Capitolo XVI

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SOPHIE'S POV

"Mh si sì, convinto" gli dissi slacciandomi la cintura di sicurezza. Bryce girò le chiavi della macchina, spense il motore, accigliato aprì la portiera e uscì.

Finalmente eravamo arrivati, la fame stava corrodendo il mio stomaco.

Mi precedette e spalancò la porta, entrando nel bar. Si avviò a passo svelto al bancone, ordinò qualcosa e poi si sedette ad un tavolo. Non mi aspettò. Non si voltò indietro nemmeno una volta. Mentre tentavo di stare dietro a Bryce invano, dovetti litigare con il portone: spingevo e tiravo, senza ottenere nessun risultato, era decisamente troppo pesante. Imprecai. Fortunatamente una ragazza spalancò la porta: aveva i capelli mori, corti, che le sfioravano le spalle. La ringraziai, ammaliata dai suoi orecchini a cerchio che tintinnavano. Mi fece entrare, e sorridendomi uscì sorseggiando il suo caffè freddo.

Davanti alla cassa ordinai un cappuccino, mi serviva una botta di vita soprattutto perché il comportamento di Bryce mi aveva fatto saltare i nervi. Lo odiavo quando faceva così. Lui e il suo bipolarismo, prima mi diceva cose dolci e poi impazziva e d'un tratto mi evitava come la peste. Cosa ti avevo fatto di male? Non poteva arrabbiarsi solo perché indossavo i pantaloni di un suo amico. Eccessivo, era davvero eccessivo.

Spostai la sedia, che stridette sul pavimento, e mi sedetti di fronte a lui. Incrociai le mani sotto al mento, aspettando che riacquistasse l'uso della parola. Ma niente. Mi guardò e poi si girò dall'altra parte. Okay questo era troppo.

"Bryce" lo chiamai, facendo schioccare le dita davanti al suo viso. Mi spostò la mano infastidito, si stava comportando come un bambino.

"Cosa vuoi?" sibilò fra denti.

"Magari vorrei sapere perché sei arrabbiato, poi non so dimmi tu" lo guardai dritto negli occhi ma interruppe subito il contatto, voltandosi in dietro e sfuggendo al mio sguardo.

"Mi stanno chiamando" indicò la cassa e si alzò.

Sbattei le mani sul tavolino innervosita. Una signora che sedeva nel tavolo vicino si girò, guardandomi male.

"C'era una zanzara" mi giustificai con un sorriso.

Lei si portò la tazza alle labbra e si rigirò ancora più stranita.

"Mi stanno chiamando." Ma chi ti caga. Nessuno lo stava chiamando, cercava solo una scusa per andarsene. Se c'era una cosa che mi dava fastidio era quando le persone non mi prestavano attenzione e Bryce l'aveva appena fatto. Come puoi alzarti nel mezzo di una conversazione e andartene via? Gli avrei lanciato addosso la ciabatta se non fossimo stati in un bar.

Sentivo lo sguardo di quella signora ancora su di me, così decisi di calmarmi. Aspettai che Bryce tornasse.

In mano aveva due bicchieri, me ne allungò uno e disse: "Ci ho messo tutto." Il suo tono era cambiato, non era più acido e nervoso.

Ah, adesso mi rivolgeva di nuovo la parola? Buono a sapersi.

Mi sorrise.

Mi sorrideva?

Afferrai il bicchiere diffidente. Sollevai il coperchio di plastica. Feci per prendere lo zucchero ma mi fermò. 

"Ce l'ho già messo" mi disse dolce.

Non so se mi facesse più paura il Bryce gentile o quello stronzo.

"Sai ieri ho visto l'ultimo episodio di Peaky Blinders. È mostruosa quella serie." bevve un sorso del suo caffè e mi sorrise.

Okay fermi tutti. Mi aveva sorriso due volte in cinque secondi e adesso mi stava parlando di Peaky Blinders. Se solo avessi avuto la patente lo avrei portato da uno psichiatra.

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