voltammo entrambi colti da un violento clangore metallico e un fascio di luce ci costrinse a serrare le palpebre.

«Finalmente ti sei svegliata»

Mi misi una mano davanti agli occhi per limitare al minimo il contatto diretto della luce che mi feriva la vista.

«Chi siete?»

«Questo non t'interessa»

Fu una voce profonda a rispondermi, una voce maschile. Non ebbi il tempo di chiedere altro però che mi sentii prendere per le braccia e tirare su.

«Che cosa state facendo?!»

«Hey fermatevi! Lasciatela stare!» James fece per venirmi incontro ma fu fermato da un altro uomo che gli diede una ginocchiata sulla pancia e lo fece piegare in due dal dolore. Un grido lacerò l'aria.

Riuscii finalmente a vedere in volto l'uomo che mi teneva per le braccia senza riuscire a soffermarmi però sulla bellezza di quei lineamenti tirati e resi ancora più duri dalla freddezza degli occhi scossa invece da un'ondata di rabbia.

Luna di AlabastroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora