Capitolo 11

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Mentre sto scendendo per capire se mia madre e mia sorella hanno intenzione di cenare, mia madre mi avvisa che lei e mia sorella non hanno fame. Come avevo già immaginato. Quindi, finisci quel pacco di biscotti che ho mangiato poco fa, e poi credo che andrò dormire. Il sonno non arriva quindi, prendo il cellulare e cerco di farlo arrivare il più presto possibile. Vago un po’ sui post di Instagram che ovviamente ci sono sempre le solite cose: Meme, dediche dolci per le crush e altre scemenze varie…dopo poco cado in un sonno profondo senza nemmeno accorgermene. Inizio ad aprire gli occhi che mi pregano di non farlo, ma devo andare a scuola quindi mi alzo. Guardo l’ora nel cellulare sopra di me e... «COSA SONO LE 8:00? OH NO SONO IN RITARDISSIMO.» dico gridando e facendomi sentire da un vicinato intero. Mi alzo di corsa, vado a fare una doccia, mi vesto, prendo lo zaino e corro giù per le scale in fretta e furia senza neanche fare colazione e nè salutare. Credo che non ci sia nessuno e casomai, se qualcuno ci fosse, mia sorella ancora dorme. È già troppo tardi per andare a piedi quindi, vedo arrivare un autobus e lo prendo con la paura in gola, ma salgo sù. Non ho mai preso prima d’ora un autobus ma oggi è necessario e devo placare per il momento le mie paure idiote. Premo lo "stop" per la fermata davanti alla scuola e l’autobus si ferma. Scendo dal veicolo e ringrazio Dio per essere arrivata sana e salva. Inizio a correre per arrivare il meno tardi possibile in classe e per un pelo non arrivavo alle nove. «okay sono solo le 8:30 cosa potranno mai dirmi? Che poi non sono mai una ritardataria quindi a volte può capitare… non ci sto credendo neanche se lo dico a me stessa pensa ai professori.» dico ad alta voce entrando dentro l'edificio. Siamo già alla seconda ora e c’è il prof di arte che spiega l’arte greca e tutte le sue bellezze, la cosa mi interessa parecchio. Alla fine quando sono entrata in ritardo non mi hanno detto nulla, anzi, mi hanno accolta con gentilezza ed è strano, perché ogni volta che alcuni miei compagni venivano in ritardo gli facevano una strigliata da capo a piedi e invece a me no e mi sta bene così. «Quindi oggi vedremo se León e William si somigliano giusto?» mi chiede Bea mentre si siede sulle mie gambe. A lei piace sempre, in ogni momento mettersi sulle mie gambe. Dice che è il suo posto preferito oltre perché nel frattempo la riempio di baci e abbracci e a lei non da affatto fastidio, anzi. Da quando ho conosciuto Beatrice mi ha fatta stare bene in ogni situazione. Mi piace prenderla in giro per la sua bassezza, e poi è troppo tenera. È impossibile stargli lontana. Ormai ci vediamo quasi tutti i giorni e la cosa non mi dispiace affatto, anche perché abbiamo molte cose in comune. Invece con Vanessa non parlo molto e forse è per questo motivo che non vado a casa sua come facevo spesso. Non so, in questo periodo mi sento molto più vicina a Bea che a lei ma non voglio che ci rimanga male. Dopo le lezioni sono ritornata a casa e mi sono stirata un po’, non avevo voglia di pranzare per cui, ho solo aspettato che si facesse l’orario per andare alla fondazione e svolgere le lezioni di viola. Sì, ho preso la viola al posto del violino. Non so sembra fatto per la mia statura e devo dire che mi piace molto come suona. Sono le 15:30 e credo che io debba iniziare a prepararmi, quindi, mi faccio una bella doccia, esco e cerco dei vestiti decenti. Opto per un paio di jeans, l’unico che mi entra dato che sono enorme e la mia autostima è abbastanza bassa. Una bella felpa nera e larga. Rientro in bagno, mi metto un filo di matita negli occhi, mi sistemo i capelli e infine rientro in camera mia per prendere la custodia dello strumento poi scendo, ed esco definitivamente da casa mia. Finalmente arrivo davanti al portone