Capitolo 17 - Soundcheck

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Dopo quella mattinata atrocemente stressante, che sembrò infinita, alle 13 Georgia congedò i musicisti. Infatti, nonostante il suo forte attacco di panico, la direttrice riprese a provare dopo essersi rimessa un po' in sesto. Rassicurò tutti quanti dicendo di essersi ripresa, e così le prove andarono avanti. Si sarebbero rivisti alle 18 per un soundcheck veloce, ma Georgia doveva farsi trovare pronta tre ore prima: si sentiva in ansia; non aveva mai rilasciato interviste nella sua vita, ma fortunatamente conosceva l'orchestra e la sua storia, se avessero fatto domande su quello. Jack chiuse il pianoforte, fu uno degli ultimi a lasciare il palco. – Senti Georgia...non preoccuparti troppo. Vuoi mangiare qualcosa? Dovresti prenderti una pausa, o stasera ci arrivi morta, non sto scherzando- le  disse, con aria e con tono preoccupati. Georgia gli sorrise debolmente: -Mi dispiace per quello che è successo prima...ho ancora quegli attacchi, ne ho avuto uno qualche settimana fa. Faccio la leonessa, ma poi mi faccio sconfiggere sempre tornando debole...-. Abbassò lo sguardo, e si ritrovò a guardare le punte delle sue decolleté rosa confetto. Qualche tempo prima, Georgia non era così diretta con la gente. Era sempre molto razionale, accettava tutto, anche le coltellate che le venivano date alle spalle; e iniziò ad accorgersi che quel comportamento la faceva stare male. Aveva paura di dire la sua, quando si trovava in un gruppo evitava di parlare per paura che tutti andassero contro le sue idee, e ne aveva davvero abbastanza. "Dio mi ha dato una bocca per parlare" si diceva. E lentamente, iniziò a distaccarsi da quel blocco che la ostacolava. La Georgia di adesso era più coraggiosa e diretta della Georgia di un tempo. – Ogni volta però, ho paura, troppa paura...- confessò sommessamente, mentre Jack la riguardava con sguardo compassionevole. – Paura di cosa, precisamente?- le chiese. – Del mio essere diretta. Probabilmente, quella paura che avevo un tempo di dire la mia non mi ha ancora abbandonata del tutto...-. Jack la guardò serio, e le mise una mano sulla spalla, parlandole da fratello. – Ascoltami attentamente: hai fatto benissimo a rivolgerti in quel modo. Insomma, è quasi un mese che lavori per lui che non ha fatto mai un cazzo per quest'orchestra, e cammina spavaldo su questo parquet chiedendo se procede tutto bene! Anzi, io mi chiedo come tu abbia fatto a non spaccargli la faccia e tirargli un calcio nei gioielli...- la battuta fece ridacchiare Georgia, che si incamminava insieme al ragazzo verso l'uscita. – Scherzi a parte, non devi sentirti un fallimento Georgia. Sono qui da poco, ma sono sicura che tutti i musicisti di quest'orchestra ti sono grati per il lavoro che hai fatto. Pensi che quello scemo sia definibile come "direttore"? Ah, è solo un insulto a chi ha diretto o dirige un'orchestra, fidati di me-.

Parlarono per tutto il tragitto, ma cambiarono argomento. Parlarono degli studi di Jack, del lavoro di Georgia, e continuarono la piacevole chiacchierata davanti a un pasto fumante al Ted's Bulletin. Georgia aveva cambiato completamente umore. Aveva ripreso colorito, era più tranquilla e si era rasserenata. A fine pranzo, ci fu la solita lotta del "pago io", e la ragazza fu sconfitta da Jack che gli strappò il portamonete dalle mani e glielo rimise in borsa. – Seriamente Georgia, non farmi incazzare- disse, prima di allontanarsi verso la cassa.

Il pomeriggio fu veramente stressante: tornò a casa alle 13:30, e approfittò di quelle ore libere per fare una doccia rinfrescante e scegliere gli abiti più adatti per l'intervista, tutto frettolosamente. Scelse un vestito a pantalone nero, a cui abbinò una cintura con delle perline e dei diamantini, raccolse i lunghi capelli neri in uno chignon alto e sistemò bene la frangetta. Alle 14:15 finì di sistemare il trucco e stette per un minuto buono allo specchio, cominciando ad esercitarsi a sfoggiare i suoi sorrisi migliori,  organizzare discorsi e presentarsi. Non era minimamente pronta: non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare. Ma sapeva di potercela fare, e non si arrese. – Solo qualche stupida domanda, non è un esame di ammissione al conservatorio- pensò tranquillizzandosi, la mentre prendeva le chiavi e lasciava la casa in fretta, ricordando i giorni di studio matto e disperatissimo prima della laurea.

Mi Scorderò Di Te - [Lontano da me] |Piero Barone|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora