Capitolo 4 - Lo Studio

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Quella notte non era stata facile per Piero.

Aveva avuto una delle sue solite crisi di panico dopo un incubo che sembrava non avere fine, ed era stato costretto a prendere le sue pillole per dormire.
E infatti, quella mattina, sembrava uscito dal film The Walking Dead.

Guidò l'auto lento come una lumaca, con quattro autisti che gli strombazzavano dietro come degli ossessi, e lui aveva avuto anche il coraggio di fargli il terzo dito dallo specchietto retrovisore.
Fu quello che gli spinse a premere di più il piede sull'acceleratore, e in meno di cinque minuti fu al 5th Avenue, più morto che vivo, avendo quasi rischiato un infarto per la sua missione alla Fast and Furious.

-Il mio nuovo caffè si chiama "vaffanculo"- si disse, tirando fuori gli spartiti e la cartella di pelle, e coprendosi bene la gola con la sciarpa, mentre il vento autunnale faceva volare le foglie degli alberi.

Erano solo le otto meno venti circa, e quello che lo sorprese, fu vedere Georgia seduta al pianoforte mentre suonava il terzo movimento dell'Appassionata di Beethoven.

Quando finì di suonare, la ragazza udì riecheggiare nella sala qualcuno che applaudiva, e quando si voltò e vide che era il direttore, le sue guance assunsero un colorito rosso.

-Georgia Williams, che bel buongiorno- le sorrise, avvicinandosi al pianoforte lentamente.
"Non si direbbe lo stesso per lei" pensò la pianista, notando le grandi occhiaie che gli circondavano il viso.

I componenti dell'orchestra iniziarono ad entrare, e Georgia non si era accorta di una cosa.

Il direttore non smetteva di fissarla.

Sembrava scrutare ogni cosa di lei: i suoi lunghi capelli mori, gli occhi color nocciola, le labbra rosee e poco carnose, e il suo corpo minuto.
Quando si voltò, Piero smise di guardarla, con la scusa di mettere apposto gli spartiti sul suo leggio.

Si schiarì la voce e iniziò a parlare.

-Avremo un concerto di beneficenza tra due settimane- disse, interrotto poi da un coro di "ooh" generale, che zittì colpendo la bacchetta sul leggio. -Non sarò io a dirigere come al solito, ma vi troverò presto un sostituto- continuò.

Ma le orecchie di Georgia avevano smesso di ascoltare a "come al solito".

Cosa voleva dire quel "come al solito"? Com'era possibile che un direttore dirigesse soltanto alle prove, e non ai concerti? Cosa significava tutto questo?

-Mi scusi, ma...lei è il nostro direttore, e...ha davvero talento nel dirigere, per quale motivo non dovrebbe dirigere anche al concerto...?- domandò alla fine tutta confusa. E Piero, non tardò nel dare una risposta.

-Vede, mia cara Williams- un sorriso leggero prese forma sul suo viso, -essendo che sono il direttore, posso anche scegliere di dirigere anche solo le prove generali. E poi, non sono tenuto a dare spiegazioni, essendo che sono problemi personali.- sputò tutto ad un fiato, e Georgia non poté far altro che starsene in silenzio e iniziare le prove, quando Piero fece cenno con la sua bacchetta di iniziare.

Qualche ora dopo...

Mentre gli altri mettevano apposto, Piero si avvicinò nuovamente al pianoforte. Georgia smise di fare tutto quello che stava facendo. -Tra cinque minuti la voglio nel mio studio. Dietro le quinte- gli sussurrò sull'orecchio.

Georgia non sapeva se rabbrividire per la sua voce roca e dannatamente sensuale, o per il fatto di essere stata convocata nel suo studio. Poiché era stata indiscreta facendo quella domanda prima di iniziare a fare le prove, le aspettava sicuramente una punizione, o magari peggio ancora, l'avrebbe licenziata, a soli due giorni di lavoro.

Ma sarebbe stato il colmo. Georgia era il tipo di persona che si faceva film mentali esagerati, e la sua immaginazione correva quanto un bolide.