blu e aspetto che mi aprano per salire. Suono il campanello e Cheryl mi apre subito e inizio a salire le scale per poi arrivare alla porta di ingresso. Ho scoperto anche che la madre di William si chiama Cheryl. «ciao bella come stai? » mi chiede salutandomi. Rispondo: «ei ciao! Tutto bene tu?» abbozzo un sorriso. «oggi un pochino stanca ma tutto bene. Dai non stare in piedi, siediti sul divano mentre aspetti la tua lezione.» dice sorridente. Io annuisco e mi siedo sul divano con il cellulare in mano, in attesa della mia lezione che sarebbe alle 18:30, ma io sono arrivata qui alle 16:10 quindi, dovrò aspettare due orette prima di iniziarla. Dopo poco arriva anche Beatrice, mi saluta e si siede vicino a me e chiacchieriamo un po’. Nel frattempo arriva lui, sembra abbastanza stanco, chissà per quale motivo. Mi chiedo quale scuola frequenti…. Nota che lo guardo e mi saluta e io, poco dopo aver ricambiato il saluto distolgo subito lo sguardo. Cazzo le farfalle nello stomaco no eh, mi fa veramente tutto questo effetto? Okay, direi che mi devo calmare così consiglio a Bea di metterci vicino agli scaffali dove ci sono i libri e sederci lì perché se resto qui, non smetto più di guardarlo. Lei annuisce, poi ci alziamo e ci andiamo a sedere nella stanza che le avevo consigliato. Ma ovviamente poco dopo lo vedo arrivare e sedersi vicino a me e mi chiede: «cos’hai in mano?» sorridendo. Ma che domanda è? Io stranita gli rispondo: «è lo spartito della quinta Sinfonia di Beethoven, perché?» il suo sguardo mi sta uccidendo, aiuto. «allora facciamo una cosa, mettilo sopra il tavolino e chi lo prende prima se lo tiene, ci stai?» mi propone. Giuro che mi sto sentendo male. «va bene, accetto la sfida!» accetto? Sul serio? «okay allora, 1…2…3, VIA!». In quello stesso momento siamo riusciti a prenderlo insieme contemporaneamente e abbiamo le mani una sopra l’altra. Inizio a sentire un  brivido lungo la schiena così tolgo di scatto la mano e subito dopo mi giro verso di lui notando che mi stava fissando e  soprattutto, che I nostri visi sono a soli due centimetri di distanza e non mi fa affatto bene, così abbasso gli occhi imbarazzata fissando le mie mani come se fossero oggetti speciali anche se in quel momento non erano le mie mani ad esserlo, ma lui. Dopo un po’ non si sa come, iniziamo a parlare di matematica e non mi dispiace tanto, anzi, guardarlo mentre parla di queste cose mi fa rendere conto sempre di più quanto ne sono cotta. «vuoi sapere una formula matematica che ho fatto a scuola?» mi chiede mentre finisce il discorso di poco fa. «sì ma ti avviso, non ne capisco nulla» wow, bella risposta Jo. Mentre spiega questa formula, Bea scocciata, inizia a parlare dicendo che era noioso eccetera, così lui scherzosamente, la fa accasciare per terra e la trascina per tutto il pavimento per farla zittire ma vedo solo che sta facendo peggio. Poverina ha anche la maglietta bianca. Scoppio a ridere appena la sento dire: «William daii, ti uccido se non mi lascii» cerca di liberarsi. «ma se non riesci neanche ad allontanare la mano con cui ti sto trascinando? E pensa, che neanche forza sto mettendo quindi ne dubito che mi ucciderai.» le risponde ricominciando a parlarmi di quella formula. Non vorrei mai perderlo, se scoprisse che ho una cotta per lui non so se mi parlerebbe come adesso così apertamente, penso che si frenerebbe per non farmi capire male. Se glie lo dicessi saprei già la risposta e non voglio che lo sappia assolutamente ed è per questo che ho una paura enorme di perderlo. È l’unico ragazzo speciale che ho mai conosciuto, e l’unico simile a me. Abbiamo moltissime cose in comune e penso che ci starei malissimo se dovesse succedere qualcosa di brutto fra noi, e non potrei neanche immaginare che un giorno potrei non parlargli più o ancora peggio odiarlo.

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