Col cuore che le saltava dei battiti, e sotto gli occhi curiosi di tutti quelli che erano ancora presenti nella sala, si diresse dietro le quinte. Dallo studio di Piero proveniva un'aria d'opera che lei riconobbe. Era il Vissi D'arte, tratto da "La Tosca".

Bussò due volte. Una voce roca gli disse di entrare, e lei aprì la porta lentamente, cercando di nascondersi dietro di essa. -Avanti, non mordo- disse lui, mentre si accendeva una sigaretta.

Georgia si chiuse la porta alle spalle, e con timidezza e insicurezza entrò nello studio e si sedette.

Erano solo loro due.

Piero si alzò e spense la musica, poi si mise di nuovo al suo posto e fece cadere la cenere della sigaretta nel posacenere, poi fece un altro tiro e liberò una nuvola di fumo, ma la spense quando vide che Georgia tirò fuori l'inalatore.

-Mi dispiace, non pensavo soffrisse d'asma...- disse mortificato, e lei scosse la testa. -Non si preoccupi per me, d'altronde questo è il suo studio- disse guardandosi intorno, e Piero la osservò di nuovo.
-Senta, so che sono stata indiscreta con lei prima, ma la prego...non mi licenzi...a me piace tantissimo lavorare qui, è la prima orchestra in cui mi trovo bene, per favore...non mi licenzi- i suoi occhi erano già pieni di lacrime, quando Piero la interruppe.
-Pensava davvero a tutto questo mentre veniva qui?- ridacchiò, mentre lei si asciugava le lacrime.
-E perché mi avrebbe convocata qui sennò?- disse accartocciando il fazzoletto, e lui scosse la testa e rise ironicamente. -Lì fuori c'è scritto "studio". Non "angolo della disoccupazione"- disse battendo un pugno sulla scrivania, e Georgia sussultò.

-Se l'ho convocata qui- continuò, -è perché voglio che sia lei a sostituirmi per il concerto-.

Georgia sbattè le palpebre, e dovette farsi ripetere l'affermazione un paio di volte, prima di essere sicura di aver sentito bene.

-I-io? E...perché?- ghignò, e Piero tiró fuori il suo curriculum. Si schiarì la voce e lesse. -Georgia Williams, anni 25, laureata al Seattle Conservatory of Music in pianoforte e direzione d'orchestra- conclude marcando bene le ultime due parole.
-E poi, le pare che avrei preso in considerazione solamente un pezzo di carta? Williams, faccia attenzione. Perché molti portano qui un curriculum, ma poi non sanno neanche come far bollire l'acqua- la guardò con sguardo serio, mentre apriva la valigetta di pelle e mise apposto il curriculum.

A Georgia tutto questo pareva assurdo, senza senso. A soli due giorni di lavoro, si aggiudicava il posto di direttrice.
È inutile dire che rimase pietrificata, e per circa un paio di secondi non parlò.
-Cosa intende dire con quello che ha detto poco fa?- riuscì a dire poi.
Piero sospirò, e si mise comodo sulla sedia, lo sguardo dritto negli occhi di lei e le braccia conserte. -Se devo dirglielo direttamente- si leccò le labbra e si sistemò gli occhiali, poi abbassò la voce, e disse, quasi susurrando: -Alcune volte, la gente dice cose a vanvera, e poi non sanno fare una minchia-

Di nuovo, anche se imbarazzata, Georgia rabbrividì alla voce di Piero, e allo stesso tempo sorrise.
Perché era vero.
Alle volte, alcuni si presentavano in orchestra dicendo assurdità, dicendo di essere stati addirittura a suonare alla Scala di Milano, e poi in realtà erano schiappe patentate.

-Ma dato che si sente poco sicura, la lascerò riflettere. Mi mandi un messaggio questa sera, o sarò costretto a trovare qualcun altro. Ci pensi, in realtà è una buona offerta, poi sarebbe un peccato se rifiutasse. Sarebbe talento sprecato, no?- si alzó e lasciò lo studio, salutando Georgia, che nel frattempo era ancora più confusa e cercava di dare una spiegazione a tutto quello che era accaduto. 


Spazio Autrice
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-Alessia-

Mi Scorderò Di Te - [Lontano da me] |Piero Barone|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora